Antonio Fedele, Responsabile dell’Ufficio Tecnico Giuridico Nazionale, apre un dibattito sulle funzioni attribuite ai tecnici della prevenzione dell’Arpab. Di seguito la nota inviate alla nostra redazione.
Perché i Tecnici della Prevenzione dell’ARPAB sono limitati nel perseguire i reati in materia ambientale?
Dalle notizie divulgate in questi ultimi giorni dagli organi di informazione sembrerebbe che il personale dell’ARPAB (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata) non possieda i requisiti di legge per perseguire e denunziare i reati in materia di tutela ambientale e cioè gli attentati alla qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo, l’inquinamento dei fiumi, il traffico dei rifiuti, l’assetto del territorio e così via.
Eppure l’ARPAB è dotato di Tecnici della Prevenzione (personale specializzato) che può e deve controllare, perseguire e denunziare i suddetti reati.
Altrimenti l’impunità per coloro i quali trafficano rifiuti, che inquinano fiumi, che rovinano l’aria che respiriamo è assicurata.
La domanda, a questo punto, sorge spontanea: c’è qualcuno che si è prefisso il risultato finale dell’impunità?
Altro dato preoccupante è la posizione assunta dall’ARPAB la quale sembra incline a rinunziare all’attività di polizia giudiziaria che i Tecnici della Prevenzione possono svolgere.
Infatti la predetta Agenzia ha innescato una serie di contenziosi giudiziari con numerosi Tecnici della Prevenzione in materia di qualifica di polizia giudiziaria tesi a privarli di detta qualifica.
In buona sostanza l’ARPAB, privando il personale incaricato della vigilanza in materia di tutela ambientale della qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria, consente ai numerosi soggetti che inquinano l’acqua, il suolo e l’aria di Basilicata di farla franca.
Per rendere l’idea del danno provocato alla collettività si può fare l’esempio della Polizia che è costretta ad utilizzare automobili a pedale mentre i ladri fuggono con una Ferrari, oppure la Guardia di Finanza forzata ad utilizzare barche a remi mentre i contrabbandieri solcano il mare con veloci motoscafi.
La problematica in questione è stata già affrontata dalla Corte Costituzionale secondo la quale i Tecnici della Prevenzione delle Agenzie di protezione ambientale sono provvisti della qualifica di Ufficiali di Polizia Giudiziaria.
Detta Corte ha affermato che la nomina di U.P.G. è regolata dalle leggi dello stato e non da quelle regionali.
Pronunzia sacrosanta dal momento che tutto ciò che riguarda i reati e le indagini è disciplinato dallo stato e vale per tutto il territorio nazionale.
Infatti la legge n. 61 del 1994 istituisce l’Agenzia di protezione dell’ambiente e incarica ogni regione di istituire le Agenzie regionali.
La stessa legge esplicitamente assegna al personale dell’ARPA il compito di vigilanza e controllo sull’applicazione delle norme, attribuendogli le funzioni ispettive e il diritto di accesso agli impianti e alle sedi aziendali.
Bene, ci si domanda se questi controllori, espressamente incaricati dalla legge, abbiano o meno la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria.
Alla domanda risponde l’art. 57 del codice di procedura penale che, al terzo comma, stabilisce che sono ufficiali di polizia giudiziaria le persone alle quali le leggi e i regolamenti fanno carico di perseguire e denunziare i reati nelle materie di loro competenza.
La legge di cui parla l’art. 57 del c.p.p. dunque c’è ed assegna ai Tecnici della Prevenzione dell’ARPA il compito di perseguire i reati in materia ambientale.
Se ne deduce con certezza che i Tecnici dell’ARPA sono ufficiali di Polizia Giudiziaria.
Inoltre nel vigente ordinamento esiste una norma statale che esplicitamente attribuisce ai Tecnici della Prevenzione delle Agenzie regionali la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria.
Si tratta del D.M. della Salute n. 58/1997 il quale, infatti, all’art. 2 attribuisce la qualifica in questione “al tecnico della prevenzione nell’ambiente …..operante con compiti ispettivi di vigilanza”.
La natura regolamentare del predetto decreto non può essere contestata, pertanto risulta del tutto pertinente il richiamo alla disposizione di cui al terzo comma dell’art. 57 del c.p.p. che, per l’appunto, indica il regolamento come norma (statale) idonea ad attribuire la qualifica in questione.
Il D.M n. 58/1997 è stato emanato ai sensi del Decreto legislativo 30.12.1992 n. 502 e l’ambito di applicazione delle sue disposizioni concerne, in generale, “tutte le attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro”. Esso ha, perciò, natura ricognitiva di un’attribuzione che scaturisce già in via diretta da inequivocabili disposizioni legislative di carattere statale.
Pertanto non resta altro da fare che applicare la legge statale vigente e consentire ai Tecnici della Prevenzione di perseguire i reati in materia ambientale.
A questo punto i cittadini e i Tecnici della Prevenzione si aspettano che gli organi pubblici rispettino la legge che è molto chiara e, fino a quando non sarà cambiata, deve essere rispettata anche dall’ARPAB che in data 08.10.2010 subiva una condanna definitiva dal Tribunale di Potenza – Sezione Lavoro – per non aver rispettato la normativa in materia di indennità di polizia giudiziaria.
Chi ha pagato le spese legali di condanna pari a € 2,274,00? I cittadini lucani con le loro tasse oppure i dirigenti dell’ARPAB?
non abbiamo bisogno di altri polizziotti, ce ne sono già abbastanza, qualcuno in più al NOE non basterebbe. I tecnici Arpab fanno la loro parte comunicando quanto debbono a chi di competenza. E’ la magistratura che deve fare la sua parte ma quella è un’isola FELICE.