La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum sulle trivelle: il quesito riguarda la durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate. I quesiti referendari proposti erano in tutto sei. L’Ufficio centrale della Cassazione li aveva accolti tutti. Ma il governo ha introdotto una serie di norme nella legge di Stabilità che hanno messo mano alla materia, ribadendo il divieto di trivellazioni entro le 12 miglia mare.
La Cassazione ha quindi nuovamente valutato i referendum, ritenendo ammissibile solo il sesto: il quesito riguarda la norma che prevede che i permessi e le concessioni già rilasciati abbiano la “durata della vita utile del giacimento”. Oggi c’è stato l’esame della Consulta, che pure ha ritenuto ammissibile il sesto quesito referendario.
“È un’altra vittoria delle Regioni, degli enti locali a difesa dei principi costituzionali e dei diritti dei cittadini, della leale collaborazione tra istituzioni delle Repubblica. Non c’è uno Stato centrale che ama l’Italia e un territorio che la odia. L’interesse strategico di un Paese, con lealtà e trasparenza lo si costituisce insieme”.
Lo ha detto il presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Piero Lacorazza (Pd), in riferimento alla decisione della Corte costituzionale sul referendum “anti trivelle” di cui la Basilicata è stata capofila. “Dopo il il dietrofront del Governo e del Parlamento – ha aggiunto Lacorazza – che, per effetto dei tre quesiti referendari, hanno già modificato parte delle scelte contenute nella legge sullo ‘Sblocca Italia’ la decisione della Suprema Corte di ammettere il sesto quesito è un altro passo avanti molto importante”.
Referendum, Lacorazza: perché il Governo rifiuta il dialogo?
Il presidente del Consiglio regionale della Basilicata: “Se il Governo alza il muro, referendum sia. Ma la partita va giocata davvero: si preveda l’election day, facendo svolgere il referendum insieme al primo turno delle elezioni amministrative”.
“Fra conferme e smentite, ieri sera le agenzie hanno diffuso la notizia che il Governo non emanerà nessun provvedimento sulla durata delle concessioni di estrazioni già esistenti dopo la decisione della Consulta di dichiarare ammissibile il referendum sulle trivelle in mare. Se fossero confermate queste indiscrezioni, ci troveremmo di fronte ad un Governo che rifiuta il dialogo e non vuole cambiare le norme”. E’ quanto afferma il presidente del Consiglio regionale della Basilicata Piero Lacorazza.
“Ho sempre ribadito in questi mesi che l’obiettivo era cambiare le norme non fare il referendum – continua Lacorazza – e dopo la conferenza sul clima di Parigi è necessario anche ripensare le politiche energetiche del nostro Paese, che riguardano anche la capacità del nostro sistema della ricerca e delle imprese di accettare la sfida dell’innovazione”.
“Tuttavia – aggiunge -, dopo la decisione della Consulta, ed in attesa delle decisioni che lo stesso organo dovrà assumere sul conflitto di attribuzione sollevato dai rappresentanti di sei Consigli regionali in merito ad altri due quesiti referendari, è evidente che siamo ormai in un’altra fase. E se comunque dovesse essere confermata questa chiusura del Governo dovremmo dedurre che la mancata convocazione delle Regioni, chiamate con urgenza a discutere dello smog ma non convocate sulla questione altrettanto importante del referendum, è stata una scelta. Mi chiedo: Perché? Comunque, se il Governo alza il muro, referendum sia. Ma la partita va giocata davvero: si preveda l’election day, facendo svolgere il referendum insieme al primo turno delle elezioni amministrative. L’istituto referendario – conclude Lacorazza – è una importante opportunità di scelta: promuovere la partecipazione consapevole dei cittadini, peraltro con un notevole risparmio per il Paese, è nell’interesse di tutti”.
Gianni Perrino, Consigliere Regionale del Movimento 5 Stelle su Referendum abrogativi: la Corte Costituzionale dichiara ammissibile l’unico quesito “superstite” dopo l’esame della Cassazione. Primo risultato della nostra lunga battaglia “anti Trivelle”.
Era il 21 luglio 2015 e in aula, in Consiglio Regionale di Basilicata, il M5S cercò nuovamente e testardamente di opporsi all’irresponsabile disegno “trivellatore” (e inceneneritorista) di Renzi. Lo definimmo il “nostro appello all’unità”: dopo i ripetuti rifiuti di Pittella di impugnare le vergognose norme pro-trivelle, il M5S rinnovava la richiesta al Consiglio Regionale di ritrovare l’orgoglio e la dignità di essere lucani, difendendo la nostra terra anche attraverso un referendum abrogativo dell’articolo 35 del decreto Passera (trivellazioni entro le 12 miglia marine) e degli articoli 35 (Sblocca inceneritori), 37 (Sblocca gasdotti e oleodotti) e 38 (Sblocca Trivelle) dell’infame decreto legge “Sblocca Italia”.
Quasi 7 mesi dopo, nonostante mille tribolazioni e tentativi di sabotaggio (più o meno mascherati), abbiamo finalmente un risultato concreto: la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il sesto quesito, quello sulle attività petrolifere entro le 12 miglia marine, che, dopo la riscrittura della Cassazione, si incentra sull’attuale previsione che i titoli concessori già rilasciati debbano essere fatti salvi “per la durata di vita utile del giacimento”.
Il M5S Basilicata ritiene il risultato positivo, ma non si ritiene certo appagato. La strada per ottenere un definitivo “stop alle Trivelle” è ancora lunga e difficile. Guardiamo oltre e attendiamo l’esito del conflitto di attribuzione sollevato dai delegati di nove dei dieci Consigli Regionali, in seguito al giudizio della Corte di Cassazione che ha ritenuto soddisfacenti le modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2016 oltre che per il primo, il quarto ed il quinto, anche relativamente al secondo (piano aree) ed al terzo (proroghe titoli concessori), dichiarando che non avrebbero più avuto corso le operazioni concernenti le relative richieste referendarie.
Rimaniamo coi piedi ben saldi per terra: non ci lascia affatto tranquilli la schizofrenia che caratterizza molti esponenti politici sparsi nei vari livelli istituzionali. Basti pensare alla clamorosa “inversione ad U” della Regione Abruzzo che, nel giro di qualche giorno, pare essere passata chiaramente su una posizione possibilista sulle trivellazioni, abbandonando il fronte “NO-TRIV”.
Intanto, con tutta la spocchia e boria tipica delle multinazionali, la Shell fa sapere di aver presentato tre istanze di valutazione di impatto ambientale (VIA) per altrettanti permessi di ricerca di idrocarburi denominati La Cerasa, Pignola e Monte Cavallo (Val D’Agri e Valle del Sauro). Come vedete i giganti delle energie fossili non si lasciano certo intimorire dalle proteste di un popolo e di un territorio allo stremo, come quello lucano. Anzi, cercano la sponda di un governo supino alle esigenze delle compagnie petrolifere e da parte delle istituzioni locali ormai suddite e completamente appiattite su un arcaico e disastroso modello di sfruttamento di giacimenti: un modello che permette di fare profitti alle multinazionali del petrolio ma che rischia di compromettere definitivamente i delicati equilibri ecologici della nostra terra. Tutto questo conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che al di là delle modifiche legislative di un legislatore “ballerino” che pare eterodiretto da interessi che non sono quelli delle comunità che abitano i territori, il referendum abrogativo (che con tutti i suoi attuali limiti resta comunque espressione della democrazia diretta) appare l’unica via per arginare la “furia” trivellatrice e le assurde pretese delle multinazionali petrolifere, ricordando, nel contempo, a Matteo Renzi che, per sua sfortuna, la sovranità spetta al popolo italiano. Che il “bomba” se ne faccia una ragione!
Nicola Benedetto, consigliere regionale CD: “Referendum anti-trivelle non servira’ nulla”.
A costo di passare per l’unico “bastian contrario” ma , confermando la posizione espressa in Consiglio Regionale nel dibattito sui referendum anti-trivelle, penso che la decisione della Corte Costituzionale di dichiarare ammissibile il referendum sulle trivelle, o meglio il quesito che riguarda la durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate, l’unico dei sei sopravvissuto dopo l’intervento della Cassazione, non servirà a nulla. Forse a tacitare la coscienza di quei presidenti delle Regioni che hanno sostenuto il referendum come strumento risolutivo ma di fatto l’emendamento presentato dal Governo alla Legge di Stabilità che vieta le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa sposta la ricerca solo di qualche miglia. Intanto è bene ricordare che, come testimonia la bassa affluenza degli elettori in altre consultazioni referendarie recenti,ci sono difficoltà certe per il raggiungimento del quorum e se pure si dovesse raggiungere ci sono davvero poche possibilità che lombardi, veneti, piemontesi votino a favore della nostra tesi. Ritengo perciò che i Governatori delle Regioni del Sud quasi tutti del Pd e comunque espressione del centrosinistra devono fare ben altro, perché questa operazione del referendum finirà per legittimare il Governo Renzi che vuole ricercare ed estrarre il petrolio dappertutto e ridurre la Basilicata in gruviera.
Del resto la linea politica al Governo Renzi è dettata dall’amministratore delegato diEni, Claudio Descalzi, che un paio di giorni fa, in un’intervista ad un programma Rai Tre ha criticato il movimento anti-trivelle, proprio nei giorni in cui va in scena lo scontro tra il governo, le associazioni ambientaliste e igovernatori contrari alle trivellazioni per cercare idrocarburinel mare Adriatico e nello Jonio, minacciando il blocco di investimenti e di nuova occupazione, ammesso che l’occupazione temporanea sia l’unica possibile. Francamente non so se sia questo il modo di affrontare il delicato rapporto fra petrolio e sviluppo dei territori e il rapporto fra Stato e Regioni che da noi in Basilicata è ancora più determinante per il futuro delle nostre comunità. La modifica del Titolo Quinto della Costituzione è il vero snodo che però non può vederci attendere, a braccia conserte, scelte centralistiche e calate dall’alto e tanto meno scaricare sulle Giunte precedenti i mancati risultati nell’equazione fra sviluppo e petrolio che si traducono in profonda delusione, malessere e legittima protesta”.
La sentenza della Corte Costituzionale che autorizza il referendum sulle trivellazioni e’ una buona notizia per l’Italia del bene comune. Lo afferma Sinistra Italiana con Nicola Fratoianni.
Dopo i maldestri tentativi del governo Renzi di svuotare i quesiti referendari – prosegue il coordinatore di Sel – e dopo aver svenduto per pochi spiccioli i nostri splendidi mari alle compagnie petrolifere, saranno ora i cittadini e le cittadine italiani a dire la loro.
Saranno finalmente gli italiani – conclude Fratoianni – a decidere se si vuole distruggere il nostro patrimonio ambientale e i nostri mari per inseguire il petrolio ed un modello di sviluppo inquinante , sbagliato e ormai arretrato.
Sostegno al referendum ammesso del Comune di Pisticci
Dopo la Corte di Cassazione, anche la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il quesito referendario in materia di ricerche petrolifere su autorizzazioni già rilasciate.
Ricordiamo che il Referndum è stato promosso nove regioni ma che trova il sostegno di molte associazioni e singoli cittadini. Anche l’Amministrazione Comunale di Pisticci, da sempre sensibile alle tematiche ambientali, si è più volte espressa con pareri contrari a nuove ricerche petrolifere sia in mare e sia in terra ferma come dimostrano atti deliberativi di Giunta Municipale e di Consiglio Comunale.
La notizia dell’ammissione del quesito referendario ci vede impegnati fin da subito a diffondere la convinzione di sensibilizzare la popolazione per il successo del Referendum sulla durata dei titoli per sfruttare i giacimenti lì dove le autorizzazioni siano già state rilasciate.