“L’annuncio del segretario nazionale Carmelo Barbagallo della convocazione a settembre, nell’ambito della Fiera del Levante, di un’assemblea nazionale dei quadri della Uil per chiedere che il tema del Sud ritorni al centro del dibattito politico ed economico e che si adottino politiche concrete per lo sviluppo e la crescita, è sicuramente il modo meno formale di reagire di fronte all’allarmante Rapporto Svimez”. E’ il commento del segretario regionale della UIL Carmine Vaccaro.
“Le parole del Presidente del Censis Giuseppe De Rita in occasione dell’evento a Potenza con il richiamo alla programmazione di tutte le risorse – aggiunge – si rivelano quanto più appropriate: c’è bisogno che il Governo si occupi dei tanti problemi socio-economici che affliggono le Regioni del Sud.Occorre che si dia sostanza alle politiche rivolte alla crescita e al benessere economico del Mezzogiorno.Infatti, in questi anni di crisi, tutti gli indicatori socio-economici, diffusi da Istat e Svimez, manifestano segnali allarmanti, da quelli occupazionali a quelli infrastrutturali, alla crescita del PIL, sia assoluto che pro capite.Dal 2007 al 2013, il Pil nel Mezzogiorno è crollato del 13,6% (6,7% negli ultimi 2 anni), si è allargato il divario tra Centro-Nord e Sud per quanto riguarda il PIL pro capite sceso al 56,6%. Per questo, la UIL sostiene che i problemi del Mezzogiorno devono tornare ad essere affrontati, dall’agenda politica nazionale, come una priorità.A patto, però, che si metta fine una volta per sempre al “saccheggio” delle risorse, da ultimo i 3,5 miliardi di euro del Piano di Azione e Coesione che la Legge di Stabilità destina alla decontribuzione per le assunzioni nel 2015.Al Sud serve una riqualificazione della spesa ordinaria e un diverso impiego della spesa pubblica aggiuntiva dei Fondi Europei, in quanto queste, al momento, sono le “uniche e preziose” risorse certe e manovrabili all’interno dei Bilanci pubblici da destinare allo sviluppo e alla crescita.La grande sfida, quindi, è spendere presto e bene i 13,6 miliardi di euro del periodo 2007-2013 da utilizzare da qui a dicembre e di iniziare a programmare e impegnare le risorse del 2014-2020. E in proposito il percorso che abbiamo indicato nell’evento a Potenza sul tema “Il valore dei beni comuni lucani”, realizzato dal Centro studi sociali e del lavoro della Uil di Basilicata e dalla fondazione Censis, può diventare un “modello virtuoso” per il Mezzogiorno: rimettere in moto un meccanismo di sviluppo regionale attraverso la valorizzazione e gestione partecipata di acqua, petrolio e bosco. Se l’economia lucana è intesa come conformazione algebrica davvero oscillante, secondo De Rita – ricorda Vaccaro – il futuro passa da un pieno atto di responsabilità che nel mezzogiorno ha per anni lasciato spazio ad una mediazione continua e ad opera di chi usa il bene comune come privato.Occorrono perciò relazioni virtuose intorno ai ‘beni comuni’ lucani. Relazioni tra grandi realtà bancarie, incluse la redditività a medio tempo dei valori indotti dalle energie naturali autoctone, centri di competenza tecnologica, e talenti ed intelligenza locale”.
Rapporto SVIMEZ, nota Confapi Matera: “Mancano politiche di coesione. Il Paese o cresce tutto insieme o non cresce affatto”.
Bisogna intervenire subito con politiche che diano una svolta all’economia del Mezzogiorno d’Italia, questo il commento del presidente di Confapi Matera, Enzo Acito, dopo aver letto le anticipazioni sul Rapporto SVIMEZ che disegna un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento.
Per il settimo anno consecutivo, infatti, il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%). Il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa. Negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria in senso stretto addirittura del 59%. Nel 2014 quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12mila euro annui, contro il 28,5% del centro-nord.
La fotografia che emerge dell’economia del Mezzogiorno è allarmante. Senza politiche di coesione – sostiene Acito – non si va da nessuna parte. Il Paese o cresce tutto insieme o non cresce affatto.
Confapi Matera ritiene indispensabile procedere senza indugio, da parte del governo centrale, ad attuare quelle politiche di sviluppo sempre promesse e mai messe in campo. Ad oggi abbiamo visto dirottare verso il Nord fondi destinati ad investimenti per il Mezzogiorno. Nulla si è fatto per le grandi infrastrutture, l’alta velocità è prerogativa del Nord e qui da noi ci lamentiamo ancora per la mancanza di collegamenti ferroviari. La stessa Regione Basilicata deve intervenire con estrema urgenza e far sì che vengano messe in campo tutte le risorse finanziarie della programmazione comunitaria 2014-2020, mentre ci si affanna a spendere ancora i soldi della vecchia programmazione.
C’è bisogno di sinergie fra tutti i comparti dell’economia. La Piccola e Media Industria locale è pronta a fare la sua parte, ma necessita dell’intervento propulsivo e di quelle condizioni che solo la politica attraverso la programmazione di medio-lungo periodo può fare.
Condividiamo il pensiero del direttore dello Svimez Padovani quando afferma che “di fronte a una situazione come quella delineata servono politiche di sviluppo, occorre guardare alla “straordinaria esperienza di discontinuità che, nel dopoguerra, aprì la strada all’impetuoso sviluppo degli anni ‘60, con una strategia di intensa politica dell’offerta, mirata ad assegnare al Mezzogiorno il ruolo di fulcro dello sviluppo italiano. Il recupero di una logica “di sistema”, di una “logica industriale”, non ridotta al solo mercato (…) Si tratta, dunque, di ragionare su come ritrovare, Nord e Sud, una strada comune, puntando a non accontentarci di recuperare una crescita “debole”, da cui peraltro le regioni meno sviluppate del Sud rischierebbero di rimanere escluse”.
Rapporto Svimez, nota Cgil: “Mancano politiche di coesione. Il Paese o cresce tutto insieme o non cresce affatto”
Bisogna intervenire subito con politiche che diano una svolta all’economia del Mezzogiorno d’Italia, questo il commento del presidente di Confapi Matera, Enzo Acito, dopo aver letto le anticipazioni sul Rapporto SVIMEZ che disegna un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento.
Per il settimo anno consecutivo, infatti, il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%). Il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa. Negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria in senso stretto addirittura del 59%. Nel 2014 quasi il 62% dei meridionali ha guadagnato meno di 12mila euro annui, contro il 28,5% del centro-nord.
La fotografia che emerge dell’economia del Mezzogiorno è allarmante. Senza politiche di coesione – sostiene Acito – non si va da nessuna parte. Il Paese o cresce tutto insieme o non cresce affatto.
Confapi Matera ritiene indispensabile procedere senza indugio, da parte del governo centrale, ad attuare quelle politiche di sviluppo sempre promesse e mai messe in campo. Ad oggi abbiamo visto dirottare verso il Nord fondi destinati ad investimenti per il Mezzogiorno. Nulla si è fatto per le grandi infrastrutture, l’alta velocità è prerogativa del Nord e qui da noi ci lamentiamo ancora per la mancanza di collegamenti ferroviari. La stessa Regione Basilicata deve intervenire con estrema urgenza e far sì che vengano messe in campo tutte le risorse finanziarie della programmazione comunitaria 2014-2020, mentre ci si affanna a spendere ancora i soldi della vecchia programmazione.
C’è bisogno di sinergie fra tutti i comparti dell’economia. La Piccola e Media Industria locale è pronta a fare la sua parte, ma necessita dell’intervento propulsivo e di quelle condizioni che solo la politica attraverso la programmazione di medio-lungo periodo può fare.
Condividiamo il pensiero del direttore dello Svimez Padovani quando afferma che “di fronte a una situazione come quella delineata servono politiche di sviluppo, occorre guardare alla “straordinaria esperienza di discontinuità che, nel dopoguerra, aprì la strada all’impetuoso sviluppo degli anni ‘60, con una strategia di intensa politica dell’offerta, mirata ad assegnare al Mezzogiorno il ruolo di fulcro dello sviluppo italiano. Il recupero di una logica “di sistema”, di una “logica industriale”, non ridotta al solo mercato (…) Si tratta, dunque, di ragionare su come ritrovare, Nord e Sud, una strada comune, puntando a non accontentarci di recuperare una crescita “debole”, da cui peraltro le regioni meno sviluppate del Sud rischierebbero di rimanere escluse”.
Rapporto Svimez 2015, nota di Maria Murante, Coordinatrice regionale SEL Basilicata
Le anticipazioni del Rapporto Svimez 2015 mettono un ulteriore sigillo sulla nudità di un re che, nonostante i selfie e l’esegeta ottimismo delle classi dirigenti del Paese, continua a produrre desertificazione. Sociale innanzitutto, con sempre maggiori fette di popolazione che vedono se stesse precipitare verso i gradini più bassi della piramide sociale dove si annidano le povertà, relative e assolute.
Ma il rapporto Svimez ci parla, oltre che del fallimento delle politiche depressive imposte dalla tanto inutile quanto miope austerità – madre di quel processo di «mezzogiornificazione» europea denunciata da qualche anno a questa parte da illustri economisti – ci parla anche di una desertificazione geografica, che trova la sua punta dell’iceberg nel drammatico allargamento della forbice tra nord e sud del paese, quest’ultimo sempre più disancorato dall’Europa.
Siamo all’epilogo di quel neoliberismo che ha abbandonato qualsiasi visione del paese, abbandonando oramai da decenni quelle politiche attive che, nella interpretazione della questione meridionale come cardine di una politica nazionale, aveva permesso al mezzogiorno – seppur con grande difficoltà – a non rimanere completamente slegato dalle dinamiche dell’intero paese.
Una riflessione particolare andrebbe svolta per la nostra Basilicata, dove alle drammatiche e fallimentari politiche neoliberiste impostesi su scala continentale si sommano incapacità amministrative e mancanza di visione. Si pensi al depauperamento e alla desertificazione operate attraverso la devastante strada chimica della val basento o alla miope strada petroliera, che in venti anni di estrazioni ha acuito le ataviche povertà delle lucane e dei lucani, deteriorandone sensibilmente anche la qualità della vita. O ancora alla crisi occupazionale, con relativo livellamento verso il basso delle condizioni materiali di quante e quanti hanno ancora la fortuna di conservare un posto di lavoro, come si evince da quanto sta accadendo all’interno dello stabilimento Fca-Fiat di Melfi.
Le anticipazioni dello Svimez ci narrano di un fallimento verticale e orizzontale di classi dirigenti e di modelli di sviluppo che, nel loro riproporsi ed imporsi, conservano una visione suicida. Non vi è più tempo da perdere, perché il prossimo passo, continuando su questa strada, è la morte di intere aree di paese. Il vascello su cui procediamo si avvicina sempre più pericolosamente alle rocce che rischiano di determinarne la distruzione, e senza una inversione di 180° che rimetta al centro un altro modello di sviluppo non vi saranno argini a quella distruzione.
Maria Murante, Coordinatrice regionale SEL Basilicata
Rapporto Svimez, nota Latronico (Forza Italia)
“La radiografia della Svimez, sulle condizioni economiche e sociali del Mezzogiorno, conferma una realtà che affligge in concreto la gran parte delle regioni del Sud e certifica un modello fallimentare delle politiche pubbliche. Senza voler indulgere al catastrofismo non si può non vedere il corto circuito di una spesa pubblica che non ha creato le condizioni per l’auto sviluppo dei territori, facendo perno sulla creatività delle comunità e dei suoi attori. Un corto circuito che molte volte diventa vizioso e si accomoda sulla rendita elettorale delle classi dirigenti che tengono a risultati immediati piuttosto che a visioni di medio e di lungo periodo”. Lo ha dichiarato l’on. Cosimo Latronico (FI), componente della commissione Bilancio della Camera. “ E’ stata forte la tentazione di privilegiare misure che garantissero un riscontro immediato piuttosto che investimenti destinati a generare un ambiente ed un contesto idonei a produrre progetti di impresa radicati nelle risorse dei territori. Non so se dobbiamo rimpiangere la Cassa del Mezzogiorno e l’intervento straordinario , ma non vi è dubbio che lo stato della spesa pubblica per la sua dequalificazione e lentezza della stessa, non può non imporre un radicale ripensamento di modelli di progettazione e di intervento. Il Sud non può essere condannato ad un destino inemendabile; deve partire dalle sue risorse e dalla sua classe dirigente per uno scatto di visione e di azione senza i quali non avremo futuro insieme al resto del Paese. Nella consapevolezza che senza il Mezzogiorno si perde la possibilità per l’intera Italia di uscire dalla crisi e dalla debolezza da cui e’ segnata ancor più negli ultimi anni. Il governo Renzi, senza strumentalizzazioni di parte, deve prendere atto che occorrono scelte coraggiose e straordinarie per invertire la rotta con un orientamento ed una guida che sincerante in questo anno di governo non si sono visti”.