Nel nome di Isabella. Grande successo per l’evento culturale promosso dal Parco Letterario Isabella Morra di Valsinni e presentato in anteprima nei Sassi di Matera. Nel Vico Solitario del Sasso Caveoso la rievocazione del dramma della poetessa di Valsinni viene preceduta dalla tavola rotonda condotta da Giovanni Caserta con la parrtecipazione di Gaetana Rossi, autrice del saggio “Stella Avversa”, Silveria Gonzato Passarelli di Verona, autrice del poemetto “Isabella Morra” e Maria Antonietta Elia di Bitonto, coordinatrice progetto didattico “I sonetti di Isabella Morra”. A seguire va in scena “Isabella Morra”, dramma storico scritto e diretto da Antonio Montemurro, regista e attore materano di Talìa Teatro e interpretato da undici attori della compagnia teatrale Il Gafio, guidata dal presidente Rocco Truncellito.
Nel suggestivo scenario naturale del vicinato di Vico Solitario il dramma di Isabella Morra viene magistralmente interpretato da un gruppo straordinario di attori non professionisti: Carmen Chierico è Isabella Morra, il pedagogo è Fabio Truncellito, la baronessa Luisa Brancaccio è Stefania Celano, Marcantonio è Giuseppe Spagnolo, Fabio è Giuseppe Truncellito, Decio è Maurizio Petriglione, Cesere è Erminio Truncellito, Don Diego Sandoval de Castro è Livio Truncellito, Don Antonia Caracciolo è Maria Pugliese, il Barione Giovanni Michele Morra è Giovanni Olivieri.
Un debutto strepitoso quello della compagnia teatrale Il Gafio a Matera, pronta ad esaltare l’ottimo lavoro dell’autore e regista Antonio Montemurro, coinvolto in questa nuova sfida teatrale dal suo amico di scuola Giuseppe Truncellito, con il quale ha condiviso 52 anni fa l’esperienza scolastica al Liceo Classico di Matera. “Mi sono appassionato al Cinquecento – ha confessato al termine dello spettacolo Antonio Montemurro e così dopo aver portato in scena la vicenda materana del Conte Tramontano ho deciso di accettare l’invito di Giuseppe Truncellito per raccontare un’altra pagina importante della nostra storia culturale”.
Michele Capolupo
La biografia di Isabella Morra
Isabella di Morra, nata presumibilmente nel 1520 e morta nel 1546, è stata una poetessa italiana. Giovane donna che nella prima metà del XVI secolo illuminò il panorama letterario italiano, figura tra le poetesse petrarchiste del Rinascimento; fu uccisa in giovane età dai suoi stessi fratelli per via di una presunta relazione clandestina con il barone spagnolo Diego Sandoval de Castro.
Era la terza degli otto figli di Giovanni Michele Morra, barone di Favale (odierna Valsinni in provincia di Matera), e di Luisa Brancaccio. Gli altri figli furono Marcantonio, Scipione, Decio, Cesare, Fabio, Porzia e Camillo. Il padre fu costretto a emigrare, nel 1528, assieme al secondogenito Scipione, a Parigi, dopo la sconfitta delle truppe di Francesco I di Francia di cui era alleato e la vittoria di Carlo V per il possesso della penisola. Il feudo di Favale, spettante ai di Morra fin dall’epoca normanna, fu alienato per alcuni anni, passando alla Corona di Spagna. Dopo varie trattative legali, il feudo tornò ai di Morra, e fu affidato al primogenito Marcantonio.
A Favale rimase la moglie con sette degli otto figli, compresa la giovane Isabella che spesso invocò il padre nelle sue Rime, considerandolo l’unico in grado di aiutarla nella sua situazione: i rapporti con i fratelli erano infatti aspri e continuarono a incrinarsi fino alla tragedia. Il preciso anno di nascita di Isabella rimane ignoto; Benedetto Croce lo situa attorno al 1520, mentre il Caserta pensa sia nata qualche anno prima, ponendo il 1515 come data post quem.
Isabella manteneva una relazione segreta con Diego Sandoval de Castro, poeta spagnolo a sua volta e barone del vicino paese di Bollita (l’odierna Nova Siri), inviandogli messaggi e versi tramite il suo pedagogo. Scoperta la relazione, i fratelli di Isabella uccisero lei e il suo pedagogo nel 1546. Poco più tardi ammazzarono in un agguato nel bosco di Noepoli anche Diego Sandoval per poi fuggire in Francia.
Castello di Valsinni, dove visse la giovane poetessa Isabella di Morra
Di che natura fosse la relazione tra Diego Sandoval de Castro e Isabella, nella Basilicata remota e al di fuori delle maggiori correnti culturali del tempo, rimane a oggi un mistero. Certo si sa che le lettere che don Diego spedì a Isabella furono inviate a nome di sua moglie, Antonia Caracciolo. Gli storici hanno così supposto che Isabella e Antonia Caracciolo si conoscessero già prima dell’inizio dello scambio epistolare. Perdute invece restano le risposte di Isabella a Diego, poeta di qualche reputazione, che nel 1542 aveva pubblicato, a Napoli, un volume di rime petrarchiste. Che si trattasse di una relazione sentimentale o di una semplice amicizia intellettuale in condizioni di duro isolamento, i fratelli ne furono informati già alla fine del 1545. Decio, Cesare e Fabio decisero rapidamente di porre fine alla relazione uccidendo prima la sorella e poi il nobile spagnolo. Alcune fonti anglosassoni ipotizzano che fu picchiata a morte, mentre altre fonti italiane indicano che fu pugnalata. Don Diego, temendo che la vendetta si abbattesse su di lui, si munì invano di una scorta: i tre assassini, con l’aiuto di tre zii, probabilmente anche per odio verso gli spagnoli, gli tesero però l’agguato mortale.
L’assassinio di don Diego de Sandoval provocò, all’epoca, reazioni di deplorazione molto più ampie che non l’uccisione di Isabella. Nel codice d’onore del XVI secolo, era infatti ammissibile lavare col sangue il disonore arrecato alla famiglia da uno dei suoi membri, specie se donna. Ciò che non era ammissibile era il coinvolgimento di persone terze nella risoluzione di un contenzioso, mediante duello e uccisione, a tradimento, di un superiore in rango. Per questi motivi, i tre fratelli furono costretti a fuggire in Francia, dove raggiunsero Scipione e il padre che mancava da venti anni da casa. Fonti coeve sostengono che il padre, Giovanni Michele, fosse deceduto prima di Isabella, ma Benedetto Croce ha dimostrato che non era così. Di Fabio non si hanno notizie certe dopo il suo arrivo in Francia; Decio si fece prete e Cesare sposò una nobildonna francese. Marcantonio non risulta essere tra gli ideatori del delitto; ciononostante, fu imprigionato per alcuni mesi e in seguito rilasciato. Camillo, l’ultimogenito, fu invece completamente assolto dall’accusa di complicità nel delitto.
Isabella trascorse la maggior parte della sua breve esistenza nel Castello di Valsinni, in Basilicata, dove eventi in commemorazione della sua vita e del suo lavoro poetico si svolgono durante tutto l’anno. Il castello di Valsinni, che fu sua dimora, risale all’incirca all’anno 1000; leggende locali vogliono il fantasma della poetessa infestare silenziosamente il sito.
L’interesse attorno alla figura e all’opera di Isabella di Morra si è accresciuto nel corso dei quattro secoli e mezzo che ci separano dalla sua morte, nonostante il corpus (soltanto dieci sonetti e 3 canzoni) estremamente esiguo a noi pervenuto. Se fino al XIX secolo i meriti della sua opera poetica furono sufficienti a tramandarne la fama, per parte dell’Ottocento e per tutto il Novecento, la sua tragica biografia ha in larga parte oscurato la comprensione e il pieno apprezzamento dei suoi testi. Molte sono state, infatti, le letture della sua opera in chiave meramente femminista, specie in ambito americano senza che tenessero in sufficiente considerazione il retroterra culturale e storico dell’epoca.
È generalmente assodato che i tredici testi giunti fino a noi fossero stati scoperti dagli ufficiali del Viceré, durante l’indagine che seguì l’uccisione di Don Diego de Sandoval, quando il Castello di Valsinni fu perquisito. Pochissimi anni dopo la morte di Isabella, qualche sua poesia apparve nel terzo libro di Ludovico Dolce, che raccoglieva le Rime di diversi illustri signori napoletani (Venezia, Giolito, 1552), e fu positivamente accolta dall’ambiente letterario italiano. Non ci furono notizie ufficiali inerenti alla sua vita fino a che Marcantonio (figlio del fratello minore Camillo), non pubblicò una storia della famiglia, nel 1629.
Nei due secoli passati, la tragica esistenza di Isabella colpì a tal punto l’immaginazione dei critici tanto da oscurarne e travisarne la poetica, in parte a causa della natura strettamente personale e intima dei suoi versi, che ha incoraggiato l’indagine della sua arte in relazione con gli eventi della sua vita. La poetica di Isabella fu incoraggiata dalla corrente, in voga al tempo, del Petrarchismo, ma i suoi versi dispiegano, un’originalità inusitata ai poeti petrarchisti, e altre influenze includono Dante e i classici della letteratura italiana. Qualche critico cita Isabella come precorritrice delle tematiche esistenziali care a Leopardi, incluse la descrizione del natio borgo selvaggio e dell’invettiva alla crudel fortuna.
La fotogallery del dramma di Isabella Morra (foto www.SassiLive.it)