Nonostante il calo del 2 per cento di superficie di pomodoro da industria in Basilicata la resa ad ettaro del 2 per cento in più dovrebbe confermare la stessa produzione complessiva dell’annata 2014. I prezzi spuntati dai nostri produttori sono sulla base della qualità con punte di eccellenza nel Lavellese, Palazzo San Gervasio-Alto Bradano dove la resa può raggiungere persino i 1.500 quintali/ha. Sono i primi dati “in chiaro.scuro” di tendenza sulla campagna pomodoro 2015 diffusi dalla Cia-Confederazione Italiana Agricoltori che si mantiene “prudente” tenuto conto che in alcune aree la raccolta non è cominciata e che quindi le operazioni di conferimento alle industrie si completeranno non prima della metà di settembre. Per la Cia inoltre la situazione dei danni provocati da calamità naturali nelle ultime settimane è “a macchia di leopardo”. Gli unici dati ufficiali di raffronto risalgono a 2011, in linea con le annate precedenti, tra gli ortaggi coltivati in piena aria primeggiano per volumi prodotti e ampie superfici ricoperte il pomodoro da industria: complessivamente in Basilicata 204.418 t prodotte su una superficie di 3.799 ha.
La confederazione fa un po’ di conti: coltivare un ettaro di terreno a pomodori, e portare a compimento il ciclo di coltivazione con la raccolta, costa non meno di 9mila euro a un’azienda agricola. «Questo fa capire – afferma Antonio Nisi, dirigente della Cia Alto Bradano – che oltre un certo limite non si può andare: il prezzo corrisposto ai produttori deve essere remunerativo, altrimenti tutta la filiera diventa insostenibile sia per gli agricoltori che per i lavoratori. Nel Lavellese spuntare 10,5 centesimi al kg per il lungo e 8 centesimi per il tondo è comunque una quotazione discreta, anche se i prezzi ai produttori si basano su stime e previsioni di quantità e qualità del raccolto da verificare sul campo. Soltanto nell’ultima decade di settembre sarà possibile tracciare un primo attendibile bilancio sull’andamento della stagione dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Dobbiamo lavorare tutti insieme affinché il pomodoro, come gli altri prodotti di pregio della nostra agricoltura, siano il motore di uno sviluppo economico giusto e sostenibile, che premi il duro lavoro di produttori e lavoratori. Gli agricoltori vanno sostenuti, perché schiacciando loro si schiaccia e si mortifica ogni speranza di rilanciare questo territorio attraverso la sua vocazione più autentica e con maggiore potenziale». L’obiettivo comune è quello di superare le divergenze tra i molteplici attori della filiera agricola meridionale e giungere ad un obiettivo univoco, quello di percorrere una strada comune di sviluppo, superando le barriere geografiche e creando un sistema di rete tra tutte le rappresentanze territoriali del Sud. Bisogna, tuttavia, creare le condizioni favorevoli -continua il dirigente della Cia – affinché le sinergie di filiera si concretizzino in accordi stabili tra produzione ed industria ed accrescendo l’iniziativa sul fronte delle polizze assicurative e del fondo mutualistico da applicare quando i prezzi sono troppo bassi. Ecco perché la Confederazione ritiene che per il Mezzogiorno il Distretto sia il giusto contenitore di questi rapporti economici di filiera. Altra “faccia della medaglia” – conclude Nisi – è quella della lavorazione e trasformazione in loco dei prodotti agricoli lucani (non solo pomodoro) accrescendo il sistema industriale locale che deve intensificare la lavorazione del prodotto della nostra regione e realizzando nel Metapontino il Progetto di piattaforma logistica”.