Leonardo Rocco Tauro, coordinamento regionale Fratelli d’Italia AN, esprime in una note le sue valutazioni politiche dopo l’approvazione del nuovo statuto regionale da parte della Regione Basilicata.
Il nuovo Statuto regionale è una Carta che pone anche la nostra regione tra quelle italiane che si sono dotate dell’importante strumento (quanto meno in teoria) che servirà a gestire nei prossimi decenni l’attività politica e amministrativa del maggiore ente sul territorio.
Il fatto che è stato approvato con un’ampia maggioranza, poche astensioni e nessun voto contrario, dimostra che gran parte delle varie esigenze e visioni politiche sono state soddisfatte nello stesso Documento.
Alcuni punti fermi, ma non scontati alla partenza, sono da apprezzare enormemente.
Intanto l’intangibilità della nostra regione. Di fronte ai tanti ricorrenti tentativi di rivedere i confini delle regioni italiane al fine di eliminare tra le altre anche la nostra, visione che discende da aspetti puramente economici, e senza alcun substrato altro che non sia appunto quello aridamente pragmatico, non è poco.
Poi, ancora, che i residenti in Basilicata si chiamino ufficialmente Lucani e basta, è un elemento di grande importanza. E pure questo non era affatto certo.
Anche alla luce di quanto asserisce qualche studioso, che avanza l’idea che i lucani andrebbero chiamati, anche a norma di statuto, Basilicatesi.
Sul filo della logica, tale idea ha la sua validità.
Però il termine lucano è sopravvissuto anche quando la nostra regione non si chiamava più Lucania ma Basilicata, e ciò dal X secolo d. c., ad ulteriore conferma della superiorità di un termine rispetto ad un altro.
Ovvio che in un articolo di pochi periodi non si possono fare considerazioni approfondite ed esaustive in ordine a motivi storici, culturali, antropologici.
Bisogna solamente prendere atto del fatto che da sempre gli abitanti di questa parte di Italia sono stati chiamati lucani, pur con la denominazione geografica e confini territoriali cangianti.
Se vogliamo dirla tutta sull’argomento, sono stati i “nostri” padri costituenti a non approfittare, di quanto già esistente nel 1946/47, in occasione della preparazione della nuova Costituzione repubblicana, per conservare, anche nella novella costituzione post guerra, il termine Lucania.
Già reintrodotto, infatti, nel 1932 per volontà del governo fascista, proprio per porre fine a quella dicotomia linguistica.
I “nostri” costituenti evidentemente accecati, e come potremmo dire diversamente, dall’odio verso ogni atto del precedente sistema politico, non seppero resistere alla voglia di cambiare di nuovo tutto, furore iconoclastico allo stato puro, anche sapendo che il problema linguistico si sarebbe riproposto.
Solamente una domanda mi faccio : Perché non approfittare nel prossimo turno delle elezioni regioni del 2018 per fare decidere, un volta per sempre, i cittadini lucani come chiamare la propria terra?
Perché avere sempre paura del coinvolgimento diretto di un popolo?
Per il resto, lo statuto regionale, che dovrà essere approvato definitivamente in seconda battuta tra alcune settimane, forse non è il meglio che si potesse desiderare, almeno in alcune sue parti ( ovviamente opinione del tutto personale), ma è un articolato, comunque necessario, e che aspettavamo da circa 20 anni.
Mi congratulo, infine, per l’ottimo lavoro svolto in commissione, con il nostro consigliere Gianni Rosa, che è riuscito a spuntarla e salvare gli aspetti più essenziali della Carta regionale, specie all’articolo 1.
Poi, uno statuto, per quanto importante possa essere, è sempre e solo uno strumento.
Sta agli attori, classe dirigente e cittadini, invece, operare al meglio perché un territorio avanzi verso traguardi che permettano una diffusa quanto dignitosa condizione di vita a tutti. Nessuno escluso.