Don Basilio Gavazzeni, presidente della Fondazione Lucana Antiusura Mons. Cavalla commenta la visita a Matera dell’attrice americana Sharon Stone in occasione della cena di beneficenza per la “Città della Pace” promossa dal premio nobile Betty Williams.
La comparsa a Matera di Sharon Stone, la bella ricucita ma per nulla trucibalda, non può non aver smosso qualche considerazione scevra del fascino divistico. A fianco della stagionatissima e manovriera Betty Williams, saziata dalle trimalcionerie di Palazzo Gattini, con i 36 convitati sventolanti 5 mila euro ciascuno per la Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata, ha fornito alla città un’altra minima leggenda per ingannare i giorni. “Yes, I am very happy to be here” (Sì, sono molto contenta di essere qui) è stata la cortese risposta dell’attrice a chi le ha chiesto se fosse contenta di essere qui. Giusto la risposta data da Cristoforo Colombo ai giornalisti indigeni che l’aspettavano sulle rive del Nuovo Mondo.
Domande del volgo villano: da dove saranno mai usciti i 36 ospiti di tale sbrecciata munificenza? Che cosa sarà stato effettivamente raccolto con tanta ostensione? Le figure istituzionali avranno versato le loro quote attingendo dal proprio o dall’altrui? Dove verrà spalmata la raccolta? In quali luoghi eletti si celebrano le attività di accoglienza, tutela e integrazione promosse dalla predetta Fondazione?
Così si è ripresentato il destro di riproporre l’insulso Leitmotiv della Regione leader ecc. ecc. ecc. Ah che cachinni, vivaddio! A chi si vuol darla a bere? Si veda proprio a Matera per esempio: che integrazione c’è degli immigrati africani che ormai costituiscono un’enclave da cui si protendono solo mani tese nella mendicità? E chi provvede all’integrazione di non pochi cittadini abbandonati alla miseria, come si rileva nei sotterranei della nostra società dove si disperano giorno dopo giorno i migliori volontari?
Che bello sarebbe che almeno alcuni di quei 36 inossidabili dalla solidarietà certamente non villosa vi si affacciassero talvolta. Non gli si chiederebbe nulla tranne che ascoltare, osservare e accettare gli scotimenti che gliene verrebbero.
C’è solo una cosa necessaria, le persone a cui siamo necessari, direbbe un poeta. Che a ogni buon Samaritano reciterebbe ancora: Val la pena di essere un fiume per dar da bere anche a una sola pecora. / Val la pena di essere un albero per dar da mangiare a tutti quegli uccellini / che al suo riparo altercano con grandi colpi di becco e trangugiano il frutto con il nòcciolo. / Che c’è di più delizioso di questo micro mondo tra noi e intorno a noi, che si nutre di noi, e che canta, e che ride, e che piange, e che si batte, / e che, beninteso, visto che gli apparteniamo, non si occupa più di noi, come se non esistessimo.
Basilio Gavazzeni
Non nascondo che leggendo questi interrogativi che si pone Don Basilio, mi si accappona la pelle. Frasi che cadono come macigni sui commensali che hanno partecipato con Sharon Stone e Betty Williams. Forse non ha torto Don Basilio a definirla la “CENA DI TRIMALCIONE”, anche se lo scopo era benefico……forse. Comunque, io non ero presente a quella cena ma gli stessi interrogativi me li pongo (soprattutto quando si chiede se la cena è stata pagata con soldi propri o attingendo da risorse non direttamente di loro pertinenza) . Sarebbe uno schiaffo alla realtà che quotidianamente viviamo. Mi fa rabbrividire la rappresentazione dei commensali che se la ridono (cachinni…..) incuranti del popolo che soffre la fame. Io mi associo alle riflessioni di Don Basilio, però allo stesso tempo mi chiedo se la stessa iniziativa fosse stata fatta per la sua Fondazione o la sua Parrocchia, se avrebbe usato gli stessi toni e le stesse frasi. Leggendo le ultime frasi dei suoi interrogativi il mio interrogativo di cosa avrebbe fatto lui …… non ho motivo di pormelo perché la risposta è contenuta proprio nelle ultime tre righe dei suoi interrogativi. Grazie Don Basilio per averci “ricordato” quello che ogni persona degna di essere tale deve sempre avere in mente.
Nino silecchia