Sono gli “italian young del vino”, ovvero un piccolo esercito di 24.500 giovani imprenditori, di cui circa 3.600 con cantina propria, decisi a giocare ogni carta per puntare verso nuovi mercati. E’ il profilo presentato al Vinitaly da “Nomisma Wine monitor” e Agia-Cia, un’analisi sugli scenari attuali e futuri del mercato del vino. Giovani produttori di vino, dunque, le cui aziende crescono in proporzione il doppio delle aziende “senior” con la metà del credito, usano la rete e i social media per promuovere le loro bottiglie dentro e fuori i confini nazionali e studiano marketing. Ma che sono ancora pochi e scontano la scarsa visibilità sulle vetrine promozionali più rilevanti per il settore.
Tra l’altro questi nuovi produttori di vino sono necessari per favorire quell’auspicabile ricambio generazionale che nel nostro Paese stenta a decollare, e che segna il passo anche in Europa dove solo il 7,5 per cento dei produttori ha meno di 35 anni. Quindi, nonostante oggi l’Italia vanti primati da record nel comparto (è il secondo paese produttore e il primo paese esportatore in volume al mondo) e conta circa 450 mila aziende, di cui 384 mila con vite e 63 mila vinificatrici, solo il 3-4 per cento dei titolari d’impresa ha un’età inferiore ai 40 anni.
Eppure nell’immaginario collettivo, l’agricoltura non sembrerebbe più un settore “vecchio”, infatti cresce l’interesse dei giovani per il mondo agricolo e per “la cultura del mangiare e del bere”, come dimostra “l’esplosione” di iscrizioni alle Facoltà di Agraria e la preferenza per corsi che formano al ‘vino’. Dall’inizio della crisi, infatti, c’è stato un picco di immatricolazioni ad Agraria (40%) a fronte di una flessione generalizzata delle iscrizioni all’Università (-12% in cinque anni) e oggi in Italia ci sono oltre 20 corsi di laurea, 449 corsi post-laurea e ben 5 mila corsi di specializzazione. Hanno tra i 25 e i 36 anni e posseggono un’istruzione medio-alta (75% diplomati e 15% laureati); parlano inglese e oltre il 90% ha un’ottima conoscenza del web: in otto casi su dieci si connettono quotidianamente a Internet, mentre in 5 casi su dieci usano la rete per promuovere i propri prodotti, in questo modo raggiungono più facilmente i consumatori, ampliando la propria clientela: ecco l’identikit dei giovani produttori del vino. Ma non solo: soprattutto con i social media, che consentono un rapporto estremamente diretto con il pubblico, possono condurre indagini di mercato per comprendere e anticipare i gusti e le esigenze dei compratori, orientando la propria offerta. Il 60% ha rilevato l’impresa di famiglia e più della metà svolge attività multifunzionali (es. degustazioni in azienda). Per il futuro, il 52% dei giovani produttori spera di espandere la sua attività e il 78% vuole ampliare i suoi canali commerciali (vendita diretta, e-commerce, etc.).
Per AGIA Basilicata era presente Gabriele Avigliano (componente Direttivo Regionale e GIunta Nazionale AGIA), che ha ribadito l’importanza di comunicare l’Italian Style e creare una rete di esperti internazionali capaci di comprendere la nostra ricchezza enologica. Il giovane dirigente CIA, inoltre, ha sottolineato anche l’importante partecipazione allo stand regionale della Basilicata enologica alla 49° edizione del Vinitaly. Dove erano presenti le aziende: Az. Alovini di Genzano di Lucania, Bonifacio Francesco di Venosa, Cantina del Vulture di Rionero in Vulture, Carbone Vini di Melfi, Casa Maschito srl di Masch ito, Soc. Agr. Colli Cerentino di Rionero in Vulture, Consorzio Viticoltori di Barile, Eleano snc di Ripacandida , Az. Agricola Eubea di Ripacandida, Agriturismo Parco Verde di Grumento, Fucci Elena di Barile, La Mela del Vulture srl di Rionero in Vulture, Laluce Michele di Ginestra, Madonna delle Grazie di Venosa, Ofanto Vini srl di Rionero in Vulture, Azienda Agricola d’Angelo di Ruppi Filomena di Rionero in Vulture, Tenuta Le Querce di Barile, Terra degli Svevi di Venosa, Terra dei Re di Rionero in Vulture, Vigneti del Vulture di Acerenza, Consorzio di Tutela Matera Doc, Consorzio Terre Alta Val D’Agri, Cantine del Notaio di Rionero in Vulture, Az. Paternoster di Barile, D’Angelo di Rionero in Vulture, Martino di Rionero in Vulture, Cantine di Venosa, Vulcano e Vini di Lavello.
Il Presidente Regionale AGIA Rudy Marranchelli fa notare come “a un passo dal mezzo secolo di Vinitaly, le cantine italiane fanno i conti con il grado di digitalizzazione del mercato enologico. Vinitaly International, leggevo su il Sole24ore, ha archiviato la seconda edizione di H-Ack wine, la 24 ore di creatività creatività organizzata in tandem con l’incubatore di startup H-Farm. Il vino che espolra la rete e guarda anche campagne di marketing potenziate a costo zero su Facebook, Twitter o Istangram. La Basilicata – continua Marranchelli, componente del GDC -Qualità e Promozione dell’Unione Europea – conta solo 4 Doc (Aglianico del Vulture Doc, Terra dell’Alta Val D’Agri Doc, Grottino di Roccanova Doc e Matera Doc) e 1 Docg (Aglianico del Vulture Superiore Docg), tuttavia offre spunti interessanti sia dal punto di vista dei vitigni locali che della qualità dei vini prodotti”