Riceviamo e pubblichiamo il testo della lettera inviata da Mario Di Dio, Gianluca Capece, Rocco Padula, Antonio Siesto in rappresentanza Potenza Bene Comune al Presidente ANCI Basilicata Salvatore Adduce e al Presidente ANCI nazionale, Piero Fassino.
Oggi l’Italia ha qualche motivo in più per puntare sulla capacità di iniziativa dei propri Sindaci, per affidarsi alle capacità e alla possibilità degli amministratori locali di risolvere i problemi.
Certo gli esempi sono tanti, ma in questo momento di particolare attenzione agli effetti dei cambiamenti climatici si dimentica spesso un dato: circa un terzo delle emissioni di CO2 è causato dal sistema dei trasporti, tra il 52% e il 59% degli spostamenti si svolge su percorsi inferiori a 5 km ed il 74% rimane al di sotto dei 10 km. La maggioranza degli spostamenti avviene in ambito urbano o periurbano. Se a questo aggiungiamo che l’Italia è il paese europeo, dopo il Lussemburgo, con il più alto tasso di motorizzazione (598 auto ogni 1000 abitanti – 463 in Europa) e che ogni giorno si muovono 13 e 14 milioni di persone tra comuni limitrofi, ma solo il 15% utilizza il treno, si disegna un quadro ben definito: il traffico urbano (che per l’82% avviene su mezzi privati) è un grande protagonista nelle emissioni di anidride carbonica.
Ecco un primo motivo del perché i Sindaci d’Italia hanno una grande responsabilità nella battaglia per contrastare i cambiamenti climatici. Questo è un problema di non scarsa rilevanza non solo sul piano ambientale e delle trasformazioni che potranno subire i nostri ecosistemi, ma anche sul piano economico, visto che incombono le multe per non essere riusciti a rientrare nei parametri di Kyoto, ed altre arriveranno se non rientreremo nei parametri stabiliti dalla UE.
Molto si può fare su scala locale, come dimostrano le pratiche virtuose di alcune città italiane . Va subito detto che le politiche locali sono state fortemente penalizzate dal governo nazionale, che poco o nulla ha investito in infrastrutture per il trasporto pubblico e nel miglioramento delle condizioni dei pendolari. Occorre che i nostri Sindaci, però, non usino l’assenza di una politica nazionale come un alibi.
Sono molte le cose utili che si possono fare a costo zero, o addirittura producendo risorse per il trasporto stesso, ad esempio moltiplicando le corsie preferenziali, coordinando i diversi sistemi di mobilità urbana, incrementando e allargando a tutte le città il car sharing, o ancora introducendo il ticket nelle aree esterne ai centri storici, seguendo l’esempio di Milano o Londra. E’ sintomatico che la totalità delle piste ciclabili italiane non supera quelle di una media città europea , mentre a Roma abbiamo 71 auto ogni 100 abitanti contro le 30 di Parigi e Londra. Certo deve esserci a monte una scelta forte e convinta a favore del trasporto pubblico e per rendere svantaggioso e sconveniente l’uso dell’auto privata, le buone pratiche a cui ispirarsi, in Europa ed in Italia, non mancano. Lavorare per un nuovo sistema di mobilità è una sfida che guarda anche alla qualità della vita, alla vivibilità delle città, al benessere delle persone.
Tutto ciò è interessante anche perché bisogna iniziare a pensare e ridiscutere il modello di urbanizzazione dominante, fatto di disordinato e invasivo consumo di suolo, di congestione e consumi energetici, che hanno trasformato le città in un vero e proprio luogo di accumulo di calore.
Certo è che, se si iniziasse a pensare tenendo in debito conto i cambiamenti climatici in atto e se ci interrogassimo su cosa si debba intendere per sviluppo urbano moderno, allora comincerebbe ad emergere la possibilità di rilanciare l’edilizia su parametri diversi da quelli della cementificazione selvaggia (30.000 case abusive l’anno, 47 milioni di tonnellate di cemento, pari a 813 kg a testa, contro una media europea di 625 kg). Se si imboccasse con coraggio questa strada, la città moderna potrebbe diventare in poco tempo luogo privilegiato di produzione di energie pulite, di realizzazioni tecnologiche per il risparmio energetico, di assorbimento della CO2 attraverso la riqualificazione delle aree degradate che, in troppe città, sembra che non possano avere, come destino, quello di essere invase dal cemento. La riqualificazione energetica degli edifici è la vera grande infrastruttura che può far bene all’economia e al clima. Un volano per la ricerca e l’innovazione, per la proliferazione di nuove imprese in grado di intervenire nella riqualificazione energetica e nella manutenzione degli edifici, formando nuove professionalità, anche con il coinvolgimento delle Università. Volendo andare in questa direzione occorrerà eliminare il “brutto esistente”, rigenerare la città e sviluppare il tessuto urbano, in prossimità degli assi ferroviari.
Intorno a questa idea di città, intorno ad un’edilizia moderna, dinamica e capace di competere sul piano delle innovazioni richieste dalle nuove emergenze, si può e si deve creare alleanze tra cittadini, amministrazione e imprese per rendere più significativo il contributo di tutti alla lotta contro i cambiamenti climatici e per migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini. Un primo esempio di collaborazione con l’impresa agricola può essere rappresentata dalla filiera corta, in modo da diffondere l’idea dei “mercati agricoli di prossimità”, dove gli agricoltori vendono i loro prodotti direttamente ai consumatori. O, ancora, si possono premiare i cittadini virtuosi e gli stili di vita meno energivori, utilizzando a questo fine la leva fiscale. “Chi meno inquina meno paga”.
Anche nella gestione dei rifiuti possono venire vantaggi ai cittadini e alla lotta contro il clima. Non serve moltiplicare ovunque i termovalorizzatori. Occorre favorire, con provvedimenti appositi, la riduzione della produzione di rifiuti, a partire dagli imballaggi, la raccolta differenziata, il compostaggio, che consente l’assorbimento di quote rilevanti di CO2, ed infine, solo per la quota residua, discariche e recupero energetico. A questo proposito è urgente l’introduzione del sistema, fino ad oggi sempre rinviato, “da tassa a tariffa”, che premierebbe i cittadini più virtuosi (anche qui bisogna far valere il principio : “chi più produce più paga”). E’ questo il momento giusto per accelerare, per realizzare un salto di qualità, perché, dopo la tragedia di Napoli, si stà registrando ovunque una maturazione improvvisa, una nuova consapevolezza sulla possibilità di fare la raccolta differenziata e sui vantaggi che ne deriverebbero a tutti. Un po’ come le cosiddette “bombe d’acqua” e alluvioni continui stà spostato l’attenzione degli italiani verso la gravità dei cambiamenti climatici.
Muovendosi in questa direzione i Sindaci e le amministrazioni locali possono fare molto per l’interesse generale del Paese.