Esiste un approccio differente, una cultura diversa per produrre e utilizzare le risorse del Pianeta. Questo è il concetto su cui si basa la sostenibilità in agricoltura e non solo. Un’agricoltura che è chiamata non soltanto a produrre alimenti per una popolazione in continuo aumento, ma anche a dare il suo contributo alla mitigazione dell’effetto serra, alla conservazione della biodiversità animale e vegetale, al miglioramento della fertilità dei suoli, all’ottimizzazione del ciclo dell’acqua e alla produzione di biomasse per la loro trasformazione in energia.
Sono questi alcuni degli “messaggi” lanciati oggi a Matera nel corso del convegno «Innovazioni per un’agricoltura sostenibile», durante il quale si è svolta anche una tavola rotonda con i referenti di diverse istituzioni e del settore privato, per discutere delle politiche europee e regionali a supporto dello sviluppo agricolo e della tutela ambientale.
«I decisori che gestiranno le risorse nei prossimi anni – ha detto il professor CristosXiloyannis del Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo (DiCEM) dell’Università della Basilicata – dovranno acquisire la consapevolezza che è necessario adottare un approccio diverso per produrre e utilizzare le risorse. Ciò che abbiamo fatto finora ha permesso di raggiungere elevate rese ad ettaro, ha massimizzato la produzione ottenibile dalla terra, ma ha determinato effetti negativi, ha inquinato e reso inerti i suoli. E’ mancata la cultura del riuso degli “scarti” del sistema, come i residui di potatura, le acque reflue e anche la frazione organica dei rifiuti urbani. Non c’è stata attenzione alla sostanza organica che è una risorsa fondamentale per la vita biologica nei suoli. Le discariche scoppiano e anche quando la raccolta differenziata si fa, frequentemente la parte organica si utilizza per la stratificazione delle colline di rifiuti».
Se il ripristino della fertilità è urgente, l’altra emergenza riguarda il ciclo dell’acqua. Di fronte alle sempre più frequenti manifestazioni del dissesto idrogeologico non si tiene mai in considerazione il ruolo dei suoli agricoli.
«L’agricoltura “semplificata” – ha aggiunto Xiloyannis – ha avuto come effetto la riduzione della capacità di immagazzinare acqua da parte del terreno agricolo. A fronte di eventi piovosi importanti ciò si traduce in più grandi quantità di acque di superficie che vanno a ingrossare fiumi e canali con conseguenze calamitose. Non solo. L’erosione dei suoli agricoli è un fenomeno di grande portata: sottrae terra all’agricoltura e in territori come la Basilicata, dove esistono molte dighe, i sedimenti di limo e argilla portati dalle acque riducono la capacità di invaso. Così è accaduto alla diga di San Giuliano che in 50 anni ha perso circa il 30% del volume di immagazzinamento di acqua».
Insomma siamo di fronte a una vera e propria emergenza che è necessario affrontare senza perdere altro tempo. Ma come?
«Ora è necessario e urgente investire in cultura e formazione – ha concluso Xiloyannis – trasferire le conoscenze e le tecnologie per formare una cultura diversa nel modo di produrre in agricoltura, perché l’innovazione è alla base della sostenibilità. Ci sono, peraltro, modi per valutare l’effetto positivo in termini di mitigazione dell’impatto ambientale che rendono possibile dare degli incentivi economici a quei produttori che adottano pratiche sostenibili».
Grazie alla sensibilità crescente dei consumatori sul rispetto dell’ambiente, i prodotti agricoli «sostenibili» sono sempre più richiesti. Questa spinta della domanda è un elemento propulsivo molto interessante che il mondo della produzione deve essere pronto a cogliere.
Per partire le esperienze da adottare su larga scala ci sono già: fin dagli anni 90 il Dipartimento Agricoltura della Regione Basilicata con il Gruppo di lavoro di frutticoltura/viticoltura dell’Università degli studi della Basilicata ha lavorato sulla gestione sostenibile del capitale naturale.
Oggi sono disponibili e messe al servizio degli imprenditori le indicazioni scaturite dai Progetti integrati di filiera (Pif) 2007-2013, condotti in stretta collaborazione con diverse OP della Basilicata, con Consorzi di tutela e con aziende private. Conoscenze scientifiche per caratterizzare e certificare i prodotti anche dal punto di vista ambientale (consumo idrico e impronta del carbonio), creando le basi per una ulteriore identificazione e qualificazione delle produzioni.