Michelle Obama cuoca per un giorno ha certamente contribuito più di ogni campagna televisiva alla diffusione della dieta mediterranea in alternativa al fast food, simbolo degli Usa e per i giovanissimi tendenza del mangiare, spingendo peraltro il successo dei prodotti e della ristorazione Made in Italy. Una forte azione di sensibilizzazione a mostrare più attenzione all’obesità con il messaggio semplicissimo “sorry, mangiate più verdure”. Ma i nostri ristoratori sono pronti a fare la propria parte?
“Noi ristoratori e operatori della ristorazione dobbiamo cominciare a pensare ad una “cucina in dieta” o a una “dieta in cucina”, mettendo al servizio dei nostri clienti le capacità e le conoscenze che abbiamo nel cucinare gli alimenti, nella loro conoscenza e lavorazione”: è la risposta dello chef Roberto Pontolillo – architetto di Potenza (Università Federico II Napoli) prestato alla ristorazione che in pochi mesi ha costruito un’identità del cibo come storia e cultura, memoria e gusto, concetto rituale e simbolo, incontro e integrazione – e che al risto-pub Black Pepper di Potenza ha lanciato “Light & Lady”, una selezione di piatti leggeri, vegetariani, ipocalorici ma gustosi, contrassegnata dal logo stilizzato di colore rosa di una donna.
Parliamo di dieta mediterranea e di buon cibo, ma a differenza delle intolleranze, l’obesità è una malattia subdola perché si nasconde dietro il concetto di piacere verso il cibo per cui è difficile dire a uno chef di pensare di fare qualche cosa per aiutare un obeso, perché magari andrebbe contro il suo concetto o la sua idea di piacere.
È importante capire invece che essere a dieta non vuol dire privarsi di andare al ristorante; ma essere a dieta vuol dire cercare uno stile di vita alimentare corretto, ed è su questo concetto che i ristoratori possono fare molto, perché, come insegna anche Masterchef, impiattare bene è fondamentale, con porzioni adeguate e prodotti alimentari genuini. E deve diventarlo anche per i bambini, come imparare a variare la propria dieta e assaggiare sapori che arrivano da tutto il mondo.
Ma siamo pronti, noi Italiani, abituati alla buona cucina, al ragù, al piatto abbondante di pasta con abbondante sugo, alla pizza, alla bistecca alla fiorentina, ad abbandonare le nostre abitudini? Noi, abituati da sempre, ad una tradizione culinaria genuina…siamo pronti alla svolta salutista?
E’ la scommessa che si può vincere se nei menù proposti al ristorante non mancano mai verdure, insalate, legumi, almeno due volte la settimana il pesce, in sintesi se a prevalere è la filosofia mediterranea a tavola. Un’alimentazione povera di colesterolo e ricca di fibre, vitamine e antiossidanti presenti principalmente in verdura e di grassi insaturi contenuti nell’olio di oliva, viene collegata da studi di popolazione a una ridotta incidenza anche della malattia di Alzheimer. Compito dello chef è poi quello di far amare le verdure con piatti rielaborati e gustosi sino ad abbracciare la “Neurogastronomia”: come il cervello crea il sapore, vale a dire il rapporto neurobiologia e gastronomia, come un piatto possa divenire buono, seducente, irresistibile, indimenticabile. Uno dei protagonisti è l’olfatto: mentre mangiamo, il cervello modellizza gli odori, con l’aiuto degli altri sensi costruisce la percezione del sapore. Tutto attraverso piatti ultra leggeri. Il loro punto di forza è che rispetto ad altri riescono a saziarci di più. E non solo.
Ma anche la creatività e la modernità di ristorazione “a regola d’arte” cioè senza abbassare il livello di professionalità per tutte le esigenze e tutti i target per attuare il fortunato slogan “un territorio da assaporare”, magari – è il consiglio di Roberto chef-architetto che di arte se ne intende – con più leggerezza, rielaborando piatti semplici e naturalmente salutari con condimenti di fantasia come il pesto di rucola.