Il progetto della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimmg), presentato questa mattina al sottosegretario alla Salute Vito De Filippo, sintetizzabile in cure a ‘chilometro zero’ , a differenza di altre regioni dove sarà avviata una prima fase sperimentale, da noi non potrà essere attuato sino a quando prevarrà l’atteggiamento di chiusura del Governo Regionale all’integrazione pubblico-privato. Il progetto infatti troverà gli stessi ostacoli che incontrano le strutture della sanità privata accredita che come i medici di famiglia perseguono l’obiettivo della continuità assistenziale e dell’abbattimento delle liste di attesa sino alla garanzia di equità di accesso alle prestazioni secondo il principio di sussidiarietà. E’ quanto sostiene una nota di Anisap Basilicata a firma del presidente Antonio Flovilla per il quale l’unico elemento di novità è rappresentato dall’apertura espressa dal sottosegretario De Filippo che si dichiara favorevole ad ogni iniziativa di medicina di prossimità portata avanti che – come riconosce l’esponente del Governo Renzi – produce un vantaggio non solo per il paziente ma anche per il Ssn oltre che in termini di risparmio anche in informazioni preziose alla tutela della salute. E’ da tempo – evidenzia Flovilla – che chiediamo di poter eseguire tutti i principali test per la diagnosi e il monitoraggio delle piu’ frequenti malattie croniche ma se l’atteggiamento della Regione persiste nello stabilire una soglia-prestazioni/anno in 200mila e nella fissazione di un tetto invalicabile come accade per i laboratori di analisi sarà impossibile svolgere il ruolo di presidio territoriale della salute che solo le nostre strutture ramificate sul territorio sono in grado di assicurare. Flovilla ricorda in proposito che da oltre 8 anni giace presso il Dipartimento Salute un progetto di rete laboratori integrata pubblico-privato che per la sua realizzazione richiederebbe una modifica della LR 28/2000 ed un adeguamento del Nomenclatore delle prestazioni e risponderebbe alle esigenze di efficientamento dell’offerta di laboratorio salvaguardando le singole realtà produttive ed i relativi livelli occupazionali oltre che la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni. La strada dell’integrazione tra pubblico e privato, pur in presenza di vincoli di spesa molto stringenti, come riconosce il Governo Renzi senza trovare sintonia con quello Regionale, appare – aggiunge – come una delle poche strade percorribili per rispettare il principio di garantire a tutti il diritto di cure appropriate in modo efficace, nel contempo alimentando un sistema, quello della white economy, che può rappresentare un driver per lo sviluppo e l’occupazione del sistema Paese. Si prenda ad esempio il “modello emiliano”: nonostante il giudizio sulla sanità pubblica in Emilia-Romagna sia positivo (per il 55% funziona bene contro il 41,7% della media italiana), il 78,2% di chi nell’ultimo anno è ricorso a cure mediche ha utilizzato la sanità privata in misura pressoché analoga a quanto succede nel resto d’Italia (77,5%). La principale ragione del ricorso al privato è individuata nelle lunghe liste d’attesa (74,4%), seguita dalla possibilità di scegliere il medico di fiducia (22,3%). È un’integrazione strisciante che va riportata nell’alveo di un’organizzazione, creando quella che noi chiamiamo white economy” . La Giunta Pittella – conclude Flovilla – farebbe bene a studiare il “modello emiliano”: il welfare va inteso non solo come strumento di protezione sociale, ma anche come leva per aiutare la crescita, l’occupazione e lo sviluppo di attività legate al benessere di tutti i cittadini. La qualità nell’offerta di servizi tuttavia, per mantenersi tale, avrà bisogno della partecipazione responsabile di tutti gli attori, sia pubblici che privati, attraverso la definizione di “standard” di gestione e fabbisogni correlati.