Dopo anni drammatici che ne avevano fatto temere la scomparsa torna a crescere la produzione di castagne Made in Italy con un aumento stimato in media del 20 per cento rispetto a un 2014 che aveva fatto segnare il minimo storico, per effetto degli attacchi del cinipide, il parassita cinese che fa seccare gli alberi ed ha provocato nei boschi italiani una vera strage. E’ quanto emerge da una indagine della Coldiretti in occasione dell’avvio della raccolta segnato da feste e manifestazioni. Quest’anno si festeggia una storica rinascita di quello che Giovanni Pascoli chiamava “l’italico albero del pane”, simbolo dell’autunno nei libri scolastici di molteplici generazioni di giovani scolari.
Il raccolto di castagne Made in Italy, con una qualità comunque ottima, risalirà quest’anno oltre i 20 milioni di chili, pur restando al di sotto della media. La situazione è in realtà a macchia di leopardo lungo la Penisola con una ripresa dei raccolti che arriva al 50 per cento in Toscana mentre è ancora in calo in Basilicata.
A pesare sulla ripresa è stata anche l’attività di lotta al cinipide attraverso i lanci del suo nemico naturale, il parassitoide Torymus sinensis, che ha dato risultati positivi nei castagneti di molte regioni, pur se saranno necessari anni per ritornare ad un livello produttivo degno della tradizione nazionale. Basti dire che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, ma ancora dieci anni fa era il triplo rispetto a quella attuale.
Tra le superfici boscate sono piuttosto diffusi i castagneti; i dati INFC (Inventario nazionale delle foreste) dichiarano in ha 6701 le superfici investite a castagno e di queste, circa ha 5000 sono di ceduo e circa ha 1700 di fustaie. Le zone della Provincia di Potenza dove è maggiore la presenza del castagno solo le zone del Vulture, del Lagonegrese/Pollino e della Valle dell’Agri. Inoltre l’ISTAT evidenzia la presenza di circa ha 770 a castagno da frutto; dato poco indicativo che ne sottostima la reale produzione; infatti è giusto precisare che la maggior parte dei castagneti, in Basilicata, risultano classificati catastalmente come bosco condizionando negativamente i parametri di riferimento del Ministero nel definire i lanci.
La Basilicata può sicuramente definirsi terra di castagne con la presenza di una varietà incredibile di biodiversità. Ciò è testimoniato, ancora oggi, anche dalla realizzazione, nel periodo autunnale, di diverse “sagre di paese”, dal Vulture al Pollino, partecipate da famiglie provenienti soprattutto da fuori Regione. Restano molto popolari le sagre di Melfi, Tramutola e Trecchina, tanto per citarne alcune.
Il bosco di castagno è stato per secoli un importante fonte di sostentamento nella civiltà contadina, ma il valore del castagno è sempre stato il frutto; non a caso è stato chiamato anticamente anche albero del pane con un ruolo fondamentale nell’economia della montagna fino a pochi decenni orsono, anche se la gastronomia legata alle castagne, sia fresche che secche, ha saputo conservare la memoria nelle ricette, che ora trovano ampio spazio nei menù dei ristoranti, delle trattorie e delle pasticcerie tipiche della Regione. Non a caso, in autunno, dal Melfese al Lagonegrese, dal Pollino al parco della Val d’Agri i boschi di castagno sono frequentati da centinaia di turisti alla ricerca dei ricci delle castagne, favorendo involontariamente, attraverso questi itinerari fai da te, la riscoperta di sentieri naturali, panorami bellissimi, colori d’autunno che solo una Regione come la Basilicata sa offrire.
Nonostante il ritorno delle castagne Made in Italy resta il rischio di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Turchia e dalla Slovenia, con le importazioni che nel giro di due anni sono quasi triplicate in valore, passando dai 38,7 milioni di euro in valore del 2012 ai 67,8 milioni di euro del 2013 fino ai 95,3 milioni euro del 2014, pari ad oltre 38 milioni di chilogrammi di castagne in guscio e 800.000 kg di castagne sgusciate, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori, anche inferiori a 2 euro al chilo. Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori.
Non sono noti invece i dati relativi alle importazioni di farina di castagne, perché non esiste un codice doganale specifico, ma solo un codice relativo alla farina ottenuta da frutti di diverse tipologie. Serve pertanto l’introduzione di un codice doganale specifico per la farina di castagne, in modo da poterne monitorare i flussi e l’obbligo di etichettatura di origine per i derivati a base di castagne.
Un modo per tutelare l’alta qualità della produzione made in Italy.
Per il Presidente della Coldiretti di Basilicata Piergiorgio Quarto “Se non si vuole correre il rischio di acquistare spesso a caro prezzo caldarroste straniere in vendita nel centro delle città, invitiamo i consumatori a controllare la qualità e di ricorrere a un più genuino fai da te casalingo per garantirsi un prodotto fresco, sicuro e a costi accessibili. Un consiglio è quello di frequentare i mercati di Campagna Amica o le sagre in programma in questi giorni in tutta la nostra Regione, dove è possibile fare buoni acquisti, oppure rivolgersi alle imprese agricole e riscoprire il gusto di partecipare nei boschi alla raccolta delle castagne”.
Le castagne, delle quali si conoscono oltre cento varietà, sono rimaste nelle tradizioni alimentari autunnali degli italiani da consumare in diversi modi: arrosto (dopo averle incise sul lato bombato metterle in una padella di ferro con il fondo forato e cuocerle o sul fuoco vivo o in forno per circa 30 minuti, dopo la cottura si consiglia di avvolgerle in un canovaccio umido); lesse (dopo averle lavate accuratamente, cuocerle in abbondante acqua salata per circa 40 minuti); cotte in latte e zucchero; usate per particolari ripieni, nella preparazione di primi piatti o elaborati secondi a base di carne.