Tra calo di vendite di birra, crollate del 26% durante la scorsa estate “anomala” per le condizioni meteo e controlli eccessivamente vessatori nei confronti di pub ed esercizi pubblici come se fossero le uniche imprese da “colpire”, l’intera filiera della birra è entrata in crisi. Un calo, secondo quanto riportato da uno studio di Ref Ricerche per Assobirra, dovuto al peso delle accise, aumentate in base a una decisione del governo Letta. E che subiranno un ulteriore incremento dal 1° gennaio 2015. Un mercato, quello della birra, che da 10 anni non vede crescere i suoi consumi e che ora, con questi valori in picchiata, subisce un peggioramento della situazione. Il settore vale 3,2 miliardi, garantisce 136mila posti di lavoro e conta oltre 200mila imprese. Secondo lo studio, se le accise italiane a gennaio anziché aumentare si attestassero a livello di Germania (4 volte inferiori alle nostre) e Spagna (3 volte inferiori), il settore sarebbe in grado di generare 20 posti di lavoro al giorno, per un totale di 7000 a fine anno. Del resto, che il settore della birra abbia un effetto positivo sull’occupazione lo dimostrano anche altri dati. Si stima che 1 posto di lavoro in questo settore ne generi 24,5 nell’ospitalità (bar, ristoranti, alberghi), 1 nell’agricoltura, 1,3 nella supply chain (imballaggio, logistica, marketing e altri servizi) e 1,2 nella distribuzione (Gdo e dettaglio): La birra pesa infatti in maniera rilevante – spiega Giuliano Paolucci, titolare di un pub in viale del Gallitello a Potenza che intorno alla birra propone eventi di musica live – sul fatturato dei pubblici esercizi: in media il 12% degli incassi vengono garantiti da questa bevanda, ma si arriva anche al 20% per i bar serali e addirittura al 43% per i bar/birrerie. Sinora le statistiche rilevano che un sorso di birra su due se lo beve lo Stato (fisco) ma se poi lo Stato si beve anche il secondo per effetto dell’atteggiamento vessatorio nei confronti di attività che danno lavoro e contribuiscono all’economia locale, la situazione per chi fa quest’attività si complica. Per questo c’è bisogno di maggiore tutela per chi svolge questo tipo di impresa che è anche aggregazione sociale. Infatti specie in autunno per combattere la “sindrome dell’estate”, l’antidoto è quello di serate (specie nel weekend) all’insegna della birra di qualità artigianale ed abbinata non più ed esclusivamente alla pizza ma a piatti vegetali in uno degli oltre 1.400 bar-pub lucani (di cui circa 200 sono esclusivamente pub-birrerie). Secondo le stime di AssoBirra , nei 120 giorni della stagione calda(da metà maggio a metà settembre), il consumo medio di birra in Italia sarà tra i 7,5-8 milioni di ettolitri. Pari al 47% delle vendite annue. Ogni italiano, riferisce ancora l’Associazione, durante l’estate consuma circa 13,5 litri di birra. In prima fila quella fascia di consumatori (il 10% circa) che preferisce comunque berla esclusivamente d’estate. Parliamo comunque di un consumo moderato, ovvero una bottiglia da 0,33 l. ogni 3 giorni. In armonia, quindi, con i limiti indicati dagli esperti e dal buon senso. Oltre al maltempo, anche la crisi economica, che ha diradato (-23% nell’ultimo anno) le uscite al ristorante o in pizzeria, dà al settore ulteriori motivi di preoccupazione.