“Lavorare su una catena di montaggio, in notturno, su un altoforno, su un piano di colata a temperature altissime mette a dura prova il fisico di un lavoratore, come accade ad esempio nello stabilimento siderurgico potentino, pertanto è inconcepibile che tali attività possano essere valutate alla stregua di un’attività professionale o impiegatizia”. Lo scrive la segreteria della Uilm in una lettera appello inviata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al presidente del Consiglio Matteo Renzi ponendo l’attenzione sul “problema dell’allungamento della età pensionabile per i lavoratori soggetti ad attività usuranti, poiché‚ è inaccettabile – si osserva la scelta dello stesso governo di tardare ulteriormente il diritto per tali soggetti”. Chi conosce “lo stress spiega la Uilm del lavoro dell’industria, chi ha respirato per anni l’aria di un’azienda siderurgica, chi porta il pane a casa lavorando su impianti del genere, sa benissimo che quaranta anni di lavoro sono un peso che usura e logora la persona, per queste ragioni allungare la permanenza in fabbrica risulta essere una misura iniqua e socialmente insostenibile”. Secondo il sindacato dei metalmeccanici “non è più rinviabile la discussione di ‘una unica flessibilità possibile’, ovvero un trattamento differenziato tra le diverse categorie di lavoratori. Chiediamo di riflettere sulla necessità di riconoscere, a chi ha svolto determinate attività lavorative, il giusto trattamento, proprio in ragione della fatica di una vita”. La Uilm si “batterà continua la nota con tutte le iniziative possibili perché‚ sia ripristinato almeno il regime pensionistico precedente alla riforma Monti” e “avvierà un petizione a sostegno di quello che ritiene un sacrosanto riconoscimento alla fatica dell’industria”. “Non possiamo difendere solo le pensioni retributive, che cesseranno nel 2020 e non pensare – conclude la Uilm – alle pensioni, assai più povere col sistema contributivo e ingiuste per i lavori usuranti come per tutte le categorie di lavoratori in mobilità che rischiano di vivere con la famiglia in condizioni di povertà”.