Don Luigi Sturzo non rivelò mai perché scelse lo scudo bianco, crociato in rosso, per il suo Partito popolare. Era il 1919. Le ipotesi sono tutte buone: il richiamo alle Crociate, ai Comuni della Lega lombarda, la battaglia di Legnano contro Barbarossa. Quel simbolo, lo scudo crociato e la parola «Libertas» sul segmento corto della croce latina, ha vissuto onte e glorie della Dc per cinquant’anni, si è celato nell’era di Tangentopoli, ed è giunto, senza scomparire mai del tutto, fino ai giorni nostri. Nella vicenda della rappresentanza politica e giuridica della Democrazia Cristiana che si trascina da troppi anni siamo finalmente ad una svolta: solo gli ultimi iscritti alla Democrazia Cristiana nel periodo 1992-1993 hanno il diritto di riprendere l’attività politica del partito, interrotta improvvisamente per l’“abbandono“, sia dei rappresentanti degli organi dirigenziali nazionali, che dei parlamentari di Camera e Senato. Sarà il Tribunale di Potenza nell’udienza fissata per il 28 novembre prossimo a pronunciarsi sull’esposto presentato dal Comitato Nazionale degli iscritti della DC 1992-93 che chiama direttamente in causa Pierferdinando Casini, Rocco Buttiglione, Gerardo Bianco, Angelino Alfano, e tanti altri che continuano ad usare impropriamente il simbolo storico della DC.
E’ quanto sostenuto in una conferenza stampa che si è svolta oggi in Regione con la partecipazione del presidente del Comitato Giuseppe Potenza, dell’avv. Rosanna Faraone e di Leonardo Ranieri Triuzzi del coordinamento Umbria-Lombardia-Lazio.
Sul piano giuridico l’avv. Faraone ha sottolineato che dalle sentenza del 15/09/2006 n. 19381 del Tribunale di Roma, Terza Sezione Civile (in persona del Giudice Dott. Francesco Manzo), della Corte di Appello di Roma n. 1305/09; e Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 25999/2010; Ordinanza cautelare del 21/03/2013, pronunciata dal Tribunale di Roma Sezione 3° Civile – Giudice Dott. Scerrato (nel procedimento N: 79518/2012 R.G), si evince che nel corso degli anni più persone pur richiamandosi ai valori posti alla base dell’attività politica della Democrazia Cristiana di Sturzo e De Gasperi, ritenendosi, in modo inesatto, erede e tutrice, in verità non avevano la rappresentanza giuridica. Con le sentenze sopra richiamate, si metteva fine alle dispute tra le diverse formazioni politiche, durate per 19 anni, che, come statuito chiaramente dalle sentenze, si richiamavano ai valori e alla formazione politica della D.C., ma non avevano la legittimazione giuridica del simbolo scudo crociato con la scritta Libertas e del nome Democrazia Cristiana. Al Tribunale di Potenza – ha spiegato l’avv. Faraone – chiederemo prioritariamente e quindi prima di entrare nel merito di inibire l’uso del simbolo della Dc.
L’attività del Comitato Nazionale – è stato detto nell’incontro con i giornalisti – ha il preciso obiettivo di riorganizzare il Partito, eleggendo gli organi nazionali, regionali, provinciali e locali, applicando fedelmente lo Statuto della D.C., ovviamente senza discostarsi da quanto dettato dalle Sentenze che hanno contraddistinto la fine dell’iter giudiziario. Vi è l’esigenza quindi, di tutelare l’interesse pubblico sia nell’esercizio del diritto permanente di partecipazione (art. 49 Costituzione), sia la salvaguardia dei diritti ideali, politici, patrimoniali, degli associati al partito (art. 36 c.c.) che si sono visti privati illegittimamente delle loro prerogative.
La verità – hanno sottolineato il Presidente Potenza e il coordinatore Ranieri Triulzi – è che chiunque voglia fare i conti con Renzi, superando l’attuale carenza democratica, e costruire un’ipotesi di alternativa, ha assunto consapevolezza che senza i cattolici moderati non ha alcuna chance. Ma continuiamo a mettere in guardia su quanti pensano di accaparrarsi l’eredità politica dello Scudo Crociato. Il voto cattolico non è esclusiva di nessuno e va conquistato a partire dai cosiddetti« «valori non negoziabili». Dunque il processo di nuovo protagonismo dei cattolici in politica va avanti, ma è indispensabile per i cattolici individuare il contenitore della buona politica. Più che un atteggiamento, un cattolico con responsabilità nelle istituzioni deve spendersi per un progetto di vita. Proprio come l’insegnamento di Papa Francesco e la preoccupazione dei Vescovi italiani espressa dal Consiglio permanente che ha indicato in lavoro, famiglia, giovani e formazione le urgenze cui mettere prioritariamente mano chiedendo, contestualmente, un cambio radicale dell’agenda politica impantanata in questioni e discussioni sempre più inadeguate rispetto dalle condizioni di oggettiva difficoltà in cui versa il Paese. A quanti ci chiedono se oggi c’è ancora spazio per la DC – hanno concluso Potenza e Ranieri Triulzi – rispondiamo che i valori dei cattolici e della buona politica non sono mai tramontati e che il problema centrale è ridare fiducia agli italiani non sottovalutando che quasi un elettore su due diserta le urne e noi vogliamo farlo tornare al voto e alla partecipazione civica.