Il Movimento 5 Stelle Montalbano ha presentato questa mattina al Comune una proposta di deliberazione in merito al rischio che il deposito unico nazionale di scorie nucleari sia realizzato nel nostro territorio.
Il sindaco Piero Marrese, già da tempo, ha nelle sue mani una proposta simile, che però non ha ancora portato in Consiglio comunale né in Commissione. Gli è stata consegnata dall’associazione “Scanziamo le Scorie”, l’organizzazione nata nel 2003, nella quale si riconobbero un po’ tutti i lucani durante i 15 giorni di protesta collettiva.
Il silenzio del sindaco Marrese è preoccupante, in quanto l’area di localizzazione del deposito, questa volta potrebbe proprio essere il territorio di Montalbano, tra lo svincolo della Val d’Agri, in contrada Capolevata, e i confini dei Comuni di Tursi e di Craco.
Lo si evince leggendo i criteri di inclusione e di esclusione geo-sociali stabiliti dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che sembrano descrivere proprio il territorio a nord-ovest di Montalbano, il quale, tra l’altro, è anche fuori dalla Riserva del Geosito dei Calanchi (le aree protette preservano dal deposito).
Questo tipo di delibera l’hanno già adottata diversi comuni pugliesi e lucani, compreso il capoluogo Matera, in congiunta e all’unanimità con Altamura. Chi approva la delibera si smarca dal rischio di diventare pattumiera di rifiuti nucleari, in quanto la normativa attuale tutela la volontà dei territori e dà molti poteri innanzitutto alle Regioni e, in subordine, ai Comuni che si dichiarano contrari.
In attesa che la Regione si esprima (le basterebbe realizzare il Parco dei Calanchi per tirarsene fuori), sarebbe interessante sapere qual è la posizione del primo, del secondo e del terzo cittadino di Montalbano.
Del sindaco, perché non cerchi di cavarsela non affrontando il problema: se è per il deposito di scorie nucleari deve dirlo subito e pubblicamente; del suo vice, Giuseppe Di Sanzo, e del presidente del Consiglio, Franco Gioia, perché invece, ricordiamo bene l’impegno messo nel 2003 dalla sinistra montalbanese, insieme alle sigle sindacali del tempo, Cgil in testa, contro l’ipotesi del deposito di scorie a Terzo Cavone.
Se dal 2003 a oggi è cambiato qualcosa nella sinistra montalbanese, vorremmo saperlo, perché le problematiche sono le stesse di 13 anni fa: il deposito fa perdere valore ai beni e alle produzioni dell’area in cui viene realizzato; i rischi di contaminazione e di diventare un bersaglio terroristico sono altissimi, non compensabili dalla marea di soldi che l’operazione potrebbe portare. Sia perché nessuna somma di denaro può compensare la desertificazione sociale del territorio e sia perché il sistema delle royalties, come ben sappiamo noi lucani, è fallimentare in partenza in quanto serve solo ad alimentare il ristretto circuito degli interessi di bottega del clientelarismo dei partiti