Maria Murante coordinatrice regionale Sel Basilicata in una nota spiega perchè chiede le dimissioni del Presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella.
Il 20 dicembre scorso, spiegavamo perché, come e quando Pittella avesse mentito e anticipavamo questioni che puntualmente si sarebbero e si sono verificate. Nel corso di questo anno più volte abbiamo preso posizioni sulla assurdità dell’interesse strategico sotteso alla logica dello Sblocca Italia e sul destino cupo che attendeva la nostra regione.
Nell’appuntamento di Fattore Basilicata, dello scorso gennaio a Matera abbiamo tematizzato esclusivamente la questione petrolifera in relazione al Mezzogiorno. Abbiamo più volte sostenuto che il maxiemendamento del Governo alla Legge di Stabilità fosse peggiorativo dell’art.38 dello sbloccaitalia, prevedendo l’avocazione delle competenze in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e contemplasse lo sblocco di Tempa Rossa; che i tagli annunciati alla Basilicata delle quote di cofinanziamento dei fondi (FSE-FESR, somma dei POR e della quota regionale all’interno dei PON) fossero superiori a ciò che si si sarebbe potuto astrattamente recuperare con l’IRES con un prezzo del barile ad euro 80.6; che per giungere ai 250 milioni euro di cui Pittella favoleggiava e millantava (94 milioni essendo la quota IRES relativa a 88 mila barili al giorno a un prezzo medio di 80.6 euro a barile) si sarebbero dovuti estrarre 233 mila barili al giorno in più (a prezzo del barile invariato): in pratica 321 mila barili al giorno, vale a dire con una quadruplicazione delle attuali estrazioni.
Sarebbe bastato questo per rendersi conto di come Pittella mentisse, avesse mentito e avrebbe mentito ancora circa la sua presunta ostilità alle nuove estrazioni in terra e in mare.
Avevamo detto tutto ciò quando il barile era a circa 44 dollari rimarcando come le estrazioni sarebbero potute divenire poco convenienti per le compagnie petrolifere e per le stesse casse regionali (che di fatto sopravvivono sulle royalties).
Oggi il prezzo del greggio è ulteriormente diminuito, si dimezzeranno le royalties, e la stessa presunta e fiabesca quota aggiuntiva di IRES.
Renzi preannuncia un taglio della stessa IRES a tutto vantaggio dei petrolieri: rendere conveniente estrarre a discapito di qualsivoglia interesse strategico nazionale, presunto, individuato nel solo gettito fiscale e di nessun vantaggio per l’Italia che, lo ricordiamo, non è un Paese produttore e non abbatte i costi energetici pubblici e privati. Renzi, conseguentemente, taglia la medesima presunta quota aggiuntiva regionale alla Basilicata cui si sommano i mancati trasferimenti cui abbiamo fatto cenno.
Il modello di sviluppo basato sul petrolio è un non modello di sviluppo. Essendo le sue conseguenze negative sul piano sociale, industriale e occupazionale (al netto di qualsivoglia considerazione sui disastri ambientali e sanitari). In proposito i dati SVIMEZ sono eloquenti da anni: in tredici anni il Mezzogiorno è cresciuto la metà della Grecia in una condizione di sottosviluppo permanente che comporterà il rischio di una desertificazione umana, sociale e industriale da noi più volte denunciata. La Basilicata si conferma con il suo – 16,3% di Pil la peggiore come crescita del Mezzogiorno, seconda solo al Molise nonostante il petrolio e i fantomatici miracoli che ne sarebbero dovuti discendere.
Oggi, quindi, dati alla mano, oltre alle dimissioni di Pittella, riteniamo urgente, imprescindibile e non più differibile tematizzare una exit strategy dal petrolio. Non solo opporsi alle nuove estrazioni ma avviare un immediato processo di depetrolizzazione favoriti dalle “minacce” di sospensione dell’ENI per ottenere ulteriori, immediati e più convenienti sblocchi estrattivi, a tutto danno delle comunità e del territorio lucano.