Gianni Perrino: “La canapa, un’alternativa pulita per l’agricoltura lucana”.
Passando in rassegna alcuni articoli regionali siamo stati piacevolmente colpiti da una nota dell’ Associazione Giovani Imprenditori Agricoli Basilicata (AGIA), che propone la coltivazione della canapa industriale per la rivalutazione dei terreni adiacenti i pozzi petroliferi lucani. Tuttavia ci sentiremmo di fare un appunto a questi giovani e coraggiosi imprenditori agricoli ai quali bisogna riconoscere il merito di avere una certa dinamicità aprendosi a nuovi tipi di colture. in totale controtendenza con i modelli degli ultimi vent’anni.
Quando leggiamo che per Agia Basilicata “non è trascurabile, infine, ipotizzare l’utilizzo di royalties del petrolio per sostenere l’avviamento produttivo di giovani aziende nella Val d’Agri”, non possiamo sottrarci ad alcune domande e considerazioni.
Perchè legare l’eventuale ciclo produttivo di una pianta così versatile e rivoluzionaria all’utilizzo delle royalties petrolifere?
Vi è una incompatibilità di fondo: utilizzare il piatto di lenticchie delle royalties petrolifere per porre rimedio ad un danno che lo stesso petrolio ha procurato.
A nostro avviso bisogna avere il coraggio di tagliare qualsiasi ponte col modello di sviluppo legato alle fonti fossili, dimostrando con i fatti che si possono concretamente raggiungere gli obiettivi della Strategia Europea 2020. Si chiama chemiurgia quel filone avviato negli anni ‘30 e che aveva come principali sostenitori personaggi del calibro di Henry Ford: si tratta di produrre prodotti industriali utilizzando materie prime agricole e naturali, risorse rinnovabili, senza recare danno all’ambiente.
In Basilicata l’associazione Lucanapa sta già lavorando in maniera eccellente in questa direzione avendo avviato un processo di produzione della canapa ad uso alimentare completamente sostenibile dal punto di vista ambientale ed estraneo a logiche di compromesso con i signori dll’oro nero.
Un altro esempio di cui tener conto, considerato lo stato di territori come la Val Basento (SIN) e la Val D’Agri, è quello di Vincenzo Fornaro, proprietario di Masseria del Carmine a Taranto, un’azienda agricola a pochi metri dall’ILVA di Taranto. Nel 2010 fu ordinato l’abbattimento di 600 ovini contaminati da diossina, un duro colpo per la famiglia Fornaro, l’ennesima conferma che questo modello industriale è vecchio ed obsoleto. Vincenzo non si è fermato, ha deciso di intraprendere una strada diversa seminando 3 ettari di canapa ed avviando un progetto di monitoraggio con l’Università di Bari. Ad agosto ha effettuato il primo raccolto ed i risultati sono stati eccellenti: le piante a fine ciclo non risultano contaminate da diossine e quindi perfettamente utilizzabili per qualsiasi scopo, anche alimentare; si è registrata una diminuzione dello 0,2 % della contaminazione del terreno nonostante l’impianto della morte sia costantemente in funzione. Vincenzo non si ferma, prosegue dritto come un treno e nei prossimi mesi procederà nuovamente alla semina.
Confortato da questi esempi virtuosi il M5S Basilicata sta lavorando anche in questa direzione. Ci siamo adoperati affinchè Giovanni Grieco, imprenditore agricolo di Pisticci ora in ginocchio causa inquinamento, conoscesse questa nuova realtà. Abbiamo posto la questione all’attenzione di Ottati che tanto decanta la cosiddetta chimica verde, che dietro il verde nasconde interessi ben maggiori.
Crediamo fermamente che questa pianta possa essere un’importante volano di sviluppo per la Basilicata tutta, in linea con le sfide che il futuro ci impone.
«Perché consumare foreste che hanno impiegato secoli per crescere e miniere che hanno avuto bisogno di intere ere geologiche per stabilirsi, se possiamo ottenere l’equivalente delle foreste e dei prodotti minerari dall’annuale crescita dei campi di canapa? » (Henry Ford)