I consiglieri regionali PD Carmine Miranda Castelgrande e Achille Spada in una nota commenta le ultime dichiarazioni del segretario regionale del PD Antonio Luongo sulla mozione relativa alla teoria “Gender”. Di seguito la nota integrale.
A meno che il PD di Basilicata non intenda rinnegare le ragioni della propria origine e trasformarsi in partito ideologico,tra l’altro di parte,non comprendiamo le ultime dichiarazioni del segretario regionale Antonio Luongo.
Il PD è nato come partito plurale e aperto,incrocio di culture diverse la cui fecondità si basa sui principi di tolleranza e di rispetto delle idee altrui,soprattutto quando si tratta di principi “non negoziabili” e su questioni di coscienza che appartengono alla visione storico politica di ciascuna delle parti fondative del partito.
Nessuno, crediamo, può arrogarsi il diritto di porre veti o di imporre comportamenti, richiamandosi ad una improbabile disciplina di partito, allorquando si tratti di questi temi.
E’ una lezione che abbiamo appreso proprio da Antonio Luongo; per questo ci sorprendono e non poco le sue affermazioni critiche sulla posizione assunta e sul voto espresso da noi in ordine alla mozione sulla teoria del Gender.
Riconoscere il ruolo della famiglia (come definita dalla Costituzione) quale espressione del diritto naturale, quale prima e fondamentale agenzia educativa, rivendicare il diritto delle scelte educative dei genitori quale espressione di una libertà originaria ,primaria e inalienabile, non sono principi che possono essere tacciati di anacronismo o di addirittura di oscurantismo come dice il segretario regionale del PD.
Al contrario crediamo che sia anacronistica e oscurantista quella visione statalista propria della filosofia Hegeliana che faceva dello stato il vertice dello spirito umano, quella visione statocentrica alla base delle ideologie totalitarie di destra e di sinistra per fortuna sconfitte dalla storia.
Una declinazione di quella visione è proprio la presunta neutralità dell’insegnamento che sottende l’imposizione di una interpretazione ideologica della realtà, che tende ad imporre la costruzione di un pensiero unico, omologante e discriminatorio nei confronti di chi la pensa in modo diverso.
Nei giorni scorsi sono state formulate sulla stampa espressioni spesso pregne di acredine e violenza verbale verso i sottoscrittori della mozione sulla teoria Gender e, per quello che ci riguarda in particolare, nei confronti dei due “eretici” (?) del PD.
Siamo stati accusati di ignoranza,di mala fede,di voler intorbidire le acque(a questo proposito consiglieremmo ad Anna R.Rivelli di leggere prima la versione originaria della mozione Polese e poi quella finale che abbiamo votato e alla cui nuova e definitiva stesura abbiamo personalmente contribuito nella parte in cui si afferma il principio-universale- del “rifiuto di qualsiasi violazione della dignità propria di ogni essere umano”e della necessità che la Regione adotti “azioni rivolte a prevenire e contrastare ogni forma di marginalizzazione,di discriminazione personale e sociale o di violenza verso le persone o le categorie di persone soggette a tali rischi”).
Qualcuno ci ha anche consigliato di dare un’occhiata all’enciclopedia per “apprendere che il Gender non esiste”.
C’è stata una levata di scudi in tal senso. Peccato che mentre se ne nega l’esistenza se ne definiscono contemporaneamente i contenuti.
Una nota filosofa in un articolo in cui nega la teoria del Gender la descrive poi esattamente sostenendo che la biologia non ci dividerebbe come maschio/femmina, ma introdurrebbe anche molte possibilità intermedie. In proposito secondo l’Australian Human Right Commission l’essere umano si distingue in ben 23 categorie di genere tra le quali figura anche chi identifica se stesso come non-genere e cerca di perdere i significanti principali fisici che indicano il genere ad altri.
L’enciclopedia Treccani da una definizione precisa :”la Cultura del Gender conduce all’idea che la differenza maschile/femminile non coincide necessariamente con la differenza Maschio/femmina poiché le caratteristiche di genere o stereotipe sarebbero frutto di una costruzione culturale. La contrapposizione tra sesso e genere segna il passaggio da una visione unitaria dell’identità sessuale dell’individuo – che a partire dalla consapevolezza di una corporeità maschile o femminile sviluppa gradualmente una identità psichica definita (mascolinità o femminilità)- a una visione dualistica della sessualità non solo distinguendo ,bensì separando gli elementi biologici dell’identità sessuale(sesso) dal complesso di ruoli,funzioni e identità appresi e culturalmente strutturati(femminilità e mascolinità).
Emerge così una concezione autonoma dell’appartenenza di genere pensata come il risultato di una scelta culturale dell’individuo distinta dalla propria corporeità “.
Mentre tradizionalmente,dunque,le persone sono divise in maschi e femmine sulla base di differenze bilogiche(sesso e genere sono un tutt’uno), con la teoria di genere in sostanza si propone una suddivisione tra i due aspetti dell’identità:
- Il sesso che costituisce un corredo genetico
- Il genere (Gender) che è una costruzione culturale per cui, essendo un carattere appreso e non pre-esistente, può essere scelto a piacimento (tra i 23 generi definiti da AHRC o addirittura tra le 57 opzioni segnalate, ad oggi, nella edizione americana di facebook) a seconda della propria auto rappresentazione che, essendo mutevole e fluida, può sempre cambiare.
Che esista una teoria del Gender, allora, è un dato certo ( viene brandita in ambito politico internazionale e nazionale come vera e propria ideologia);
che tale costruzione sia giusta o sbagliata dipende dalla convinzione di ognuno;
che tale teoria possa diventare oggetto e fattore educativo per bambini e adolescenti sono personalmente convinto che sia ingiusto perché metterebbe in un conflitto assurdo la sessualità corporea e quella psichica.
Altro conto è introdurre nelle attività scolastiche l’educazione alla parità dei sessi, alla prevenzione e al contrasto di ogni forma di marginalizzazione, di discriminazione e di violenza.
Per queste ragioni rivendichiamo il diritto e la libertà di avere un atteggiamento di umiltà nei confronti della realtà, di richiamarci all’antropologia del “senso comune” come l’ha definita Roberto Marchesini… e non essere discriminati per questo ;
rivendichiamo il diritto e la libertà di non voler essere omologati al quel “pensiero unico” che si sta consolidando, dominato dal “politicamente corretto” che mette alla gogna ogni opinione dissenziente… e non essere discriminati per questo;
Rivendichiamo il diritto e la libertà per quei genitori che vogliono educare i propri figli in maniera consapevole ed esigono di concordare, con il consenso informato, le scelte educative…e non essere discriminati per questo;
rivendichiamo il diritto e la libertà di sostenere una antropologia differente da quella della teoria Gender e di poter pronunciare la parola famiglia e non famiglie, genitorialità e non parentalità,di poter sostenere con Papa Francesco che “la rimozione della differenza è il problema e non la soluzione” e che “la differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione o la subordinazione ma per la comunione e la generazione”…e non essere discriminati per questo.
I consiglieri regionali PD Carmine Miranda Castelgrande e Achille Spada