Nel giro di dieci anni le aziende agricole lucane che si occupano della coltivazione della patata si sono notevolmente assottigliate (circa 600 in totale) con una contrazione di oltre l’80% del numero di aziende e di ettari di coltivazione (oggi 123 ha) a dimostrazione di cambiamenti strutturali intercorsi negli ordinamenti produttivi aziendali e legati a motivazioni diverse, dalle avverse condizioni climatiche alle frequenti crisi del comparto (prezzi di mercato non adeguati, alti costi di produzione, offerta disaggregata) registrate nel corso dello scorso decennio. A sottolinearlo è la Cia-Confederazione Italia Agricoltori in occasione delle due sagre più rappresentative (Muro Lucano e contrada Giuliano) dedicata alla patata. Purtroppo – aggiunge la nota – le prime indicazioni emerse nel corso della riunione dell’Osservatorio economico della filiera pataticola, svoltosi a Roma lo scorso 28 luglio non sono positive: in Italia, nel 2015 la produzione di patate è attesa in calo del 15% rispetto a quanto raccolto lo scorso anno.
Tale risultato è frutto sia della riduzione delle superfici investite, sia delle rese produttive per ettaro, penalizzate anche dalle temperature eccezionalmente alte che sono state registrate nel corso di alcune delle principali fasi di sviluppo fenologico della coltura. C’è sicuramente – sottolinea la Cia – un problema prezzi che ha assottigliato la redditività dei produttori, passando dai 50 cents./kg del 2013 agli attuali 20 cents/kg (per il prodotto confezionato in sacchetti da 5-10 kg si scende sino a 10 cents/kg). Nonostante il calo dei prezzi, secondo una ricerca condotta da Nielsen e commissionata da Naturitalia e Apo Conerpo, in un solo anno, 300mila famiglie italiane hanno rinunciato a comprare patate da mensa; 20,5 milioni hanno acquistato patate fresche almeno una volta nel corso del 2015. A voler rovesciare la medaglia, perciò, 4,3 milioni di famiglie italiane non comprano patate fresche, nonostante si tratti forse del prodotto orticolo di largo consumo per eccellenza e nonostante il suo tasso di penetrazione sia elevatissimo. Per la Cia le sagre devono riaccendere l’attenzione a sostegno di un progetto di rilancio e sviluppo della coltivazione della patata soprattutto da destinare all’industria di trasformazione che registra un incremento di richiesta. Nel sottolineare che esistono varietà riconosciute e particolarmente apprezzate da importatori ed industria quali la patata rossa di Terranova del Pollino, la patata a pasta bianca, denominata “Marca” o gialla, denominata “Paesana”, coltivata da anni a San Severino Lucano, ma anche piccole produzioni (in quantità) di aree interne del Melandro, la Cia evidenzia che se incrementata, la coltura puo’ rappresentare una valida alternativa sia per le aree irrigue pianeggianti della valle e per le aree collinari dell’Alta Val d’Agri e del Senisese che per quelle aree piu’ interne dove l’irrigazione e la qualita’ del terreno possono garantire un’adeguata produzione e una maggiore programmazione della commercializzazione del prodotto sul mercato. Si tratta di fare un salto tra gli O.P. per realizzare quella filiera che è sempre mancata e superando le limitate produzioni ad uso e consumo familiare delle aziende agricole più piccole. Pesa la frammentazione del mercato: da un latosoltanto 6 players ( incluse private label, e marchi Consorzio della Patata Italiana di Qualità e Naturitalia) controllano il 57% del mercato delle patate, dall’altro l restante 43% è fortemente diluito in oltre 200 players.
L’occasione da non sprecare è il nuovo Prs 2014-2020 anche per incrementare le produzioni di maggiore qualità e in grado di garantire più reddito agli agricoltori.