Carmine Vaccaro, segretario regionale UIL Basilicata: “Su calo Cig a giugno c’è poco da esultare”.
Abbiamo davvero poco da esultare nel leggere il dato Inps che certifica la diminuzione del 3,3% di ore di cig erogate complessivamente in Italia nello scorso mese di giugno rispetto a giugno 2014.Non sottovalutiamo che sono poco più di 1 milione 325 mila complessivamente le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni in Basilicata relativamente al primo trimestre 2015. Noi crediamo che sia opportuno leggere i dati sentendo e ascoltando le sofferenze che quotidianamente vivono territori e lavoratori, quando lamentano l’assenza di risorse per la cassa integrazione in deroga, strumento fondamentale per il mantenimento dei posti di lavoro e per il necessario, quanto fondamentale, vivere dignitoso delle famiglie di lavoratrici e lavoratori. Siamo in presenza di numeri ancora alti che “non certificano” in maniera netta se si è di fronte ad una vera e duratura ripresa. Infatti, i dati generali sull’occupazione non danno segnali di una significativa ripresa, obbligando tutti, la politica innanzitutto, a mettere in campo iniziative vere e concrete per il rilancio dell’economia.Speravamo che il venticello della ripresa producesse un effetto positivo sull’occupazione e sulla tenuta del sistema produttivo ma, analizzando i dati di giugno sulle ore richieste di cassa integrazione, cio’ non appare. La cassa integrazione cresce tra maggio e giugno, nonostante il lieve calo delle gestioni ordinaria e straordinaria. Il motore dell’aumento, quindi, e’ la cassa integrazione in deroga che riprende a crescere, come avevamo paventato, per la semplice ragione che vi e’ stato uno sblocco delle domande grazie all’assegnazione delle risorse alle Regioni. Il sistema produttivo, in sostanza, ancora non reagisce a una crisi, troppo, prolungata e sui dati relativi alle domande di disoccupazione, come ammette la stessa Inpssiamo di fronte a un blocco dovuto ad evidenti ritardi nell’attuazione della recente riforma (Naspi), come se non si sapesse da mesi che essa sarebbe entrata in vigore. Se cio’ non creasse danni a persone in grande difficolta’, e che devono ancora riscuotere le indennità spesso di poche centinaia di euro al mese, verrebbe solo da ironizzare.Per alcuni versi Aspi e Naspi viaggiano in parallelo come si evince dalle nuove norme che si è fatta ingegneria sugli ammortizzatori sociali sulla persone, dicendo al Paese che si sono allargate le tutele. Il Governo non ha detto che per fare questa operazione ha ridotto pericolosamente le tutele nel mondo del lavoro sia in termini economici e soprattutto nella durata. Per esempio un lavoratore di 55 anni età la cui azienda chiude a gennaio 2017, avrà un anno di mobilità o alla meglio un anno e mezzo di disoccupazione, a questo si aggiunge una decurtazione secca dal 4 mese del 3%. Assistiamo all’ennesima operazione di cassa da parte del Governo ed è triste fare ingegneria finanziaria sulla pelle delle persone”.
Nello specifico, con le nuove regole il lavoratore può usufruire del sussidio per un periodo di tempo pari alla metà dei mesi lavorati, quindi, chi svolge un lavoro stagionale di 6 mesi prenderà il sussidio soltanto per 3 mesi. Prima, invece, si aveva diritto all’ASPI per altri 6 mesi e, ad esempio, con uno stipendio lordo di 1.300 euro mensili, avrebbe preso di sussidio 5.850 euro. Ora tale sussidio si riduce alla metà, facendo perdere al lavoratore 2.925 euro. Da noi tali novità riguardano decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori, impiegati stagionalmente in importanti settori produttivi ed economici, come il turismo e quello alimentare innanzitutto. Si tratta, peraltro, di settori, con fortissima presenza femminile, una categoria già fortemente penalizzata dalla carenza di servizi sociali destinati a bambini ed anziani.