Un’interrogazione al Ministro dello Sviluppo Economico è stata presentata dall’on. Cosimo Latronico (FI) per avere informazioni sui progetti di “chimica verde” in Basilicata. Latronico, nell’interrogazione ricorda che “nell’aprile del 2013 l’allora governatore De Filippo, aveva chiesto alle compagnie petrolifere operanti sul territorio della regione Basilicata, di ‘mettersi su una linea di rispetto nei confronti della Regione’ richiedendo l’avvio di iniziative un dossier per portare la “chimica verde” lavoro nell’area petrolifera sui 2.533 lavoratori totali”. “Negli ultimi tempi – scrive il parlamentare lucano – abbiamo visto la stessa ‘chimica verde’ prendere forma altrove: nel 2014 in Sardegna, a Porto Torres e poi a Gela, in Sicilia, dove sempre l’estate scorsa, dopo l’annuncio del ridimensionamento del petrolchimico, lavoratori e istituzioni alzarono le barricate fino ad ottenere la riconversione dello stabilimento in ‘ raffineria verde’ In Basilicata, invece, si apprende che 70 dipendenti Eni di Gela sono ‘in trasferta’ a Viggiano per un periodo di formazione; ma pare se ne attendano molti di più – forse addirittura 250, con il rischio che la trasferta divenga trasferimento; l’ENI quindi parrebbe intenzionata a ridurre il personale di Gela, portandolo in Basilicata”. Latronico ricorda poi che “ il 15 aprile c’è stato un duro confronto tra l’Eni e i sindaci della Val d’Agri, che hanno ricordato all’ente, come per la Sata di Melfi fu raggiunto un accordo Fiat, Regione e parti sociali che riservò l’80% delle assunzioni ai lucani. Un accordo che oggi, senza che ci sia stata nessuna interlocuzione, è stato replicato autonomamente dalla Fca di Marchionne: degli attuali 1.550 nuovi assunti, l’80% (secondo fonti sindacali) è costituito da lucani”. Alla luce di tutto ciò il deputato lucano chiede al Ministro “ quali informazioni può fornire sul dossier ‘chimica verde’ in Basilicata e se non ritenga opportuno intervenire nei confronti delle società petrolifere impegnate sul territorio, in favore del lavoro dei lucani in Basilicata, considerato che l’occupazione dei lucani nel settore degli idrocarburi, deve considerarsi anche una misura di compensazione per i danni ambientali provocati dalle estrazioni petrolifere”.