Nino Grilli ha inviato alla nostra redazione una “storia d’altri tempi che riguarda il tema della giustizia all’epoca dei nobili e dei servi della gleba.
Di seguito il testo integrale.
Storie d’altri tempi o no!
Sarà pure una storia d’altri tempi, ma ve la voglio comunque raccontare. In fin dei conti può essere sempre utile per comprendere l’entità dei progressi che nel frattempo la società civile è riuscita a ottenere. Nell’epoca medioevale esistevano piccoli protettorati che si gestivano le faccende locali al loro stretto e riservato ambiente. A capo della comunità vi era un dominus o padrone che presiedeva su ogni cosa, ma vi era anche una sorta di organizzazione costituita. Erano un po’ come delle piccole repubbliche con i loro ordinamenti e con le personalità distinte tra nobili e servi della gleba. Le controversie venivano affidate a una sorta di organo giudicante e qualche volta si verificavano anche rari esempi di procedimenti democratici o almeno apparentemente tali. A patire erano pur sempre quelli della gleba. In special modo se entravano in contrasto con qualche nobile, per lo più entrato nelle grazie del padrone o che esercitava una influenza particolare sullo stesso. In una di queste controversie capitò che un nobile si sentisse offeso da una semplice, oltre che veritiera, frase pronunciata da un popolano e naturalmente sentendosi leso nella sua nobiltà lo denunciò. La questione, affidata a pubblico processo, però dimostrò che nella questione non vi era alcun motivo per cui il nobiluomo potesse dolersi e quindi scagionò l’innocente servo della gleba. Quest’ultimo a questo punto, confortato dal giudizio a suo favore, chiese giustizia e denunciò a sua volta il nobile, affidandosi allo stesso procedimento giudiziario che lo aveva ritenuto immune dall’aver offeso il suo accusatore. Richiesta del tutto lecita e, oltre l’apparenza, persino democratica. Ma non aveva fatto i conti con quell’insulso sistema dell’epoca dove al nobile era concesso accusare anche indebitamente il servo della gleba, mentre quest’ultimo non poteva fare altrettanto persino avendone ragione. Ma accadde ancor di più! Il povero servo, avendo osato di chiedere giustizia, venne accusato di aver offeso il nobiluomo e per questo incolpato di aver assunto un comportamento offensivo nei suoi riguardi. Storia d’altri tempi? Certamente sì! In fin dei conti non era stata ancora coniata la famosa frase “la legge è uguale per tutti”! Ma se una tale ipotesi dovesse verificarsi ai giorni nostri come bisognerebbe valutarla? Come un segno di arretratezza o come segno di prepotenza? Ci si chiederebbe se la giustizia sia ancora da ritenere “uguale per tutti”? O piuttosto si avrebbe il coraggio di dire che chi approfitta di certi scomposti privilegi dovrebbe vergognarsi al cospetto della società e che meriterebbe il disprezzo della gente onesta, amante di verità e giustizia? Una scelta diversa ci riporterebbe al Medioevo e a una società inerme e sottomessa, prona al cospetto di cotanta superba sfrontatezza!
Nino Grilli