“Il territorio come destino”, un documento di sintesi del ciclo di iniziative che la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori ha portato avanti nell’ultimo anno quale contributo degli agricoltori italiani alla “Carta di Milano”, il manifesto programmatico che rappresenterà l’eredità “morale” di Expo 2015, prende le mosse ed ha un’eredità storica nella “Carta di Matera” che la Cia ha lanciato a Matera in occasione della Festa Nazionale dell’Agricoltura 2010.
E’ quanto sottolinea “con orgoglio” una nota della Cia lucana.
Nel nuovo documento “di idee” per la costruzione di un modello economico, sociale e produttivo sostenibile, come nell’intuizione avuta con la “Carta di Matera” insistiamo che di fronte alle sfide del futuro, risulta determinante il valore multifunzionale del settore agricolo, che innesca processi sempre più integrati con l’ambiente, il turismo, la cultura, il welfare. Usare meno risorse per produrre di più con il supporto di ricerca e innovazione; accostare alle filiere dei grandi numeri reti “a maglie strette” adattate ai territori; rovesciare il rapporto città-campagna assumendo una dimensione “multi-ideale”.
Con la Carta di Matera – è scritto nella nota – abbiamo voluto dare attuazione ad un vero e proprio “patto con la società” dell’agricoltura italiana, che abbia a riferimento le funzioni produttive, di tutela ambientale e salutistica che il settore agricolo svolge, e che trovi adeguata declinazione nelle sensibilità, nei poteri e nella operatività delle Amministrazioni locali, a partire dalla convinzione di una comune azione di contrasto alla criminalità organizzata e a favore della legalità”. Un altro importante punto della Carta riguarda la salvaguardia del terreno agricolo: “L’erosione della superficie agricola utilizzata è costante ed irreversibile e non può suscitare allarme e preoccupazione. Occorre porre un freno ad un uso dissennato e confuso del suolo agrario soprattutto determinato dalle azioni non programmate delle opere di urbanizzazione, in particolare per centri commerciali e capannoni industriali. Occorre preservare l’agricoltura, il peculiare ed inconfondibile paesaggio agrario, oggi più che mai identificato con il bene ambientale di tutto il Paese”. Al terzo punto della Carta di Matera “la diffusione dei servizi per le aziende ed i territori rurali: semplificazione dei rapporti con le amministrazioni locali”. In particolare “è indispensabile favorire un equilibrato sviluppo delle aree rurali: welfare locale, servizi civili e sanitari, infrastrutture di comunicazione informatica e per la mobilità delle merci e delle persone. Necessario, inoltre, il rafforzamento della macchina amministrativa per migliorare i servizi a fronte di una più equa e sostenibile gestione dei tributi. Le imprese agricole richiedono alla Pubblica amministrazione efficienza di funzionamento e speditezza di relazione a tutti i livelli”. Infine, “La valorizzazione del rapporto cibo e territorio” tema centrale di Expo 2015.
“Quel che è venuto fuori – afferma il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino – è che, rispetto alle nuove sfide che si prospettano, ancora una volta si rivela determinante il valore multifunzionale dell’agricoltura che “oltre ad assicurare la produzione di alimenti, svolge un ruolo cruciale nella produzione di beni di pubblica utilità, come l’affermazione e la salvaguardia della qualità dei paesaggi, il mantenimento della biodiversità, la stabilità del clima e la capacità di mitigare disastri naturali quali inondazioni, siccità e incendi”. Ma soprattutto “la sfida enorme che si pone di fronte all’umanità e che soprattutto gli agricoltori del pianeta dovranno contribuire a vincere è quella di usare meno risorse, per produrre di più, garantendo la sicurezza alimentare mondiale” e in questa sfida “sarà imprescindibile il ruolo dell’innovazione e della ricerca per contrastare e gestire i cambiamenti climatici, per utilizzare tecniche produttive più sostenibili, diminuendo l’impatto delle proprie attività, preservando la qualità e la fertilità del suolo per le future generazioni e utilizzando al meglio le acque” e anche “per approfondire meglio (scientificamente ed eticamente) le conseguenze del ricorso alle modificazioni genetiche”.
L’agricoltura non insegna solo questo: “L’Italia, con il suo diversificato territorio, le sue mille storie e culture, sfata sul piano produttivo l’idea che l’agricoltura legata alle filiere dei grandi numeri sia più produttiva di quella delle maglie strette. Infatti essa o è estensiva (modelli nord americani) con basse rese e grandi superfici o intensiva, con forti input chimico ed energetici (modelli europei sempre più insostenibili). Ma soprattutto le filiere dei grandi numeri, basati su modelli standardizzati che non sanno adattarsi ai territori -si legge nel documento della Cia- spesso creano marginalità e abbandono”. E’ chiaro, quindi, che “sempre di più, tutte le comunità dovranno presidiare con grande attenzione i propri equilibri attraverso filiere e reti ‘a maglie strette’ in cui l’afflusso delle grandi derrate alimentari e la presenza dei grandi mercati sia integrato con produzioni (alimentari e non) coerenti con la vocazione, l’identità e la gestione organizzata del territorio, la possibilità di usufruire dei suoi paesaggi, della sua storia, delle sue strade, delle sue attrazioni, delle sue energie”.
E ancora, di fronte alla sfida del cambiamento, “l’agricoltura deve rovesciare il tradizionale e (non più) subalterno rapporto città-campagna”, sottolinea il documento confederale, assumendo una “dimensione multideale in cui, al di là dei prodotti alimentari e dei servizi materiali e immateriali, si afferma la centralità e il contributo dei valori per costruire un diverso modello di sviluppo, di società, di relazione tra i cittadini che pone al centro di ogni proposta l’uomo e il suo territorio. Essa, cioè, si fa carico delle più ampie problematiche della contemporaneità, riorganizzando la capacità di produrre in modo sostenibile, di assicurare equamente il cibo ridandogli valore e affermandolo come diritto, contribuendo attivamente all’educazione alimentare quale presupposto per contrastare le diverse forme di spreco alimentare, di gestire capillarmente le risorse naturali, di impostare un nuovo welfare”.