L’Assemblea ha approvato all’unanimità dei consiglieri presenti una delibera della Giunta regionale che autorizza il presidente della Regione Pittella a promuovere il conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale del decreto attuativo dell’articolo 38 della legge “Sblocca Italia”, per violazione dell’articolo 120, ultimo comma, della Costituzione. Si impugna, dunque, il decreto del Ministro per lo sviluppo economico (Mise) davanti al Tar Lazio “in ragione della lesività delle prerogative costituzionali riservate alle Regioni, che trovano espressione in sede di Conferenza unificata, e a promuovere contestualmente conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale”.
Proseguono le azioni a conferma della linea del no alle estrazioni di idrocarburi in mare e prima ancora alle stesse istanze di prospezione, adottata dalla Regione Basilicata. Questa volta ad essere bocciato è il progetto di ricerca di idrocarburi proposto dalla Società Schlumberger Italiana S.p.A. denominato “d 3 F.P. – SC” e che riguarda tutta la Costa Jonica. Nella scorsa seduta della Giunta regionale, infatti, è stato confermato il parere contrario della Regione Basilicata sull’istanza di ricerca pervenuta dalla società petrolifera, parere che nei prossimi giorni verrà inviato al ministero dell’Ambiente.
Ripercorrendo gli step della procedura, la Schlumberger Italiana S.p.A. nel novembre del 2014 ha avviato il procedimento di Via nazionale presso la Direzione generale per le Valutazioni ambientali del ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare (Mattm). Il 17 marzo 2015 la Giunta regionale ha espresso parere contrario al rilascio del giudizio favorevole di compatibilità ambientale da parte del Ministero dell’Ambiente. La stessa società nel maggio 2015 ha consegnato una documentazione integrativa all’istanza di Via sia alla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale che agli uffici del Mattm. Il Comitato tecnico regionale per l’Ambiente (Ctra) nella seduta del 16 luglio 2015 ha ribadito il no al rilascio del giudizio favorevole di compatibilità ambientale, dopo aver esaminato le integrazioni alla documentazione iniziale prodotte dalla Schlumberger Italiana. Oggi, la Regione Basilicata ha nuovamente deliberato il suo parere contrario.
“Ancora un no ponderato e coerente alle estrazioni petrolifere in mare” – ha affermato l’assessore all’Ambiente e Territorio, Aldo Berlinguer. “Non un no aprioristico e irrazionale, ma una decisione coerente con le nostre politiche di protezione ambientale e valorizzazione turistica della costa lucana”.
Il senatore del Movimento 5 Stelle Vito Petrocelli interviene sul Decreto “Sblocca Italia” e invia un quesito: “A che punto stiamo con la sanatoria sul fracking concessa alle compagnie petrolifere grazie al comma 11 quater del famigerato art. 38 dello “Sblocca Italia” voluto da Renzi?
La domanda è stata posta ai ministri dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, e dello Sviluppo economico, Federica Guidi, con un’interrogazione al Senato della Repubblica, a prima firma di Vito Petrocelli, e realizzata, come spesso avviene nel M5S, in collaborazione con il territorio. In questo caso, con il Movimento 5 Stelle di Venosa, in Basilicata, regione giustamente preoccupata di ogni libertà o sanatorie varie concesse alle sette sorelle del petrolio.
In Basilicata, infatti, si estrae l’80% del petrolio italiano, che equivale al 6% del fabbisogno energetico nazionale, regione nella quale si sono raggiunte già circa 480 perforazioni (tra pozzi attivi, sterili ed esausti), dove sono in programma un’altra trentina di pozzi, tutti in aree sensibili e delicate per la catena alimentare umana. Ma soprattutto, dove è stata già sicuramente sperimentata la violenta e devastante pratica del fracking, che in Italia non è stata mai consentita né, però, mai direttamente vietata, prima dell’art.38.
Non consentire, ma neanche vietare qualcosa, è una condizione ideale, nei Paesi dove la democrazia latita di fronte agli interessi dei potenti, per sviluppare situazioni di arroganza manageriale, illegalità diffusa e un bel Far West operativo, dove vince sempre chi ha il maggior potere persuasivo.
Il sospetto del favore alle multinazionali dell’energia da parte di Renzi ci sta tutto, perché la fretta di vietare espressamente il fracking è venuta subito dopo la pubblicazione del report della Commissione scientifica internazionale Ichese, che collega il terremoto di Rivalta in Emilia a una possibile attività di fracking, e subito dopo la pubblicazione da parte della professoressa italo-americana anti trivelle, Maria Rita D’Orsogna, di due studi di riviste scientifiche di settore, nelle quali si citavano tranquillamente nomi e date di una sperimentazione di “acidificazione in orizzontale” fatta negli anni ’90 nella Concessione Val d’Agri (Eni/Shell). In Basilicata, appunto. Informazione, quest’ultima, che è stata subito oggetto di una denuncia alla Commissione europea per l’Ambiente, prima firma sempre Vito Petrocelli, seguita da una serie di interrogazioni da parte dell’Europarlamentare Piernicola Pedicini.
Chiaramente, il governo Renzi, anziché perseguire i responsabili e dare ai cittadini la possibilità di rivalersi contro le società, ha introdotto il comma 11 quater, col quale, da un lato vieta ufficialmente il fracking, dall’altro consente una sanatoria sulle responsabilità del ricorso a una pratica comunque non normata in Italia e che avrà prodotto ampie fasce di inquinamento di falde e sottosuolo. Sarà sufficiente dichiarare di aver anche solo sperimentato il fracking prima del 31 dicembre del 2014. Prima, cioè, dell’entrata in vigore della norma anti fracking.
È la stessa tecnica dell’ex ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera: col suo altrettanto famoso art. 35 della finanziaria “Cresci Italia”, mentre apparentemente vietava le piattaforme marine entro le 12 miglia, nella realtà dava il via a una gigantesca liberatoria delle Concessioni già assegnate, fino al 2010, entro le 5 miglia marine. Concessioni che vedono lo Jonio, l’Adriatico e il Canale di Sicilia ampiamente lottizzati.
Il M5S, pertanto, ha chiesto ai due ministeri interessati se le compagnie petrolifere abbiano rispettato la normativa vigente e del suo limite del 31 dicembre scorso; se intendano rendere pubblico l’elenco delle eventuali società che hanno fatto ricorso in Italia alle tecniche suddette, e in quali aree del Paese; se intendano intraprendere iniziative di competenza al fine di analizzare, nelle aree coinvolte, gli effetti di eventuali contaminazioni nonché predisporre piani di bonifica con costi da addebitare comunque alle compagnie minerarie eventualmente colpevoli; se ritengano, nei limiti delle proprie attribuzioni, di dover procedere alla revoca della concessione mineraria nei confronti delle società che non abbiano rispettato la normativa dello Stato italiano, non comunicando entro il 31 dicembre 2014 i dati e le informazioni secondo quanto disposto dal comma 11-quater dell’articolo 38 del decreto “Sblocca Italia”.
Vito Petrocelli – M5S Senato