Giuseppe Potenza, presidente Comitato Nazionale iscritti DC 1992-93 commenta la dichiarazione di Papa Francesco sull’impegno dei cattolici in politica. Di seguito la nota integrale.
L’affermazione di Papa Francesco: “Fare politica è importante, la piccola politica e la grande politica, ma non serve un partito dei cattolici” si presta a numerose considerazioni. Mi sia consentito farne alcune, ovviamente sintetiche e parziali, in rappresentanza del Comitato nazionale degli iscritti alla DC 1992-93 che, come è noto, si è posto il preciso obiettivo di riorganizzare il Partito, eleggendo gli organi nazionali, regionali, provinciali e locali, applicando fedelmente lo Statuto della D.C. E – lo ricordo – siamo sempre impegnati a sostenere l’esposto presentato al Tribunale di Potenza per tutelare l’interesse pubblico sia nell’esercizio del diritto permanente di partecipazione (art. 49 Costituzione), sia la salvaguardia dei diritti ideali, politici, patrimoniali, degli associati al partito (art. 36 c.c.) che si sono visti privati illegittimamente delle loro prerogative. Nessuna “contraddizione”, intanto perchè – è bene evidenziarlo – il Papa dice: “Io cattolico guardo dal balcone? Non si può guardare dal balcone! Immischiati lì! Dà il meglio: se il Signore ti chiama a quella vocazione, va lì, fai politica: ti farà soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te”.
In proposito, il quotidiano Avvenire, pubblicando il discorso del Papa preparato e non letto, ci aiuta ulteriormente ad interpretare il pensiero del Pontefice. Di fronte alla cultura della illegalità, della corruzione e dello scontro, Papa Bergoglio sottolinea la “missione” del cattolico impegnato in politica chiamato a dedicarsi al bene comune, anche mediante quel servizio alle gente che si identifica nella politica. Essa, come affermava il beato Paolo VI, «è la forma più alta ed esigente della carità». Se i cristiani si disimpegnassero dall’impegno diretto nella politica, sarebbe tradire la missione dei fedeli laici, chiamati ad essere sale e luce nel mondo anche attraverso questa modalità di presenza. E cita alcuni esempi: De Gasperi, Schumann, che ha la causa di beatificazione al punto che “si può diventare santo facendo politica”.
Dunque il processo di nuovo protagonismo dei cattolici in politica trova un nuovo forte stimolo e diventa sempre più indispensabile per i cattolici individuare il contenitore della buona politica. Più che un atteggiamento, un cattolico con responsabilità nelle istituzioni deve spendersi per un progetto di vita. E’ tornato il tempo in cui i cattolici hanno l’obbligo morale di uscire dalle sacrestie e invadere il mondo seminando testimonianze di vita verace. E’ giunto il tempo in cui tutelare gli interessi di tutti e gestire la cosa pubblica con onestà e trasparenza deve essere sinonimo di preghiera. Una preghiera fatta non solo di parole sia pure belle, ma di gesti concreti perchè la politica ritorni servizio delle nostre comunità. E’ questa la molla che ci spinge a proseguire il nostro titanico impegno certi che nella vicenda della rappresentanza politica e giuridica della Democrazia Cristiana che si trascina da troppi anni siamo finalmente ad una svolta: solo gli ultimi iscritti alla Democrazia Cristiana nel periodo 1992-1993 hanno il diritto di riprendere l’attività politica del partito, interrotta improvvisamente per l’“abbandono“, sia dei rappresentanti degli organi dirigenziali nazionali, che dei parlamentari di Camera e Senato.
Fare politica è “martiriale”: è il messaggio di Papa Bergoglio, davvero un lavoro martiriale, perché bisogna andare tutto il giorno con quell’ideale, tutti i giorni, con quell’ideale di costruire il bene comune. E anche portare la croce di tanti fallimenti, e anche portare la croce di tanti peccati. Perché, nel mondo è difficile fare il bene in mezzo alla società senza sporcarsi un poco le mani o il cuore ma non per questo si deve rinunciare a lottare per una società più giusta e solidale.