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Anche una delegazione di pensionati lucani aderenti all’Anp (associazione nazionale pensionati) della Cia ha preso parte oggi a Bari alla “Giornata di Mobilitazione dei Pensionati del Mezzogiorno” per chiedere alle Istituzioni innovazione, solidarietà ed equità per una esistenza dignitosa e libera dei pensionati.
Al primo posto – sottolineano i presidenti regionali Anp Giovanni Bulfaro e Cia Antonio Nisi – le condizioni di vita e di salute delle popolazioni rurali. Gli ultrasessantenni –è stato evidenziato – sono circa il 20 per cento della popolazione ed entro il prossimo decennio raggiungeranno il 25 per cento. Attualmente oltre l´80 per cento (in pratica 8 su 10) degli anziani chiede servizi sociali, sanitari e assistenziali pronti ed efficienti. E nelle campagne la carenza è strutturale ed è aggravata dai recenti tagli alla sanità e in particolare al Fondo per la non auto-sufficienza, che grava in particolar modo su anziani e pensionati. Per questo non si può più perdere tempo: c’è l’esigenza di lavorare a una riqualificazione di queste aree, prendendo le misure locali di intervento per le non autosufficienze, nonché tutte le provvidenze economiche agli indigenti, eliminando incongruenze e abusi e, contemporaneamente, offrendo un sostegno vero e efficace a chi è in reale stato di bisogno. Va, insomma, colmato ogni divario qualitativo e quantitativo tra regioni e territori garantendo i livelli essenziali di assistenza sociale. Insieme alla tutela della salute, c’è la difesa del potere d’acquisto delle pensioni tenuto conto che nella “sperequazione pensionistica” sono soprattutto i pensionati autonomi -e tra questi gli agricoltori- a subire le conseguenze più pesanti dell’aumento del costo della vita. Secondo dati del Centro studi economici della Cia lucana ben il 78 per cento dei pensionati della regione (circa 125 mila) percepisce un’indennità che è inferiore di un terzo alla minima. Nelle campagne -evidenzia l’Anp-Cia Basilicata- si vivono le situazioni più difficili: se in Italia quasi un pensionato su due vive con meno di 1.000 euro al mese, nelle aree rurali la media percepita si abbassa notevolmente, ed è proprio qui che si registra la massima concentrazione di pensioni minime, inferiori alla soglia di 500 euro mensili. Nelle zone di campagna i “morsi” della crisi sono amplificati e si inaspriscono i toni del disagio sociale, soprattutto per gli ultrasessantacinquenni. Attualmente, infatti, sono 7 su 10 i pensionati delle aree rurali a essere vicini alla soglia di povertà: un rapporto di gran lunga più allarmante di quello relativo alla popolazione italiana, che sfiora il 30 per cento”.
Al centro del dibattito della giornata di mobilitazione la Legge di Stabilità e i suoi effetti sia sul patronato che sul welfare e sui pensionati.
“La legge di Stabilità sul fondo patronati ha ricordato il presidente nazionale dell’Inac
Antonio Barile mette a rischio migliaia di posti di lavoro e determina una drastica
riduzione della capillarità sul territorio, con la chiusura degli uffici più piccoli (zone
rurali dove neanche gli enti previdenziali sono presenti). Oggi i Patronati non si
limitano ad assistere i cittadini, ed in particolare i pensionati, facendo loro consulenza
e compilando le loro domande per richiedere le prestazioni ma operano online inviando
direttamente i flussi telematici agli enti previdenziali, che grazie a tali modalità hanno
eliminato la carta e ridotto il servizio al pubblico. È evidente che a fronte dei Patronati
costretti a ridurre l’attività nei limiti delle risorse disponibili, gli enti previdenziali
dovranno rivedere i loro costi, poiché o tornano a ricevere direttamente i cittadini o
pagano ai Patronati l’invio telematico, perché senza risorse, il servizio non si può più
garantire”.
“Al governo chiediamo cambiamento, solidarietà ed equità verso una categoria che è
sempre più ai margini del dibattito politicoistituzionale – ha sottolineato il presidente
nazionale dell’AnpCia, Vincenzo Brocco. La legge di Stabilità, pur ponendosi
l’obiettivo condiviso di rilanciare l’economia, l’occupazione e l’impresa, mortifica i
pensionati, fra i quali 8 milioni vivono con assegni mensili sotto i mille euro e 2,2
milioni addirittura sotto i 500 euro, e che ha spiegato il presidente dell’Anpperdurando
la recessione, nel 2015 rischiano l’indicizzazione zero se non la riduzione
delle già magre pensioni. Ma così non si fa che accrescere la situazione di disagio
sociale, tanto più che a causa della pressione fiscale (la più alta dei paesi Ocse) e
dell’insufficiente adeguamento delle pensioni al costo della vita ha aggiunto Broccooggi
il 44 per cento dei pensionati vive in semi povertà e il 10 per cento non riesce
neppure ad acquistare prodotti alimentari e medicine”.
“L’Anp e la Cia hanno deciso di mobilitarsi e rivendicare equità e giustizia sociale,
facendo appello alle istituzioni per interventi immediati, concreti ed efficaci a favore
dei pensionati – ha dichiarato il VicePresidente nazionale della Cia Alessandro
Mastrocinque. In particolare chiediamo: l’estensione del bonus di 80 euro mensili e
l’adeguamento progressivo dei minimi di pensione al 40% del reddito medio nazionale
(640 euro mensili) come chiesto dalla Carta Sociale Europea; il recupero del potere
d’acquisto delle pensioni (già eroso del 30%) attraverso una più puntuale
indicizzazione e la riduzione del drenaggio fiscale nazionale e locale; l’attuazione della
riforma sanitaria con moderne protezioni, presidi e servizi nei centri rurali;
l’eliminazione delle liste d’attesa e la riduzione selettiva dei ticket; risorse economiche
adeguate per il sociale e la non autosufficienza; il ripristino pieno del fondo Patronati”.