“I ritardi dell’e-gov non contribuiscono a migliorare la situazione delle imprese italiane che pagano a caro prezzo le complicazioni della burocrazia italiana: 30.980 milioni l’anno. Soltanto per le 578.947 imprese guidate da giovani si tratta di un costo annuo pari a 2.588 milioni di euro”. Sono i risultati di un rapporto di Confartigianato presentato all’Assemblea dei Giovani Imprenditori di Confartigianato, dal titolo “DNA – Digital Network Artigiano”, con la presenza della delegazione di giovani e dirigenti lucani di Confartigianato.
In dettaglio per dare un’idea della burocrazia e del fisco opprimenti per ogni piccola e media impresa che opera da noi : quattro chili e rotti di “carte”; 158 giorni di lavoro per onorare le tasse, i tributi, i contributi e le imposte previste dal fisco.
Qualche esempio. Per ottenere l’autorizzazione per installare una tenda esterna ad un laboratorio artigiano in centro storico occorrono: autorizzazione comunale (Scia), Pos, documento valutazione dei rischi e relativi allegati tra cui in alcuni casi anche accertamento compatibilità paesaggistica, autorizzazione paesaggistica… per un totale di 1,42 chili di documentazione da presentare su carta e su supporto magnetico. Costo per prestazioni professionali circa 1.000 euro.
Per una pratica di sportello unico per inizio attività di fabbro ci si scontra invece con una realtà se possibile peggiore: relazione tecnica sul ciclo produttivo, relazione impatto acustico previsionale e definitivo, autorizzazione emissioni in atmosfera, autorizzazione agli scarichi, valutazione dei rischi… il tutto in duplice copia per un totale di 1,95 chili di carta e costi professionali per circa 5.000 euro.
E se il fabbro volesse assumere un apprendista? Bisogna aggiungere altri 2.500 euro relativi ai seguenti ulteriori adempimenti: corso da responsabile della sicurezza di 48 ore; corso per primo soccorso da 16 ore; corso antincendio da 8 ore; corso da tutor da 16 ore; predisposizione di un Documento per la valutazione rischi che deve contenere: fonometria fatta da un tecnico, esame vibrazioni fatto da un tecnico, analisi sostanze chimiche e polveri presenti nell’ambiente di lavoro fatta da un tecnico, altri adempimenti che possono variare a seconda delle attrezzature utilizzate e delle lavorazioni effettuate nel laboratorio; predisposizione del Piano operativo della sicurezza per ogni cantiere in cui la ditta lavora; adempimenti per l’apprendista: corso sulla sicurezza da 16 ore; corso per apprendista da 120 ore da ripetere tutti gli anni; visite mediche periodiche.
Secondo il rapporto di Confartigianato, i servizi on line della Pa sono utilizzati dall’85% delle imprese, una quota inferiore di 3 punti rispetto alla media Europa. Ma il divario con l’Europa aumenta per alcune tipologie di servizi: per le dichiarazioni Iva e contributi in via elettronica gli imprenditori italiani sono il 33% in meno rispetto alla media dell’Ue a 28. L’invio telematico di moduli compilati vede le imprese italiane distanti di 16 punti percentuali dal resto d’Europa. Quanto poi a scaricare moduli dai siti della Pa e offrire beni e servizi il gap con l’Europa è di 4 punti percentuali. Anche i giovani, nonostante la loro maggiore propensione all’utilizzo della Rete, frequentano poco gli uffici pubblici on line. Gli under 35 che ottengono informazioni dai siti web della Pa sono il 24,3% dei giovani internauti, quelli che scaricano moduli della Pa sono il 21,1% e si scende drasticamente al 14,1% per i giovani che effettuano pratiche complete come spedire alla Pa moduli compilati.
Ridurre tempi e costi della burocrazia con i servizi pubblici on line – sottolinea Marco Nardin, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confartigianato – è ancora una chimera. Sono pochi e insoddisfatti gli italiani che usano la Rete per dialogare con la pubblica amministrazione: soltanto il 36% della popolazione utilizza Internet per interagire con lo Stato. Ci auguriamo che il Disegno di legge di riforma della Pa venga rapidamente approvato entro l’estate per poter imprimere una svolta anche sul fronte della cittadinanza digitale. Ma, probabilmente, all’origine del fallimento delle politiche di e-government c’è, soprattutto, un problema culturale e di linguaggio.
Lo Stato stesso – e il Fisco, prima di tutto – si pone nei confronti del cittadino e delle imprese in maniera conflittuale e criptica. C’è una diffusissima tendenza a nascondere le informazioni anziché a rilasciarle, a detenere in maniera quasi ossessiva lo scettro dei dati piuttosto che a rilasciarli ai cittadini. E poi, appunto, c’è l’incapacità dello Stato di dialogare.