“Non ci possono essere limiti all’esercizio della vendita diretta in Basilicata come in tutto il Paese, su aree private all’aperto ovunque siano situate (quindi anche diverse da quelle ubicate nella sede principale dell’azienda agricola) e sulle quali l’imprenditore agricolo abbia, comunque, la disponibilità in base a un titolo legittimo. Fermo restando, naturalmente, l’osservanza delle norme vigenti in materia igienico-sanitaria”. Lo rende noto il direttore della Cia-Confederazione italiana agricoltori lucana Donato Distefano, evidenziando i chiarimenti sulle norme che regolano la vendita diretta contenuti in una lettera che il Ministero delle Politiche agricole ha inviato ad agosto al Ministero dello Sviluppo economico e all’Anci affinché fosse resa disponibile alle amministrazioni comunali. In sostanza – chiarisce il direttore della Cia – sinora sulla base di un’interpretazione restrittiva della cosiddetta Legge orientamento (Dlgs 228/2001) un agricoltore non poteva realizzare un punto vendita dei propri prodotti su un terreno che prendeva in affitto da un altro soggetto, in pieno contrasto con la libertà che lascia la Legge orientamento, che parla di vendita diretta possibile su tutto il territorio nazionale. Quello delle piccole produzioni agricole – spiega Distefano- è un segmento diffuso e importante che caratterizza e rafforza il settore primario anche in Basilicata. Nella nostra regione, risultano oltre 23.000 le aziende con meno di 2 ettari di SAU, oltre 15.000 gli allevamenti da cortile e suinicoli prevalentemente per autoconsumo e piccole trasformazioni familiari, oltre 5.000 le aziende vitivinicole con superficie sotto le 30 are, 33.000 quelle olivicole, solo per citare i numeri a volte inespressi e che rappresentano un tessuto produttivo nascosto e silenzioso che sorregge molte famiglie della comunità lucana. Si pensi in particolare ai circa 15.000 orti familiari che potrebbero beneficiare della vendita diretta. Tali aziende – osserva Distefano- spesso producono alimenti tradizionali di elevata qualità e tipicità con ricadute non solo sulla microeconomia ma su fattori determinanti quali il presidio del territorio (specie montano), la ruralità, il paesaggio agrario, l’agriturismo. I quantitativi per la vendita, che avviene prevalentemente in ambito locale e di prossimità, sono di modesta entità, in quanto tali produzioni hanno assolto fino a oggi al prioritario obiettivo dell’autoconsumo familiare. Di qui la nostra attenzione, come abbiamo avuto di esprimere nei giorni scorsi, in merito al ddl Cifarelli-Romaniello, per disciplinare le operazioni di macellazione in locali multifunzionali aziendali agricoli, la relativa trasformazione e vendita diretta di piccoli quantitativi di prodotti di carne primari e trasformati di bovini, ovini, caprini e suini, di proprietà e allevati in aziende che ha il merito di chiudere la filiera di produzione-trasformazione-vendita.
Intanto la Cia non può che esprimere piena soddisfazione sul provvedimento che riguarda la vendita diretta constatando che il Mipaaf ha accolto tutte le osservazioni segnalate. Anche grazie al nostro intervento si è quindi scongiurata un’interpretazione legislativa da parte del Ministero dello Sviluppo economico che rischiava di limitare le possibilità di relazionarsi col mercato da parte delle nostre imprese agricole che fanno vendita diretta”.
Nel ribadire l’impegno ad incrementare le esperienze di “mercati contadini” soprattutto nei due capoluoghi e nei centri più grandi, Distefano afferma che “ci sono adesso le premesse per la moderna agricoltura multifunzionale, dove l’azienda agricola non solo produce cibo, ma anche servizi secondari utili alla collettività (agriturismo, vendita diretta, agri-didattica, riqualificazione ambientale e cura del verde, sviluppo rurale del territorio, mantenimento della biodiversità, inserimento lavorativo di persone con disabilità)”.
Ott 16