L’irrisolta “questione meridionale” è, e deve diventare di nuovo tema nazionale.
Occorre una forte politica di rilancio dello sviluppo del Sud in grado di riequilibrare le differenze territoriali. E’ questo il messaggio lanciato oggi dalla Uil a Bari dove si è tenuta l’Assemblea nazionale alla quale hanno partecipato 108 delegati lucani tra dirigenti, lavoratori e pensionati.
“Al Sud – ha detto il segretario regionale Carmine Vaccaro – serve una riqualificazione della spesa ordinaria e un diverso impiego della spesa pubblica aggiuntiva dei Fondi Europei, in quanto queste, al momento, sono le “uniche e preziose” risorse certe e manovrabili all’interno dei Bilanci pubblici da destinare allo sviluppo, all’occupazione e alla crescita. La grande sfida, quindi, è programmare e impegnare presto e bene le risorse: nei prossimi sette anni per la programmazione europea arriveranno 800 milioni di euro. Noi, insieme a Cgil e Cisl, abbiamo fortemente lanciato l’idea che bisogna smettere di utilizzare questa risorsa nella logica della distribuzione a pioggia. Bisogna dare un’anima a questi fondi: per noi è l’occupazione, il lavoro. E’ una delle ultime chance che abbiamo a disposizione. Per fare questo ci vuole il pieno coinvolgimento, e non solo nella fase di elaborazione, del partenariato economico e sociale di questa regione. Per il Mezzogiorno va riaffermato il principio che il Paese tutto deve sviluppare un piano nazionale sulle politiche di coesione, e, quindi di intervento finanziario per riequilibrare il differenziale sociale, economico ed occupazionale tra aree sviluppate e non.
Per questo occorre quantificare, una volta per tutte, le risorse a disposizione di queste politiche, soprattutto dopo la riduzione sostanziosa, operata negli anni scorsi, da ultimo i 3,5 miliardi di euro del Piano di Azione e Coesione per finanziare la decontribuzione per le nuove assunzioni. Ecco perché la UIL – ha sostenuto Vaccaro – propone un documento per lo sviluppo socio economico ed occupazionale del mezzogiorno per lo sviluppo socio economico ed occupazionale del Mezzogiorno d’Italia attraverso un “Patto di Partenariato” istituzionale, sociale ed economico da presentare al Governo, alle Regioni ed alle altre forze sociali, per cercare di mettere in “primo piano” interventi mirati e scelte strategiche e coraggiose. Il tutto finalizzato alla crescita e allo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia, che potranno affermarsi innanzitutto attraverso una forte azione di rinnovamento teso all’efficienza ed all’efficacia della spesa pubblica e con approcci concreti su grandi scelte strategiche.
Secondo la UIL lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia passa per interventi modellati su 4 azioni cardine, evitando di fare la classica “lista della spesa” e concentrarsi sulla competitività dei territori per rimuovere i freni agli investimenti e allo sviluppo a partire da tutti gli strumenti di programmazione (nazionali, europei, e locali). La parola magica che non deve rimanere uno slogan sulla carta è e dovrebbe essere “concentrazione”: di risorse e di progetti. Puntiamo su un nuovo modello di politica industriale. E’ ormai ineludibile per il Mezzogiorno e del suo tessuto produttivo affrontare la sfida dimensionale delle imprese, ma occorre una strategia di politica industriale più “robusta” e orientata nel medio e lungo periodo.
E’ però necessario – ha detto Giuseppe Verrastro, Uil-Fpl intervenuto all’assemblea a nome della delegazione lucana – affinchè il termine “nuova politica industriale” non resti uno slogan, avere una buona dose di coraggio e sano pragmatismo: nel sud serve una struttura forte in grado di dare un indirizzo alle imprese. Insomma al Sud serve una nuova “IRI” che dia il senso della politica industriale nel Mezzogiorno e rilanci il marchio del “made in sud”. Infatti non si possono riunire tutte le funzioni di intervento pubblico nella cassa depositi e prestiti. Non si tratta di costituire un nuovo Ente, ma di cambiare “mission” e di ricapitalizzare “INVITALIA”. Contestualmente – ha aggiunto il delegato lucano – va riordinato il sistema delle 40 forme di incentivi alle imprese, con l’istituzione di un “fondo unico per gli incentivi agli investimenti e alla ricerca industriale”, capace di rafforzare efficacia e trasparenza nel sostegno agli investimenti nei settori produttivi. Inoltre gli incentivi dovranno essere meno generici e sempre più orientati alla ricapitalizzazione delle imprese, che è il grande problema dell’attuale assetto della attività produttive ed un freno alla concessione di finanziamenti da parte degli istituti di credito. Infine, lo sviluppo socio economico ed occupazionale del Sud riprende se ripartono gli investimenti pubblici nelle opere pubbliche favorendo il settore dell’edilizia che ha pagato il prezzo più alto della crisi. Il grande “piano di investimenti” deve contemplare sì grandi infrastrutture strategiche, ma anche opere piccole e medie, di manutenzione e di potenziamento della cosiddetta viabilità secondaria.