Lo storico materano Gianni Maragno ripercorre le fasi che hanno portato la politica a decidere l’istituzione di un museo a Potenza. Di seguito la nota inviata alla nostra redazione.
Maragno: “Il rifiuto di Ridola”
Alla fine dell’Ottocento, nell’ambito dell’iniziale suddivisione amministrativa del neonato Regno d’Italia, l’attuale territorio della Basilicata era gestito e retto da un’unica provincia, Potenza che, per estensione, era pari alla somma di quelle di Cremona, Mantova, Verona e Vicenza.
Fra le iniziative e gli impegni programmati dalla Deputazione Provinciale di Basilicata non si rilevò secondario il progetto di istituire un Museo Archeologico nel Capoluogo, pur manifestandosi concrete difficoltà organizzative per allocarlo in una città non dotata per storia e tradizioni di cimeli e reperti ritrovati e destinati con cura alla loro raccolta e conservazione.
Ma la politica aveva deciso!
Ripercorriamo con l’ausilio dei documenti alcune fasi di quella vicenda.
All’inizio del 1897, la Deputazione Provinciale di Basilicata, a seguito dell’interesse manifestato dall’assemblea per l’istituendo Museo, aveva affidato un incarico esplorativo sulla fattibilità del progetto al Regio Ispettore degli Scavi e dei Monumenti Vittorio Di Cicco, il quale dal Comune di San Mauro Forte, “dove presso la sua abitazione, aveva sede l’Ispettorato”, il 22 gennaio di quell’anno aveva risposto con la seguente missiva:
Oggetto: risposta per la istituzione di un Museo Archeologico in Potenza.
Apprendo con piacere che l’On Deputazione Provinciale, unitamente alla S.V. Ill.ma, intendono istituire un Museo Archeologico Provinciale. Questa istituzione dovrebbe essere accolta da chi ama il decoro e il benessere della Provincia, e tutti dovrebbero contribuire all’incremento dell’istituzione stessa.
In quanto alla mia raccolta archeologica, sono disposto a cederla, sempre con certe date condizioni, le quali si assoderanno allorquando altri avranno aderito a renderle parimenti.
Giacché la S.V.Ill.ma ha creduto rivolgersi a me per conoscere le persone che posseggono cimeli archeologici, prima di tutto sento il dovere di ringraziarla della fiducia addimostratami, e poi le fo tenere i nomi e sono:
1 Il cav. Domenico Dottor Ridola di Matera, possiede una raccolta di oggetti preistorici di grande interesse scientifico.
2 La vedova del compianto comm. Michele Lacava, possiede una collezione di monete d’argento e bronzo, appartenenti all’epoca greca e romana. – Il numero delle monete darebbero luogo alla formazione di un importante medagliere. – bisogna interessare l’on. Lacava.
3 Il dottor Francesco Jula, Sindaco di Salandra, possiede diversi vasi e monete di argento e bronzo.
4 Monsignore Durante, Vescovo di costà, tiene nella biblioteca del Seminario degli oggetti antichi.
5 Il compianto comm. Michele Lacava (unitamente alla mia cooperazione) per gli scavi che aveva praticati nel sito dell’antica città di Metaponto, e negli altri luoghi della Provincia, gli oggetti usciti in luce, aveva dato luogo alla formazione di una raccolta archeologica importantissima. La raccolta in parola, per ordine del Ministero della P.I. da Metaponto, fu annessa al Museo Nazionale di Napoli. Gli oggetti predetti non sono piazzati ancora, ma si trovano giacenti nelle casse, come quando furono imballati a Metaponto.
Per la detta raccolta bisogna interessare il Ministro Gianturco, onde disponga il ritorno di detti oggetti, come ancora interessarlo per fare assegnare una guardia di antichità alla custodia del nuovo Museo, nonché un sussidio, come spetta ai Musei Provinciali.
Basterebbero queste sole raccolte per formare un Museo importantissimo. Le altre persone s’interesseranno dopo che si avrà il risultato delle adesioni.
La Deputazione Provinciale deve assegnare il locale non appena si sarà conosciuto in numero degli oggetti. Il locale deve non solo contenere gli oggetti donati, ma anche quelli che potrebbero venire dagli scavi. La Deputazione oltre a dare il locale dovrebbe assegnare una somma annua, la quale servirebbe ad eseguire gli scavi o all’acquisto di qualche oggetto. Solo così in pochi anni si avrebbe un Museo di primo ordine che potrebbe gareggiare con i musei delle altre province.
Forte della risposta del Regio Ispettore Di Cicco, il Prefetto di Potenza, in data 28 febbraio, scriveva al Sottoprefetto di Matera, all’on. Lacava e a Mons. Durante, invitandoli a porre in atto ogni intervento, per convincere i possessori dei preziosi reperti riconosciuti a dare il proprio assenso ed il fattivo contributo a tale operazione, facendo presente che era:
intenzione di parecchie egregie persone di questo Capoluogo di formare un Museo Archeologico Lucano, pel quale l’On. Deputazione Prov.le anche sarebbe disposta a assegnare un locale apposito, prego le S.V. di voler richiedere, i sig.ri Domenico cav. Ridola, costà dimorante, e Domenico dr. Jula, Sindaco di Salandra, degli oggetti che essi possiedono. S’intende che, pur cedendoli al Museo, ne conserverebbero la proprietà. Per norma, Le significo che il prof. Ridola possiede una importante raccolta di oggetti preistorici, interessantissimi per lo studio della paleoetnografia lucana, e che il dr. Jula ha vasi e monete d’argento e di bronzo dell’epoca greco-romana. Aggiungo che già il prof. Di Cicco ispettore di Scavi e Monumenti dimorante a San Mauro Forte, ha promesso di ceder la sua raccolta ove le altre persone che possedevano cimeli ed oggetti importanti per l’archeologia della regione siano pronti a fare altrettanto.
In caso di adesione all’invito, Ella vorrà pregare i sigg.ri Jula e Ridola di rimettere un elenco degl’oggetti che sarebbero disposti a cedere”.
Con disciplina e discrezione il solerte Sottoprefetto di Matera rispondeva alla sollecitazione del suo diretto superiore di Potenza con il rapporto informativo che segue, datato 22 aprile 1897 e avente per oggetto:
Proposta per l’istituzione di un museo archeologico in Potenza.
“In adempimento all’invito fattomi colla nota a margine segnata, ho interessato i signori Domenico cav. Ridola, e Francesco dr. Jula Sindaco di Salandra a dichiarare se sono disposti a consegnare all’istituendo museo archeologico di codesta Città, tutti o parte degli oggetti delle loro collezioni. Ora il sig. cav. Ridola riferisce testualmente quanto segue: “Rispondo con ritardo alla sua nota relativa all’istituzione di un Museo Archeologico in Potenza e Le dichiaro che pur essendo disposto a concorrere con qualcuno dei miei oggetti di antichità alla detta istituzione, non posso in alcun modo promettere di cedere al futuro Museo tutta la mia ricca collezione sia perché fu da me qui istituito un Museo Civico, sia perché le mie raccolte mirano ad illustrare questa regione materana.
Il Sindaco di Salandra invece ha completamente aderito all’invito colle seguenti testuali dichiarazioni: “Ammiratore, come sono, delle intenzioni espresse da egregie persone d’istituzione in Potenza di un Museo Archeologico Lucano, non posso né debbo rifiutare lo invito fattomi dall’Ill.mo Sig. Prefetto. Sono pronto a depositare, ad ogni richiesta gli oggetti che ho, e di attivarmi per sapere se qualche mio amministrato ne avesse pure; posteriormente farò pervenire richiesto elenco”.
Sappiamo com’è poi finita. Potenza ha giustamente il suo Museo frutto, almeno per la sua fase di avvio, del conferimento coatto di ‘donazioni’ di privati appartenenti alle differenti zone dell’allora Provincia di Basilicata. E quei territori, di conseguenza, subirono una inconsapevole spoliazione.
Matera allora (ma forse ancora oggi) inerte e ignara a fronte delle proprie potenzialità, si sottrasse, però, a questa iniziativa per l’orgoglioso rifiuto di Ridola, che difese a spada tratta il suo Museo per la Città dei Sassi; fu un’azione accorta e lungimirante, perché se il materiale, passionalmente e competentemente raccolto in tante campagne di scavi nell’agro materano, fosse stato consegnato al Museo di Potenza sarebbe probabilmente andato distrutto nel terribile incendio che devastò la struttura museale poco tempo dopo la sua attivazione.
Nel frattempo, però, il Civico Museo di Matera assurse al rango di Museo Nazionale intestato a Domenico Ridola, medico fisico, senatore e archeologo.
Quel malaugurato incidente fu come una anticipatrice maledizione di Indiana Jones alla ricerca del Santo Graal che colpì la manìa di grandezza di una classe politica e burocratica dedita, in qualche circostanza, ad una cieca emulazione di altri capoluoghi, trascurando e non manifestando rispetto nei confronti delle identità locali. Erano quelle le principali e indiscutibili depositarie delle plurisecolari testimonianze che avevano puntellato nel corso di una storia millenaria la presenza dell’uomo in quei luoghi. Se la cultura deve essere un volano di promozione sociale e di investimenti economici del territorio e dei suoi abitanti, ciò può avvenire garantendo – e non travalicando – le giuste aspettative di molti. Sarebbe un meritevole segnale di maturità evitare indecorose trasmigrazioni di beni e strutture sorte e radicate in aree diverse della nostra regione all’unico ed effimero scopo di qualificare un centro difeso e sorvegliato dalla preminenza politica e amministrativa. La storia non si può inventare o costruire soltanto con operazioni di facciata.
GIANNI MARAGNO
bella scheda!