Riportiamo di seguito una nota dell’ANED, Associazione Nazionale Emodializzati – Dialisi e Trapianto – Onlus, relativa alla petizione sottoscritta da 27 pazienti, in trattamento dialitico a Tinchi, con la quale domandano la nascita di un nuovo centro dialisi pubblico a Policoro.
“Metà dei pazienti in trattamento dialitico a Tinchi chiede un luogo di cura più adatto per la sicurezza delle prestazioni”
Sono pazienti, quasi tutti portatori di pluripatologie, che chiedono di realizzare un nuovo centro dialisi pubblico presso l’ospedale di Policoro. Una struttura, quest’ultima, sicuramente più adatta per la garanzia dell’appropriatezza.
Il 17 settembre scorso abbiamo presentato al presidente della giunta regionale, dott. Marcello Pittella, all’assessore alle politiche alla persona, prof.ssa Flavia Franconi e al presidente della IV commissione consiliare regionale competente sulle politiche sociali e sanitarie, dott. Luigi Bradascio, le firme di 27 pazienti che non vogliono continuare la dialisi presso l’ospedale di Tinchi dove attualmente sono in trattamento.
Chiedono che venga realizzato un centro dialisi pubblico presso l’ospedale di Policoro che ritengono, e lo ribadiamo ancora, il luogo di cura più adatto che garantisce la sicurezza delle prestazioni sanitarie erogate, il trattamento delle complicanze legate all’insufficienza renale e alla terapia dialitica, la tutela della salute e della vita.
L’insufficienza renale cronica è purtroppo solo una delle numerosi insufficienze d’organo, in particolare quella cardiovascolare, che richiedono interventi clinici ad alta specificità e strutture ospedaliere dotate di reparti dedicati all’emergenza ed altre strutture complesse, come quelle presenti a Policoro, volte a stabilizzare la cronicità e le patologie correlate.
Non solo, alcuni pazienti sono anche portatori di disabilità complesse con altri bisogni assistenziali e tipologie di intervento ulteriori che l’ospedale di Tinchi non può garantire perché strutturato con pochi servizi e dove non è possibile effettuare ricoveri ordinari.
Quando i dializzati si rivolgono al pronto soccorso attivo dell’ospedale di Policoro, l’unico presente sulla fascia ionica, per presenza improvvise di sofferenza a rischio con sintomi e malesseri anche intensi, nella migliore delle ipotesi il paziente viene temporaneamente ricoverato o sottoposto ad periodo di osservazione per poi essere indirizzato verso gli ospedali di Tinchi o Matera per l’appuntamento inderogabile con la dialisi.
Nella peggiore delle ipotesi il paziente firma e torna a casa rinunciando alle cure, nonostante i consigli dei sanitari di rivolgersi all’ospedale di Matera perché a Policoro non ci sono posti dialisi, ma solo moduli dialitici dedicati alle situazioni di emergenza.
Certo è necessario individuare percorsi diagnostici-terapeutici e assistenziali e gradi di sorveglianza opportuni a seconda della diversità delle esigenze cliniche dei pazienti, con l’obiettivo di un miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria associata ad un risparmio nell’impiego di risorse.
Ma allora qual è il senso, la razionalità, quali sono le ragioni che spiegano la scelta di realizzare una nuova sede per la dialisi, mediante finanza di progetto, presso l’ospedale di Tinchi, in posizione esterna allo stesso presidio?
Quali sono invece le motivazioni e le logiche di una programmazione sanitaria regionale che non prevede la dotazione di un centro dialisi pubblico presso l’ospedale di Policoro, che dalla stessa Regione Basilicata è stato riconosciuto idoneo per le emergenze, sede di PSA, pronto soccorso attivo, di Rianimazione, di Unità di Terapia Intensiva (Utic) e di altre strutture complesse?
Policoro un paese posto sul mare, in posizione strategica, a vocazione turistica, collegato alle strade più importanti, potrebbe diventare punto di riferimento per i dializzati provenienti dalle Regioni limitrofe, attrarre dializzati da tutta Italia che potrebbero trascorrere le vacanza in una delle zone più belle della nostra Lucania, consentirebbe una forte riduzione dei costi di trasporto.
Ma soprattutto garantisce la sicurezza delle prestazioni erogate non solo dialitiche: è un investimento di grande importanza per tutta la Regione, non tenerne conto sarebbe una scelta priva di senso.
Non è più il tempo di costruire cattedrali nel deserto, di assecondare interessi campanilistici, di scontri tra sindaci per accaparrarsi la dialisi, di sperpero di denaro pubblico per poi contrarre i diritti delle persone svantaggiate per far quadrare i conti, di schemi ideologici confezionati.
E’ il tempo di mettere la persona e il malato al centro dei servizi sanitari nazionale e regionali, di dare risposte ai loro bisogni di salute, di curare le cronicità della malattia con un approccio di squadra e differenti livelli di intervento, di presa in carico precoce del paziente per rallentare l’evoluzione delle patologie, ridurre i ricoveri e la mortalità.
E’ il tempo di un approccio culturale e di una politica sanitaria diversa che sappia guardare oltre il contingente e avere una visione d’insieme più complessiva.
E’ una questione che non riguarda esclusivamente i dializzati ma deve interessare anche tutte le parti politiche e sociali, i sindacati, le associazioni, ogni singolo cittadino.
I pazienti chiedono più garanzie e tutele, vogliono sicurezza, aspettano risposte.