“Qualsiasi azione di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale non deve basarsi solamente sull’erogazione di indennità ma necessariamente deve puntare all’inserimento lavorativo e sociale”. Così il consigliere regionale Giannino Romaniello (Gm) nel presentare lo studio affidato a “Lucaniaworld”, associazione di volontariato e di solidarietà, che oltre a mettere in rilievo elementi significativi dell’attuazione del Programma Copes nel periodo 2012/2014 fornisce indicazioni e valutazioni utili per consentire una verifica della rispondenza delle attività espletate con gli obiettivi programmatici regionali e dell’Unione Europea nelle azioni di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale.
“Duemilatrecento sono i beneficiari del Programma avviato nel 2011 dalla Regione Basilicata – ha spiegato Romaniello – con una concentrazione del 63,9% nelle fasce di età che va dai 40 ai 60 anni a fronte di un modesto 5,7 % della fascia di beneficiari con età inferiore ai 30 anni, di questi circa il 56% sono donne. Per quanto attiene il livello di istruzione, il 60,6% possiede la licenza di scuola media inferiore contro il 19,4% che ha un diploma di scuola secondaria. Dati emblematici – ha proseguito – che mettono in rilievo due problemi significativi: quello dei cinquantenni che sono penalizzati dall’attuale congiuntura economica e quello dei giovani che non riescono a trovare occupazione”. “Questo studio – ha sottolineato il consigliere – mette in evidenza che il Programma Copes pur avendo una buona impostazione legislativa e programmatica non ha sortito gli effetti previsti. Per il futuro, con la nuova misura del reddito d’inserimento messa in campo dalla Regione Basilicata, occorre lavorare a un progetto di ampio respiro che sia effettivamente in grado di fornire strumenti utili per l’inserimento lavorativo e sociale attraverso una formazione mirata alle fasce d’età e agli effettivi bisogni dei cittadini. Anche i destinatari – ha aggiunto – devono scommettere di più su se stessi e partecipare attivamente all’individuazione di progetti specifici evitando quell’atteggiamento passivo volto solo all’ottenimento del mero beneficio economico”. Per Romaniello “bisogna fare tesoro delle esperienze più avanzate messe in campo in Europa, a partire da quelle nordiche, evitando di disperdere le risorse in tanti e diversi strumenti di sostegno alle fasce deboli e lavorando a politiche vere di inclusione”. Il consigliere ha, infine, auspicato che in meritoal programma del reddito minimo/reddito d’inserimento, previsto dall’articolo 15 della legge regionale n.26/2014 (assestamento di bilancio) il dibattito non si svolga solo all’interno del ‘Palazzo’ ma coinvolga anche i destinatari e le amministrazioni comunali, terminali istituzionali più a diretto contatto con la realtà viva dell’esclusione sociale e della povertà.
Presenti all’incontro con i giornalisti anche il presidente di Lucaniaworld, Michele Tricarico e il dott. Fausto Bubbico, coestensore dello studio. Tricarico nell’evidenziare l’ultradecennale esperienza maturata dall’associazione in numerose comunità della Basilicata sia nell’attività di volontariato a favore degli ultimi sia nell’azione specifica a sostegno dei destinatari dei programmi regionali di cittadinanza solidale e di contrasto alle povertà e all’esclusione sociale ha posto l’accento sul focus principale di Lucaniaworld che ha il suo fulcro nella ‘naturempatia’, modello di benessere che pone la persona al centro. Il presidente dell’associazione ha sottolineato gli sforzi posti in essere per “far uscire le persone dall’invisibilità” attraverso l’apertura sul territorio di diversi sportelli d’inclusione sociale attiva Cgil-Lucaniaworld.
Bubbico, dopo aver illustrato i dati emersi dallo studio, ha evidenziato che “il Programma Copes non ha funzionato pienamente, pur essendo una buona legge nei propositi. Nella pratica – ha detto – si è limitata ad assicurare i contributi ai beneficiari (400/500 euro mensili) senza raggiungere l’obiettivo primario della vera inclusione sociale. Il futuro programma – ha sottolineato – dovrà evitare il puro assistenzialismo e prestare maggiore attenzione alla domanda di inserimento sociale attivo attraverso il lavoro”.