Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni del docente Nicola Pavese sulla riforma della Buona Scuola del Governo Renzi.
«Pensionare i Prof? Solo a 100 anni se accompagnati dai genitori!»; «40 anni di lavoro,64 di età…la fregatura continua! Tante grazie alla ditta Fornero-Renzi»; «Da Quota 96 a Quota 104…e i Prof precari stanno a guardare!», sono questi alcuni cartelli e striscioni che hanno sfilato a Roma durante la recente manifestazione contro la “Buona Scuola”, ovvero contro la legge 107/2015, che ha visto anche la partecipazione di una rappresentanza lucana. La giornata di protesta, a cui hanno preso parte i docenti dalle Scuole materne agli Istituti superiori insieme al personale Ata e studenti, è stata indetta dai Cobas, Anief, Cub Scuola e Unione studenti italiani. Analoghe iniziative si sono svolte a Torino, Milano, Firenze, Napoli e Palermo e in numerose altre località italiane, tra cui Lagonegro in Basilicata.
A Roma era presente il personale della scuola giunto anche dalla Liguria, dall’Emilia –Romagna, dalla Toscana, dalle Marche, dalla Puglia e dalla Sicilia a dar voce e sostegno a una protesta che si è ripetuta nella Capitale dopo l’altro maxi sciopero generale del 5 maggio scorso, promosso da Cgil, Uil, Cisl, Snals e altri sindacati, e dopo la “giornata in piazza” degli studenti tenuta il 24 ottobre in tutta l’Italia, Matera e Potenza comprese. L’adesione degli insegnanti e dei lavoratori della scuola è stata del 25%, oltre alle diverse decine di migliaia di studenti da Nord a Sud. A conferma che gli “irriducibili” sono ancora tanti alla luce delle non poche storture presenti nella “Buona Scuola”, che il governo ha approvato a luglio scorso senza un reale confronto aperto e democratico con lavoratori e studenti durante l’iter di approvazione.
Molti problemi, infatti, sono rimasti irrisolti, anzi sono addirittura aumentati: basti pensare alle classi-pollaio con 28-30 alunni e oltre (dove mancano anche gli spazi per le attività e gli standard di sicurezza) e alla deprecabile situazione dei docenti-genitori che hanno dovuto lasciare la famiglia al Sud (spesso con bambini piccoli!) perché costretti ad accettare, a 40-50 anni di età, una sede di lavoro stabile nel Centro-Nord dell’Italia, dove si fermeranno per alcuni anni imprecisati. E cosa dire delle ipotizzate supplenze da abolire per risparmiare fondi che, invece, proprio per la “Buona Scuola” sono aumentate in tutto il Paese!?. Oppure basti pensare alla grottesca questione dei Quota 96 (oggi Quota 104, 40 anni di lavoro e 64 di età) trattenuti in servizio (potremmo dire in “ostaggio”!) da quattro anni per via di un riconosciuto errore della Legge Fornero che ha privato loro, a causa di un madornale errore, del diritto alla pensione ampiamente maturato. Al quale errore nel mese di agosto 2014 si stava tuttavia ponendo un giusto rimedio bloccato da Renzi all’ultimo momento, pur in presenza dell’approvazione da parte di tutti i componenti delle Commissioni parlamentari interessate, e quindi in presenza delle relative coperture finanziarie. Tra l’altro, tale operazione avrebbe consentito a circa 4.000 Prof anziani (oggi ridotti a poco più di 1.500 e costretti a lavorare fino a 67 anni) di andare in pensione con i requisiti già raggiunti sin dal 2012. Dando luogo, nel contempo, a un avvicendamento di altrettanti giovani (?) docenti precari, con un’età media di 40-45 anni, e spesso con famiglia a carico. Insomma, una beffa per chi doveva andare in pensione e per chi aspirava a sostituirli.
Né a Renzi vanno bene le nuove proposte dell’on.Damiano e del presidente dell’Inps Boeri, da lui stesso scelto per dirimere la tanto discussa questione lavoro-pensioni-disoccupazione giovanile. Sulla quale recentemente c’è stato persino un monito di Papa Francesco che ha definito «una vergogna chiedere forti rinunce che sacrificano valori, relazioni e principi a scapito dei nuclei familiari».
Ma la mobilitazione del mondo della scuola, che continuerà anche nei prossimi mesi, tende a mettere ancora una volta in discussione anche i comitati di valutazione del merito dei docenti (dopo aver vinto concorsi, superato abilitazioni, master e corsi di perfezionamento), inoltre si è contrari alla figura del preside-padrone che assume, licenzia, premia e punisce a proprio piacimento (…e questi controllori chi li controlla?). Per non parlare dell’alternanza Scuola-Lavoro, e ancora della mancata assunzione di tutti gli abilitati e dei precari con almeno 36 mesi di servizio. Esattamente come stabilito dalla sentenza della Corte Europea di Giustizia, che è stata invece aggirata. E poi c’è altro ancora.
In conclusione, non si può non evidenziare la scarsa considerazione (meglio il disprezzo) in cui è tenuta dal governo la classe docente vista l’offensiva e vergognosa somma di 8 euro lordi (5 al netto!) quale aumento dello stipendio previsti dalla legge di Stabilità. E questo dopo 6 anni di blocco contrattuale e 20 anni di riduzione dei salari. Insomma, roba da straccioni.