“Non capisco francamente le espressioni di giubilo della Regione Basilicata nel commentare le integrazioni dell’articolo 38 dello ‘sblocca Italia’ apportate dal comma 554 della legge di stabilità”. E’ quanto dichiara l’on. Cosimo Latronico (FI), componente della Commissione Bilancio della Camera. “Restava e resta che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, come recita l’articolo 38 dello ‘sblocca Italia’, rivestono carattere di interesse strategico e rientrano nella competenza prevalente dello Stato. Nel senso che ove non vi fosse l’intesa sul piano di sviluppo minerario, in sede di conferenza unificata, decide la presidenza del Consiglio dei Ministri. Intanto si affievolisce il ruolo della Regione nella conferenza unificata, e comunque resta la competenza prevalente dello stato in mancanza di accordo. Questa è la realtà che ci costringe a ritenere che siamo di fronte ad una modica del quadro normativo, in materia di concessione minerarie che sposta la competenza da un livello concorrente ad uno prevalente in capo allo Stato. Tra l’altro il comma 551 della legge di stabilità estende a tutte le opere connesse alla filiera mineraria la classificazione di interesse strategico con le conseguenze procedurali ed amministrative del caso”.
Sblocca Italia, il bluff dell’emendamento votato dal Senato nel digeno di Legge di stabilità, nota OLA.
Non ci basta sapere che il voto di ieri in Senato era segreto, visto
il governo ha posto la fiducia sul maximemendamento apprivato con 137
si e 37 no. La Ola, Organizzazione lucana ambientalista, in merito al
voto in Senato evidenzia come i senatori del Movimento Cinque Stelle
hanno abbandonato l’aula, quelli di Forza Italia hanno votato “contro”
assieme al senatore lucano SEL mentre sembra facile ipotizzare, salvo
smentite, che i senatori lucani del PD hanno votato favorevolmente al
“maxiemendamento” in cui è contenuta la modifica n.553 al comma 1 bis
della L. 164/2014 “sblocca Italia”.
La Ola ritiene che questa notte si sia consumato un nuovo danno per la
Basilicata, con un “bluff” che la maggioranza di governo vuol far
apparire invece come una vittoria per i lucani. Proviamo a spiegarne i
motivi.
“All’articolo 38 del D.L. 12/9/2014, n.133 convertito in legge con
modificazioni dalla legge 11/11/2014, n.164 il comma 1 bis è
sostituito dal seguente comma 1 bis: il ministro dello Sviluppo
economico con proprio decreto, sentitoil ministro dell’Ambiente e
della tutela del territorio e del mare (ndr in precedenza di concerto
con il Ministero dell’Ambiente) predispone un piano delle aree in cui
sono consentite le attività del comma 1″. Il piano per la attività
sulla terra ferma è adottato previa intesa ( ndr : in precedenza
sentita) con la Conferenza Unificata e, in caso di mancato
raggiungimento dell’intesa di cui all’art.1 comma 8 bis della Legge
23/8/2001, n.239, nelle more dell’adozione del piano, i titoli di
abilitazione di cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle norme
vigenti prima dell’entrata in vigore della presente disposizione”
(ndr, alias in base all’ art.38 L.164/2014).
Nella sostanza l’emendamento non modifica già quanto sancito dalla
legge sblocca Italia. Anzi, per la Ola, peggiora la situazione per
quanto riguarda l’esproprio dei poteri regionali e degli enti locali.
Al di là di quanto in queste ore diranno alcuni esponenti della
maggioranza che guida la Regione Basilicata impegnati in una
“disinformazione petrolifera” – secondo la Ola – è evidente che la
modifica del DdL di Stabilità che la Regione Basilicata “spaccia” per
propria, altro non è che una ulteriore delegittimazione delle singole
Regioni interessate dallle trivelle, spostando alla Conferenza
Unificata e non più alla Regione Basilicata, il rilascio dell’Intesa
sui Piani di cui al comma 1, lasciando cioè invariata la natura non
vincolante dell’intesa con le Regioni, anzi espropriando ulteriormente
le Regioni in merito ai Piani di cui al comma 1 bis.
Resta inoltre valido nell’articolo 38 della L.164/2014 (le norme
vigenti prima dell’entata in vigore della seguente disposizione di cui
il punto 553 del maxiemendamento) che la competenza in materia di
titolo unico dal 1 Aprile 2015 è rilasciata dai ministeri competenti,
e non più delle Regioni. Quindi la modifica apportata dalla prima
stesura del maxiemendamento al DdL di stabilità approvato in Senato
per la Ola non cambia nulla sull’efficacia dello “sblocca trivelle”,
alias legge “sblocca Italia”.
In più, l’emendamento del governo Renzi amplia, rafforzandolo, il
quadro delle infrastrutture e degli insediamenti strategici
allargandolo a “tutte le opere necessarie al trasporto, allo
stoccaggio, al trasferimento di idrocarburi in raffineria, alle opere
accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali
strumentali allo sfruttamento di titoli concessori esistenti, comprese
quelle localizzate al di fuori del perimetro delle concessioni di
coltivazioni”. Dunque si allargano ulteriormente i”favori” resi alle
compagnie petrolifere.
Gli uffici regionali prendano atto e valutino il loro operato
nell’autorizzare, così come stanno facendo in queste ultime settimane,
nuove ricerche ed ampliamenti di concessione anche in questa nuova
prospettiva e/o istruire procedure VIA al buio, ovvero senza
cocluderne l’iter con un parere negativo VIA, con il rischio di dover
facilitare in questo il compito dei ministeri dopo il 31/3/2015
nell’autorizzare le attività petrolifere sul territorio regionale.
Il presidente del Consiglio Regionale, Piero Lacorazza, onori il suo
mandato e quello attribuitogli con il voto del 4 Dicembre
dall’Assemblea e chieda senza ulteriori tentennamenti al presidente
della Regione Basilicata, Marcello Pittella, di impugnare senza
indugio la legge sblocca Italia, ivi compresi gli articoli 35, 36, 36
bis,37 e 38, così come chiede tutto il popolo lucano e la maggioranza
delle amministrazioni locali che continuano a deliberare in tal senso
(ha deliberato ieri anche il Comune di Lagonegro).
La Lucania non è in vendita e non diventerà la “Regione Calabro-lucana”.
“Renzi deve essersi accorto che l’articolo 38 e soprattutto il comma 1bis, magicamente comparso anche nel deliberato consiliare dello scorso 4 dicembre, contrasta con il quadro giuridico comunitario. Quindi, le modifiche che il Governatore lucano farà finta di andare a chiedere al suo Premier sono già belle e scritte.”.
Lo abbiamo scritto il 9 dicembre scorso, all’indomani dell’approvazione in Consiglio regionale della mozione sull’impugnazione per incostituzionalità dello Sblocca Italia.
Abbiamo poteri divinatori? No. Semplicemente abbiamo letto qualche direttiva comunitaria e soprattutto la Costituzione e sappiamo interpretare alcune azioni di vecchi volponi della politica, come i Pittella’s. Come mai nel deliberato del Consiglio regionale spunta un riferimento al comma 1bis dell’articolo 38 all’ultimo momento? Era già tutto deciso, appunto. Era la modifica che sicuramente Renzi avrebbe accettato perché ‘doveva’ accettare per sfuggire alla tagliola della Corte Costituzionale. Certo, degli opifici, della valutazione d’impatto ambientale in capo al Governo, del titolo concessorio unico non ne parla nessuno.
Con quest’ultimo atto notturno senatoriale (che ricorda i maxiemendamenti pittelliani all’ultimo assestamento di bilancio) “dall’intesa con le Regioni si passa all’intesa con la Conferenza Unificata”, ovvero vengono inclusi anche gli Enti locali. Cosa sacrosanta, per carità, imposta da Direttive comunitarie cui neanche Renzi può sottrarsi. Ma nulla cambia per l’istruttoria delle pratiche di concessione e per la predisposizione del piano che definisce i territori sui quali saranno possibili le estrazioni, atti che rimangono in capo al Governo che deciderà autonomamente anche in caso di mancato accordo.
L’idea che sul petrolio deve decidere il Governo, dunque, rimane ferma, così come stabilito con forza nel decreto del marzo 2013 Monti – Passera che approva la Strategia Energetica Nazionale, fatta propria da Renzi e confermata, ad agosto 2014, con l’approvazione al Senato della riforma del Titolo V.
È ovvio che, oggi, la stampa di regime esalta tutto ciò come un trionfo. Come potrebbe essere possibile, altrimenti, far passare la morte annunciata di una Regione per una vittoria?
Il problema, così come abbiamo sempre sostenuto, è più ampio. Lo Sblocca Italia è solo l’ultimo tassello in ordine di tempo che porta alla disgregazione territoriale, politico- culturale della Lucania. Prima gli avamposti dello Stato, Tribunale, Corte di Appello e Polizia stradale, penitenziaria, passando per l’espropriazione delle decisioni sulle ricchezze naturali, giungendo infine allo smembramento territoriale.
Ci chiediamo: si possono decidere le sorti di un Popolo senza consultarlo? Può un Governo guidato da un Premier non eletto, sostenuto da forze per meri interessi di poltrona, mutare la geografia dello Stato italiano e la Costituzione stessa? Si può, neanche accorpare, ma dividere una Regione perché qualcuno dall’alto lo decide?
Sembra di essere tornati al periodo coloniale, al 1885, quando, durante il congresso di Berlino, per spartirsi gli stati africani, gli europei tracciarono con il righello i confini, senza rispettare le identità e le tradizioni. Chi lo dice che è meglio la Calabria o la Campania? Perché non il Molise?
I nostri parlamentari, come affermato da Speranza, tutelano l’interesse nazionale. Ma quello dei cittadini i cui voti li hanno portati a scaldare le poltrone su cui siedono chi li tutela? O forse a garantire i Lucani ci dovrebbe pensare il nostro Governatore? Che, però, pare abbia già venduto tutta la Regione.
Insomma, con la modifica dell’articolo 38 si ripropone la storia gattopardiana “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna cambiare tutto”. Quindi, tutta fuffa, tutto fumo negli occhi da parte di un Governo nazionale che prova a salvare il suo provvedimento dall’incostituzionalità e i Pittella’s e il loro Pd dalla vera rivoluzione che sta avvenendo in Basilicata, fatta dai tanti Lucani che con forza hanno urlato “Basta!”.
Per il rilancio della Lucania, avevamo proposto che diventasse ‘zona franca’, ora ci chiediamo, e chiederemo ai Lucani, se non sia meglio diventare ‘autonomi’. Se il Governo può fare a meno dei nostri voti, ignora le nostre richieste, ci snobba, se ne assuma le conseguenze e faccia a meno anche del nostro territorio. La Lucania non è in vendita! La Lucania ai Lucani!
Gianni Rosa, consigliere regionale Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale: “La Lucania non è in vendita e non diventerà la “Regione Calabro-lucana”.
“Renzi deve essersi accorto che l’articolo 38 e soprattutto il comma 1bis, magicamente comparso anche nel deliberato consiliare dello scorso 4 dicembre, contrasta con il quadro giuridico comunitario. Quindi, le modifiche che il Governatore lucano farà finta di andare a chiedere al suo Premier sono già belle e scritte.”.
Lo abbiamo scritto il 9 dicembre scorso, all’indomani dell’approvazione in Consiglio regionale della mozione sull’impugnazione per incostituzionalità dello Sblocca Italia.
Abbiamo poteri divinatori? No. Semplicemente abbiamo letto qualche direttiva comunitaria e soprattutto la Costituzione e sappiamo interpretare alcune azioni di vecchi volponi della politica, come i Pittella’s. Come mai nel deliberato del Consiglio regionale spunta un riferimento al comma 1bis dell’articolo 38 all’ultimo momento? Era già tutto deciso, appunto. Era la modifica che sicuramente Renzi avrebbe accettato perché ‘doveva’ accettare per sfuggire alla tagliola della Corte Costituzionale. Certo, degli opifici, della valutazione d’impatto ambientale in capo al Governo, del titolo concessorio unico non ne parla nessuno.
Con quest’ultimo atto notturno senatoriale (che ricorda i maxiemendamenti pittelliani all’ultimo assestamento di bilancio) “dall’intesa con le Regioni si passa all’intesa con la Conferenza Unificata”, ovvero vengono inclusi anche gli Enti locali. Cosa sacrosanta, per carità, imposta da Direttive comunitarie cui neanche Renzi può sottrarsi. Ma nulla cambia per l’istruttoria delle pratiche di concessione e per la predisposizione del piano che definisce i territori sui quali saranno possibili le estrazioni, atti che rimangono in capo al Governo che deciderà autonomamente anche in caso di mancato accordo.
L’idea che sul petrolio deve decidere il Governo, dunque, rimane ferma, così come stabilito con forza nel decreto del marzo 2013 Monti – Passera che approva la Strategia Energetica Nazionale, fatta propria da Renzi e confermata, ad agosto 2014, con l’approvazione al Senato della riforma del Titolo V.
È ovvio che, oggi, la stampa di regime esalta tutto ciò come un trionfo. Come potrebbe essere possibile, altrimenti, far passare la morte annunciata di una Regione per una vittoria?
Il problema, così come abbiamo sempre sostenuto, è più ampio. Lo Sblocca Italia è solo l’ultimo tassello in ordine di tempo che porta alla disgregazione territoriale, politico- culturale della Lucania. Prima gli avamposti dello Stato, Tribunale, Corte di Appello e Polizia stradale, penitenziaria, passando per l’espropriazione delle decisioni sulle ricchezze naturali, giungendo infine allo smembramento territoriale.
Ci chiediamo: si possono decidere le sorti di un Popolo senza consultarlo? Può un Governo guidato da un Premier non eletto, sostenuto da forze per meri interessi di poltrona, mutare la geografia dello Stato italiano e la Costituzione stessa? Si può, neanche accorpare, ma dividere una Regione perché qualcuno dall’alto lo decide?
Sembra di essere tornati al periodo coloniale, al 1885, quando, durante il congresso di Berlino, per spartirsi gli stati africani, gli europei tracciarono con il righello i confini, senza rispettare le identità e le tradizioni. Chi lo dice che è meglio la Calabria o la Campania? Perché non il Molise?
I nostri parlamentari, come affermato da Speranza, tutelano l’interesse nazionale. Ma quello dei cittadini i cui voti li hanno portati a scaldare le poltrone su cui siedono chi li tutela? O forse a garantire i Lucani ci dovrebbe pensare il nostro Governatore? Che, però, pare abbia già venduto tutta la Regione.
Insomma, con la modifica dell’articolo 38 si ripropone la storia gattopardiana “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna cambiare tutto”. Quindi, tutta fuffa, tutto fumo negli occhi da parte di un Governo nazionale che prova a salvare il suo provvedimento dall’incostituzionalità e i Pittella’s e il loro Pd dalla vera rivoluzione che sta avvenendo in Basilicata, fatta dai tanti Lucani che con forza hanno urlato “Basta!”.
Per il rilancio della Lucania, avevamo proposto che diventasse ‘zona franca’, ora ci chiediamo, e chiederemo ai Lucani, se non sia meglio diventare ‘autonomi’. Se il Governo può fare a meno dei nostri voti, ignora le nostre richieste, ci snobba, se ne assuma le conseguenze e faccia a meno anche del nostro territorio. La Lucania non è in vendita! La Lucania ai Lucani!