La musica di tradizione orale, da sempre, rappresenta uno snodo centrale e imprescindibile per la comprensione, tutela e valorizzazione della cultura del mondo contadino come per sostenerne l’identità e il rinnovamento. E’, peraltro, l’obiettivo centrale dell’Associazione Basilicata Rurale, promossa dalla Cia-Confederazione Italiana Agricoltori,. In questi giorni ricorrono le festività dedicate a Sant’Antonio e San Vito con numerose feste patronali nei nostri paesi e spettacoli di musica, cosiddetta etnica, inevitabilmente il pensiero corre alla spedizione compiuta, nel 1952, da Ernesto De Martino e Diego Carpitella, giovane etnomusicologo – destinato a divenire, in seguito, uno dei più importanti riferimenti degli studiosi del settore – utilizzando tecnici e attrezzature messe a disposizione dalla RAI.
Da almeno un secolo si erano raccolti testi di canti popolari, sulla base di un interesse letterario di matrice romantica, ma degli aspetti musicali, in assenza di registrazioni sonore, assai poco si sapeva. Resosi conto, nelle sue prime esperienze sul campo, del fatto che la musica caratterizzasse significativamente le culture del mondo agro-pastorale, De Martino volle affrontare una spedizione che per la prima volta si faceva carico di documentare sistematicamente, attraverso la registrazione, le espressioni musicali delle diverse comunità: quella campagna è considerata la data di nascita dell’etnomusicologia italiana, perché per la prima volta si effettuarono registrazioni sul campo secondo criteri organicamente unitari.
L’Associazione Basilicata Rurale ritiene utile continuare quel lavoro per approfondire, preservare e innovare – in modo giusto e corretto – radici e sonorità della musica popolare lucana. Principi e finalità che sono alla base dell’idea di lanciare un “progetto” da Tricarico, patria del maestro Antonio Infantino e dei Tarantolati. Tutto ciò anche per dissipare confusioni e nebbie di alcuni gruppi musicali che – senza cura e studio – dichiarano di richiamarsi alla rivoluzionaria e significativa esperienza nella musica italiana realizzata – quasi mezzo secolo fa – dal maestro Infantino. Essa ha coinvolto centinaia persone in italia e nel mondo sui temi trattati dal gruppo dei Tarantolati di Tricarico, ricercati nel patrimonio millenario di questa terra che fu sede della scuola orfico-pitagorica. Nella tradizione del tarantismo si ritrovavano le conoscenze cosmiche e i rituali appartenenti alla cultura millenaria dei popoli del mediterraneo. Una storie di riscoperta, che si traduce nei suoni e nei ritmi della taranta, antichi e modernissimi che furono alla base del lavoro di studioso e artista del maestro e guru Antonio Infantino, che negli anni ’60 faceva parte dei grandi nomi della musica popolare italiana, riuniti nello spettacolo “Ci ragiono e canto” da Dario Fo. I Tarantolati di Tricarico, fondati da Antonio Infantino, non furono un gruppo musicale qualsiasi ma un movimento culturale e musicale che, nel corso degli anni, ha portato sui palcoscenici e nelle piazze del mondo centinaia di musicisti – noti e meno noti, di tutte le età – a interpretare, rivivere, danzare il mondo interiore della taranta. il morso del ragno. Il ciclo della vita e della morte, la catarsi e la levitazione: ruotando e facendo esplodere, ritmicamente, freneticamente, suono, colore, armonia.