Sono poco più di 2milioni 258mila le ore complessive di cassa integrazione erogate in Basilicata nel primo quadrimestre dell’anno con una netta prevalenza della straordinaria (1milione 800 mila), seguita dall’ordinaria (408mila). Nella differenza territoriale la provincia di Matera con oltre 1milione 300mila ore precede quella di Potenza (935mila ore); i lavoratori coinvolti sono 3.322, di cui 2.715 per la straordinaria. E’ quanto rileva il terzo Rapporto Uil sulla cassa integrazione evidenziando un “netto miglioramento” nel raffronto con il primo quadrimestre 2014 sia in termini di ore complessive erogate (meno 67%) che di lavoratori coinvolti (meno 6.787 unità).
Il Centro Studi Sociali e del Lavoro Basilicata, in particolare, in una nota di Michelina Zampino e Giancarlo Vainieri evidenzia che “per agganciare realmente la ripresa è necessario che l’economia regionale metta a valore i ‘motori’ straordinari che la attraversano e deve farlo con maggiore strategia politica, di capacità programmatica e di vivacità ‘istituzionale’: è assolutamente significativo, almeno potenzialmente, l’impulso derivante dagli eventi connessi alla designazione di Matera a Capitale Europea della Cultura 2019. Ed è importante la ripresa del comparto automotive, con rilancio globale di FCA. L’avvio imminente del nuovo ciclo di spesa dei fondi strutturali 2014-2020, imperniato sulla filosofia della “smart specialisation”, deve contribuire a cambiare un modello di specializzazione produttiva oramai obsoleto, per esaltare le vocazioni di eccellenza della Regione nei settori a più alte prospettive di crescita (agroalimentare di qualità, turismo di nicchia, green economy, geodesia, chimica verde, ecc.).
Quindi, assieme alle tante difficoltà che hanno visibilmente alterato l’equilibrio preesistente occorre puntare ai comportamenti virtuosi messi in atto da quegli operatori privati (ma anche pubblici) che hanno saputo prendere consapevolezza della gravità della situazione, mettendo in atto azioni per fronteggiarla. Sono probabilmente questi alcuni dei soggetti su cui poggiare la futura ripresa del sistema in quanto già inoltrati in quello che alcuni economisti chiamano “sentiero di traversa”, quel sentiero cioè che dove consentirci di trovare una nuova “diritta via”. Evidentemente, però, serve una riorganizzazione complessiva del sistema governance. Che significa riorganizzazione della Regione e degli Enti locali, secondo un modello reticolare e cooperativo, ma anche un rilancio moderno, scevro dalle nostalgie del passato di un efficace meccanismo di concertazione sociale, che non sia una liturgia stanca, ma che consenta una effettiva cogestione e corresponsabilizzazione nei processi. Questo “immaginato” nuovo sistema di governance richiede un salto culturale da parte delle classi dirigenti intese in senso lato (quindi non solo quella politica) che può essere facilitato da una maggiore “accountability” delle decisioni prese nei confronti dell’opinione pubblica, valorizzando non una comunicazione finalizzata al consenso, ma alla diffusione di un metodo compartecipato e trasparente di analisi e valutazione delle scelte, sia ex-ante (per cui punteremmo con maggiore decisione all’introduzione di tecniche di analisi di impatto della regolamentazione e di valutazione dell’impatto occupazionale dei progetti di legge regionale in seno al Consiglio, come fasi necessarie di approvazione di un atto) sia in itinere che ex post.
Dobbiamo essere consapevoli – è il commento di Carmine Vaccaro, segretario della Uil – che le difficoltà del nostro Paese, come anche della nostra regione, richiedono uno spirito di “ricostruzione nazionale”, come se uscissimo da una guerra persa e distruttiva. Il tempo del conflitto sociale deve tendere verso il tempo della cogestione lavoro/capitale dei processi produttivi ed economici. Il ruolo di un sindacato che coopera per la gestione ottimale di una impresa, e per una redistribuzione dei profitti che premi l’apporto produttivo del lavoro, va al di là del si pur positivo passo fatto, da FCA, in direzione della compartecipazione dei lavoratori agli utili, e deve mirare più in alto, verso un nuovo assetto delle relazioni industriali, che veda il sindacato protagonista delle scelte aziendali e che in un quadro di regole minime comuni per tutti, e di tutela, consenta di negoziare le condizioni di lavoro al livello più specifico dell’azienda, della filiera e del territorio. E più in generale, dentro un nuovo modello di welfare, che, sia pur contraddittoriamente, faticosamente e con competenze inadeguate, si sta affacciando anche nella nostra Regione, fatto di presa in carico individualizzata e responsabilizzazione attiva dei soggetti. Il sindacato deve saper avere un ruolo, non solo propositivo e progettuale, ma anche di servizio, accompagnando la persona nella sua parabola esistenziale, soprattutto nelle fasi critiche (come il reperimento di una occupazione, dove il ruolo di “service” in fase di orientamento e collocamento di un sindacato presente capillarmente nei posti di lavoro potrebbe essere fondamentale).