Le banche italiane hanno chiesto quasi 29 miliardi di euro alla Banca Centrale Europea con il patto di destinarli al finanziamento di famiglie e imprese. Eppure avrebbero potuto chiederne 40, una differenza che secondo alcuni analisti dimostra chiaramente la riluttanza degli istituti di credito a concedere prestiti.
Un atteggiamento poco coerente con le richieste della BCE sul quale Confapi Matera ha più volte richiamato l’attenzione. “Fino a oggi, dopo la prima asta di settembre organizzata nell’ambito del programma Tltro (Targeted Long Term Refinancing Operation, Operazione di rifinanziamento mirata a lungo termine), le banche italiane hanno investito i due terzi del denaro prestato in Buoni del Tesoro Poliennali, dimenticando – evidenzia il presidente Enzo Acito – quali fossero gli accordi con Mario Draghi.”
Se è vero che le banche ricominciano a prestare denaro, questione che andrebbe verificata puntualmente, non è vero che i tassi di interesse sui prestiti sono in discesa. Quello del credito bancario resta, insieme alla pressione fiscale, alle infrastrutture, alla burocrazia e ad altri aspetti, uno dei gap che separa il Mezzogiorno dal resto d’Italia e d’Europa.
Nella situazione reale le aziende continuano a lamentare grosse difficoltà sul fronte dei prestiti, non tanto per la concessione quanto per le modalità estremamente penalizzanti. In molti casi al costo elevato del denaro preso in prestito bisogna aggiungere il costo della garanzia del consorzio fidi, spesso necessario e superiore alla media europea, e il costo della commissione chiesta sulla disponibilità del fido. Così le imprese finiscono per rinunciare.
“Gli istituti di credito devono rispettare i vincoli imposti dalla BCE – sottolinea il presidente di Confapi Matera – e immettere liquidità nel sistema delle imprese. Altrimenti viene meno il presupposto sul quale si fonda l’intera operazione prestiti: consentire alle banche di investire nell’economia reale per rilanciare la crescita dell’Europa.”