Grande successo per la presenzione del libro “Altri tempi” di Paolo Frescura promossa nella serata di sabato 8 agosto a Grottole nel chiostro della suggestiva Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore. Oltre 250 persone hanno gremito il cinquecentesco spazio all’aperto che un tempo era Convento Domenicano. Sold out! Posti a sedere esauriti e alcuni hanno comunque seguito l’incontro in piedi. Presenza di pubblico eterogenea, dai bambini di scuola primaria, adolescenti come Maria Vezzuso (le tarantelle del suo organetto sono destinate a diffondersi nell’intero Mezzogiorno) e Samuele De Giacomo (la sua fisarmonica da ben sette anni si esibisce in diversi paesi lucani), adulti di cui alcuni emigrati al nord ma di ritorno per le vacanze nella terra di origine, e anziani.
Ad aprire i lavori è stato l’editore Timoteo Papapietro che per la Edizioni Magister ha spiegato il progetto di ricerca storica che ha visto la luce dopo diversi anni di meticoloso e attento lavoro. Un libro scritto da Paolo Frescura e impreziosito ulteriormente con illustrazioni del compianto Luigi Guerricchioe degli artisti Nisio Lopergolo e Franco Artese.
Il sindaco di Grottole e presidente della Provincia, Francesco De Giacomo, ha spiegato le motivazioni che hanno introdotto l’Amministrazione a inserire questo evento nel cartello dell’estate grottolese dicendosi onorato del contributo storico che l’autore ha lasciato alla comunità per conoscere le proprie origini e servire da stimolo nel recupero delle attività artigianali smarritosi nel tempo. Ha inoltre inscritto questa ricerca in una traccia che la Regione Basilicata ha recentemente tracciato con la ferma volontà di recuperare quanto di buono vi era nell’artigianato ormai estintosi.
Particolarmente incoraggiante è stato il saluto di Francesco Carbone, “sindaco dei ragazzi” che ha voluto dare il benvenuto all’autore e al saggio.
L’intervento centrale di presentazione del libro è stato realizzato dal già Dirigente Scolastico Giacomo Amati che con chiarezza ha analizzato il saggio, fresco di stampa, pubblicato dalla materana Edizioni Magister atto a testimoniare i mestieri esistenti nel tessuto sociale di Grottole ma paritetici a tutto la provincia. In primis si mette in risalto il ruolo svolto dall’artigianato che ha rappresentato il simbolo della rinascita, non solo economica, ma anche sociale e culturale. Infatti l’artigianato era l’alternativa al faticolso lavoro bracciantile che si svolgeva nei campi; alternativa anche al lavoro della pastorizia che portava alla rinuncia della vita sociale nella comunità in cui si viveva; alternativa, per molti, all’emigrazione all’estero delineandosi sempre di più il pilastro del lavoro. Il secondo pregio del libro è assegnare all’artigiano una triplice dimensione: uomo “faber”, persona “sapiens” e di soggetto “creativo”. Ovvero, di colui che vuole essere protagonista della sua vita e artefice del suo destino. Ne esce che l’artigiano ha manualità e pensiero, ha scienza e arte, è un lavoratore formidabile, completo. Il terzo elemento distintive dell’opera va ricercato nella concezione di vita, nella visione dell’esistenza che indica al lettore: una delle ragioni d’essere della vita risiede nel lavoro, nella capacità di migliorarsi, nell’abilità di scoprire cose nuove, nel non arrendersi di fronte alle difficoltà, nel credere in se stesso e nel sapersi relazionare all’altro. I 64 mestieri sono descritti con un piacevole ritmo incalzante che stimola nel lettore la capacità d’attenzione e gli suscita un forte coinvolgimento emotivo. Leggere questo libro è un po’ come vedere delle belle foto: ti emozioni perché, per certi aspetti, è come rivedere una parte della nostra vita. Trattasi di un inno al lavoro: celebra la meraviglia del lavoro creativo. Giacomo Amati ha concluso il proprio intervento rendendo omaggio a Paolo Frescura per aver reso immortali questi 64 mestieri con un libro bello, prezioso e coinvolgente: tra i libri più belli che siano stati scritti in cui il lettore trova anche qualcosa di sé.
Nisio Lopergolo, noto scultore formatosi nella culla italiana delle arti “Accademia delle belle arti di Firenze”, nonchè stimato docente di arte nelle scuole materane e titolare di un laboratorio di ceramiche sito nel Sasso Barisano visitato da migliaia di turisti culturali di tutto il mondo, si è detto onorato di aver illustrato graficamente con un acquerello e diverse matite, il libro oggetto di presentazione. Il tentativo è stato quello di utilizzare anche le immagini per far rivivere e far conoscere alle nuove generazioni mestieri che sono ormai lontani, in un mondo completamente tecnologico. L’autore è riuscito a raccontare con linguaggio poetico, con brillanti prose che fanno vivere al lettore emozioni attraverso un affascinante viaggio nel tempo. Nel mondo sono milioni i lavoratori cancellati dal processo produttivo a causa dell’innovazione tecnologica, questo libro ci permette di non dimenticare e di riappropriarci della nostra identità. Il lavoro tradizionale era come una preghiera, un atto religioso; il lavoro più duro, più ripugnante comportava sempre “entusiasmo”. Oggi siamo privati di quel ruolo sacro, il lavoratore è ridotto a svolgere un ruolo meccanico in un mondo laicizzato, che deve bastare a se stesso. Ha concluso ricordando una frase di Lev Tolstoj “Possiamo vivere nel mondo una vita meravigliosa se sappiamo lavorare e amare, lavorare per coloro che amiamo e amare ciò per cui lavoriamo”.
Il poeta Giacinto Ruzzi ha esortato i convenuti a leggere qualsiasi scritto dello scrittore Paolo Frescura perché sono linfa e refrigerio per una crescita culturale.
Le conclusioni affidate all’autore Paolo Frescura hanno voluto essere un ringraziamento per la testimonianza d’affetto alla numerosissima platea convenuta. Ringraziamenti all’indirizzo dei due artisti, Francesco Artese e Nisio Lopergolo, i cui lavori sono stati esposti sulla parete sinistra del chiostro per consentire al pubblico di apprezzarli direttamente. Riconoscimenti anche all’ins. Mario Ruzzi che ha affidato alla penna di Frescura i suoi personali ricordi legati all’esperienza d’insegnamento nella scuola di campagna, in contrada Matina soprana e al dott. Antonio Guerricchio per aver consentito di inserire in questa pubblicazione le opere di suo zio, il maestro Ginetto Guerricchio, e la foto dello speziale, suo bisavolo. Il libro è nato grazie al contributo di pensiero di Giacinto Ruzzi e di tanti concittadini avanti negli anni che sono stati la fonte su alcuni mestieri e hanno dissolto alcuni dubbi su quelli che l’autore aveva visto con i suoi, ma offuscati dal tempo.
Queste le parole Paolo Frescura:
<<La motivazione di fondo che mi ha spinto a scrivere queste pagine è la stessa della precedente pubblicazione Antichi trastulli, che voi tutti ben conoscete, e il cui legame è sottolineato proprio dal titolo, Altri tempi, che riprende il precedente sottotitolo.
Volevo imprimere nella storia le orme delle tante attività lavorative uscite di scena, affinché ne rimanesse traccia nel tempo e consentisse alle giovani leve di conoscere e tramandare un passato di significativo spessore culturale e creativo; ma volevo consentire anche ai giovani di ieri di rinverdire i loro ricordi.
Figlio e fratello di artigiani, mio padre calzolaio e i miei due fratelli, uno sarto e l’altro falegname, ho vissuto nel mio intimo questa realtà, la respiravo tutti i giorni in casa e, ancora oggi, la sento scorrere nelle mie vene. Non potevo, dunque, non rivolgere la mia attenzione a quel mondo.
Sull’onda dei ricordi, mi tornano alla mente ancora oggi i rumori che provenivano dalle botteghe, il martellio del fabbro e del calzolaio, l’odore pungente della vernice del falegname, dei carboni ardenti della fucina del maniscalco, il profumo del pane appena sfornato. E ancora, gli strilli degli ambulanti che annunciavano la loro presenza in paese, la trombetta del banditore, i canti dei mietitori in piazza.
La vita pulsava intorno a me! Quando mi sedevo vicino al deschetto di mio padre o sostavo nella falegnameria e nella sartoria dei miei due fratelli oppure mi fermavo a curiosare nelle altre botteghe artigiane, restavo affascinato dal loro lavoro. Leggevo la stanchezza sui loro volti, ma anche la gioia per l’opera che prendeva forma e anima nelle loro mani.
A casa vedevo mia madre dedicarsi quotidianamente, senza sosta e con energia, ai tanti lavori domestici, faticosi ed impegnativi. Oltre alle tante faccende che la tenevano sempre impegnata, andava anche alla fontanella a riempire l’acqua con il barile in testa, panificava, preparava la pasta fresca, faceva il bucato, fabbricava il sapone, rifaceva i materassi, si recava nei campi mietuti a spigolare e a ricercare gli steli più lunghi delle stoppie per fare i canestri.
Una dopo l’altra, negli anni, si sono chiuse alle mie spalle tante case e tutte le botteghe artigianali! L’industria ha decretato il declino dell’artigianato per l’abbattimento dei costi e per il “pronto all’uso”: ora ci troviamo di fronte a prodotti preconfezionati ai quali dobbiamo adattarci e uniformarci; l’artigiano, invece, confezionava il suo manufatto su misura, persona o animale che fosse il suo cliente, e dava slancio al suo estro creativo, realizzando pezzi unici, irripetibili.
Per altro verso, la tendenza dei giovani ad inseguire sogni, tante volte negati dalla realtà, a ricercare un posto che garantisse uno stipendio mensile sicuro su cui poter contare, per progettare il proprio futuro, ha segnato la fine dell’apprendistato e, con esso, l’impossibilità di assicurare la continuità dei mestieri e di tramandarli nel tempo. Oggi la nostra società è costellata di diplomati e laureati che incontrano tanta difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro ed in paese non abbiamo neanche un ciabattino per riparare le scarpe!
La rivoluzione tecnologica ed economica, lentamente, ha relegato nel mondo dei ricordi anche le numerose attività che le donne svolgevano in famiglia. A differenza degli artigiani, però, considerando la fatica immane alla quale erano sottoposte quotidianamente, gli elettrodomestici messi a loro disposizione si sono rivelati una vera e propria panacea ed hanno cambiato le loro abitudini di vita.
Proprio lo scorso marzo è venuto a mancare Giuseppe Fumagalli, l’imprenditore e fondatore del gruppo Candy che inventò la prima lavabiancheria, un oggetto ritenuto quasi magico.
Srotolando la vecchia pellicola di quel lontano passato, vedevo tanti fotogrammi compromessi nella loro nitidezza e, solamente un intervento di recupero immediato, avrebbe potuto evitarne la completa opacizzazione. Di qui il mio impegno a restituirli quanto prima alla storia del mio paese, per aggiungere un altro tassello al variegato mosaico che negli anni si va componendo, grazie all’impegno di altri concittadini scrittori.
Ho voluto realizzare un libro che non impegnasse il lettore a leggerlo tutto d’un fiato, che dispensasse pillole di sapere da assumere lentamente o al bisogno e che fosse di facile consultazione, un manuale che potesse entrare nelle scuole e dare un’opportunità in più, a studenti e docenti, di conoscere aspetti sociali, economici e storici della nostra realtà lucana, attraversando la storia dei nostri antenati.
È stato un lavoro lungo e laborioso, perché ho voluto dettagliare ogni singola attività, per quanto fosse possibile, in modo da accompagnare con mano il lettore in quel meraviglioso mondo dei nostri avi e provare ad immaginare la fatica di quegli “eroi ed eroine” del passato.
Non vi nascondo le difficoltà che ho incontrato nel ricomporre questo puzzle, perché a volte le testimonianze erano discordanti e discernere tra l’una o l’altra, stabilire quale fosse più attendibile, significava ricercare conferme o smentite in altre persone.
Ho voluto inserire nel testo una ricca nomenclatura sui materiali usati, gli strumenti e gli utensili, le operazioni di lavoro, a volte anche in vernacolo, per offrire l’opportunità a ciascun lettore di arricchire il proprio lessico settoriale e trovare la corrispondenza in lingua di alcuni termini dialettali. Chi non è del posto, avrà modo di confrontare questi inserti dialettali con la lingua del proprio paese e potrà ampliare il suo vocabolario vernacolare>>.