“I numeri appena rilasciati dall’Istat, che ha rilevato – nel 2013 – in 206 miliardi il valore imponente dell’economia sommersa e illegale (il 12,9% del nostro Pil), non mi trovano affatto sorpreso. Nonostante numerose denunce, in cui mi sono esposto in prima persona – anche in Parlamento – per portare il grave problema della concorrenza sleale e del lavoro nero all’attenzione delle Istituzioni e degli organi competenti, poco o nulla sembra essere cambiato anche nel settore in cui opero, quello dell’arredamento.
Nel Distretto del Mobile Imbottito di Puglia e Basilicata – un tempo fiore all’occhiello dell’industria manifatturiera del nostro Paese – il fenomeno del sommerso sta definitivamente mettendo a repentaglio l’esistenza di tutte quelle aziende del made in Italy che operano nella legalità, rispettano la legge e pagano regolarmente le tasse. Dal 2002 a oggi le aziende sono passate da 524 a meno di 100, mentre i lavoratori da 14.000 a 6.000.
Questo modello di business, che trova la sua ragion d’essere nella più estrema illegalità, oltre ad alimentare l’evasione fiscale e contributiva, sottrae dalle casse dello Stato risorse che anziché all’assistenzialismo potrebbero essere destinate allo sviluppo, ma soprattutto taglia le ali al futuro del made in Italy, distruggendone il valore e ingannando i consumatori.
Credo che tutti noi – imprenditori, ma anche Sindacati e Istituzioni – dovremmo seriamente interrogarci se questo dilagante fenomeno del sommerso non possa mettere a repentaglio queste prime luci di ripresa che si intravedono, così come il lavoro di tutte quelle aziende italiane che hanno cercato, durante gli ultimi anni di crisi economica, di recuperare la competitività delle proprie produzioni sui mercati domestici e internazionali, investendo nell’innovazione di prodotto e dei processi e scommettendo sul Paese”.