La gran parte delle strutture private accreditate versa in agonia terminale, la forte sperequazione territoriale nell’assegnazione delle risorse, la disuguaglianza della remunerazione tariffaria, il Decreto Balduzzi che si schianta principalmente sui laboratori d’analisi e perfino l’ultima legge di stabilità regionale rischiano di essere una mistura fatale. Ma vi è ancora un barlume di speranza, anzi, l’ultima legge di stabilità regionale potrebbe trasformarsi da nuovo taglio di risorse finanziarie a vero e proprio cambio di paradigma, un’occasione per salvare il servizio pubblico e porlo in equilibrio.
In questi giorni la Giunta Regionale è chiamata a dare compiuta attuazione a quanto stabilito dal Consiglio regionale all’art. 12 dell’ultima legge di stabilità. Con l’art. 12 infatti si è voluto porre in essere da un lato un limite di spesa invalicabile per il comparto della sanità privata accreditata, e dall’altro, delegando la Giunta alla definizione di indirizzi per i direttori generali delle AASSLL, si è voluta dichiarare la necessità di una revisione sistemica nell’assegnazione delle limitate risorse disponibili all’interno di un comparto che si compone di tre macro aree: riabilitazione, specialistica ambulatoriale e ospedalità.
Dalle audizioni fin qui svolte dalla nostra associazione nella IV commissione consiliare e con i capigruppo, è emerso chiaramente come vi sia la necessità di adottare rapidamente alcuni criteri e che questi siano di vitale importanza per il funzionamento di un sistema pubblico che deve essere pronto ad evolversi e a cambiare se vuole sostituire i tagli di spesa con il valore derivante da una sana competizione tra le strutture e dalla libera scelta dei cittadini.
L’attuale modo di assegnazione dei “tetti” (n. di prestazioni x tariffe) che le AASSL operano verso le strutture accreditate private, non segue alcun criterio di interesse pubblico; non si è mai tenuto conto del bacino demografico in cui è situata la struttura, non si è mai tenuto conto delle sue caratteristiche organizzative, nè di quelle strutturali o professionali, non risponde ad alcuna strategia sanitaria di interesse collettivo e non garantisce nemmeno la basilare norma dell’uguaglianza delle tariffe, anzi, in caso di superamento del “tetto”, alle strutture a cui sono assegnate risorse minori è inflitta una riduzione tariffaria di gran lunga superiore di quella praticata alle strutture che godono di “tetti” più elevati.
I “tetti” attuali sono assegnati sulla base di uno “storico” che in altri termini consolida le situazioni privilegiate. Sono quindi la causa per cui si realizza la disuguaglianza delle tariffe in caso di superamento e, al tempo stesso, costituiscono il presupposto per negare, contemporaneamente, la sana competizione tra le strutture e il diritto di libera scelta del cittadino/utente.
É evidente che perchè il sistema risponda in modo efficiente è anche necessario che i “tetti” siano definiti in diretta corrispondenza dei fabbisogni di prestazioni. Attualmente non è così. Persiste una situazione in cui i fabbisogni sono congegnati in modo strumentale con il criterio della “storicizzazione”, in diretta contraddizione con il principio dell’equità di accesso e, in altri casi, i fabbisogni non vengono affatto considerati quando addirittura non sono nemmeno censiti.
In questi giorni quindi è in gioco la reale possibilità di definire nuovi indirizzi in un’ottica sistemica ed equilibrata, così da far percepire come coerente il Servizio Sanitario Pubblico ai cittadini e alle imprese che vi lavorano.
La giunta regionale ha perciò l’opportunità di “rivoluzionare” un sistema ormai anchilosato e drammaticamente destinato a chiusure, licenziamenti e aumento delle liste di attesa, sostituendolo con nuova linfa e speranza. Al pari il Consiglio regionale che pure ha dimostrato, con i lavori della IV commissione, una reale ed efficace capacità di approfondimento del problema, potrebbe essere determinante al fine di convertire gli elementi negativi che ostacolano l’evoluzione e la modernizzazione in ragioni di riforma e di giustizia.
Appare così, in tutta evidenza per noi, la necessità di spingere, caldeggiare e sostenere le nostre istituzioni affinchè incontrino la certezza di un azione determinata e coraggiosa per tentare una scelta che ormai aspetta da troppo tempo di essere fatta.
I nodi che una volta sciolti apriranno ad una nuova fase di operosità sono già noti: eguaglianza delle tariffe, misure di contrasto alle liste di attesa ed alla mobilità passiva, equità di accesso territoriale, incentivi per la riconversione e la cooperazione principalmente per i laboratori di analisi, integrazione pubblico-privato, controlli sull’appropriatezza, implementazione di nuove e più moderne prestazioni ambulatoriali.
Il nostro appello è semplice quanto drammatico: si faccia oggi quello che è necessario per poter continuare a sperare in un domani.