“Nonostante nel linguaggio burocratico caro ai commissari dell’Unione Europea l’esito della spesa per i fondi strutturali 2007-2013 in Basilicata è “nella soglia di tolleranza”, la Rete Rurale Nazionale, che si occupa del PSR, considera “a rischio” la Basilicata, che è già andata in disimpegno automatico nel 2013 e nel 2014 e che in meno di quattro mesi dovrà spendere solo di quota comunitaria 86,4 milioni di euro, il 22,46% della dotazione iniziale. Una cifra, aggiornata al 31 agosto scorso, non da poco se raffrontata alla spesa pubblica necessaria a generarla: ben 150 milioni di euro”. E’ quanto sostiene Giuseppe Potenza, segretario regionale DC-Libertas che aggiunge: “l’allarme deve suonare forte in Regione perché si tratta di risorse ingenti sottratte al mondo agricolo lucano che ne ha assoluto bisogno per superare la fase drammatica di crisi che vive da troppi anni. Oltre a non essere un segnale di incoraggiamento per i giovani che vorrebbero svolgere attività nei campi. L’incapacità di spesa e di programmazione, purtroppo non solo in agricoltura – continua – è sicuramente una delle cause di quella “vera e propria scissione silenziosa del Mezzogiorno dal Paese” di cui ha parlato, con tono lucido e coraggioso, l’on. Speranza. Non si può infatti addossare responsabilità a senso unico e non ammettere quelle delle classi dirigenti del Sud. Siamo di fronte ad un inevitabile banco di prova per il governo Renzi che in seguito alla pubblicazione del rapporto Svimez e alla lettera aperta di Roberto Saviano (“Caro Premier, il Sud sta morendo”) aveva convocato all’inizio di agosto una direzione del Pd sul Mezzogiorno. Con l’annuncio per l’autunno degli stati generali dello sviluppo convocati dal ministro Federica Guidi e un progetto del Pd da presentare nei prossimi giorni, prima dell’approvazione della legge di Stabilità di fine mese: il masterplan o piano Renzi per il Sud.Purtroppo l’accelerazione nella spesa comunitaria sembra obiettivamente al di fuori della portata soprattutto per il Sud, che deve spendere entro la fine del prossimo anno ben 9 miliardi. Anche perché a questo punto le operazioni di riprogrammazione – che le Regioni del Sud hanno sempre criticato aspramente – sono formalmente quasi impossibili in termini di spostamento di risorse da un programma all’altro. Tutto quello che si poteva fare, soprattutto in termini di riduzione del cofinanziamento nazionale, è stato fatto con il Piano azione coesione, un programma parallelo di circa 11 miliardi che viaggia tutt’altro che bene, se il governo è costretto a intervenire anche lì con lo spostamento di 3 miliardi dai vecchi progetti a nuove finalità (in particolare la decontribuzione che le regioni del Sud non accettano perché si spalma sull’intero territorio nazionale). E se non si intende ascoltare le “sirene d’allarme” suonate da Svimez, almeno – conclude il segretario Dc – si ascoltino le “campane” della Chiesa che con la Conferenza Episcopale Italiana ha curato quel rapporto Svimez che si cerca di annacquare con dati sotto il segno più sull’occupazione, sempre precaria, di fonte Inps e Istat. Come se con qualche migliaio di nuovi assunti da noi con contratto a termine ogni problema possa essere considerato risolto”.
Set 12