“Nonsolopalestra-Benessere in movimento” è il progetto promosso da Sanità Futura che nasce dalla cooperazione con titolari di palestre, centri fitness e di riabilitazione motoria della regione. Un progetto – che fa seguito al IV Forum “Innova Salute” di Matera di dicembre scorso – inteso come una rilevante opportunità di intervenire su una molteplicità di aspetti riconducibili a due macrobiettivi: la qualità e la sicurezza delle attività proposte agli utenti; la promozione tra gli stessi di uno stile di vita sano. Punto di riferimento sono i più recenti indirizzi del Ministero della Salute che sollecitano una visione del movimento e dello sport come prevenzione delle conseguenze legate alla vita sedentaria e al fisiologico rallentamento delle funzioni motorie e circolatorie del corpo. Negli ultimi cinque anni, nella nostra regione come nel resto del Paese – spiega Michele Cataldi, presidente di Sanità Futura – sono aumentati in misura considerevole le palestre e i frequentatori stimati ormai al di sopra di una cinquantina di centri e tra gli 8-10mila utenti. Per avere un’idea, il mercato europeo vale circa 23 miliardi di euro, con il Regno Unito che fa la parte del leone con circa 4,2 miliardi di euro di valore stimato, seguito da Germania e Spagna con circa 3,8 miliardi, e successivamente dall’Italia con circa 2,8 miliardi, quarta fra i grandi paesi europei. Il fatto curioso, e preoccupante per il nostro mercato, è che l’Italia conta (ma i dati sono relativamente attendibili poiché le fonti sono diverse e non coordinate fra di loro) circa 7.500 referenze (club, palestre e centri sportivi di vario genere) contro i meno di 6.000 del Regno Unito. Questo elemento rappresenta uno dei mali endemici del mercato del fitness italiano, ovvero l’eccessiva quantità di micro club di dimensioni piccole o piccolissime (inferiori ai 500 mq) che sovraffollano il territorio. Dato il relativo indice di penetrazione del prodotto, ovvero la percentuale di popolazione attiva che compera regolarmente un abbonamento in palestra, che in Italia si stima attorno all’ 8% medio, ma che varia sensibilmente da città a città e da regione a regione, una sovra offerta determina un’ insufficiente dimensione del bacino di utenza per garantire abbastanza soci per ogni club, con il conseguente risultato di non avere abbastanza ricavi per sostenere il business. La crisi degli ultimi due anni ha agito in parte come selettore naturale, determinando l’estinzione di alcuni operatori troppo deboli, ovvero non strutturati managerialmente e finanziariamente per far fronte alla contingenza negativa. Un nuovo fenomeno si sta diffondendo di recente: la palestra “Low Cost” dove “Low Cost”, spiega Gianni Befà (Elixia), pioniere delle palestre a Potenza, con esperienze passate di fondatore di Assopalestre e aderente al Progetto Sanità Futura , ha un significato ben preciso nel posizionamento sul mercato: significa un centro fitness di medie dimensioni (indicativamente anche 150 mq) che offre, nel costo dell’abbonamento, il solo servizio base. Tutto è ridotto all’essenziale (soprattutto la presenza di personale). Sovente non c’è reception e si accede direttamente alla sala pesi, rigorosamente disposte in funzione della superficie disponibile, che è sfruttata fino all’ultimo centimetro quadrato. Con la cifra (media) di 30/35 euro al mese, per fare margine si devono avere almeno 2mila iscritti. Non è questo – afferma Befà – il modello a cui pensiamo noi. Il nostro – continua Befà – è di centro a misura di utente con tutte le sue specifiche esigenze di benessere. L’empatia è un dato di fatto dei mercati dei servizi e la palestra non fa eccezione. Se tu sei parte di una multinazionale, sei un impiegato del fitness; se, invece sei un “artigiano” e la bottega è tua, la differenza dell’immagine che trasmetti in sala è percepibile e il consumatore la coglie. Non basta abbassare il costo dell’abbonamento per avere più ricavi, perché sono necessarie molte più tessere per ottenere lo stesso ricavo finale. E le palestre piccole – quelle gestite da una o due persone – non sempre sono in grado di far fronte a numeri pesanti di utenza, offrendo per di più in un orario molto dilatato. Se si lavora bene, li si conosce tutti uno per uno. E c’è una fetta di clientela che è disposta a spendere qualche euro in più pur di avere un rapporto personale e immediato con il titolare o con il trainer, soprattutto garanzie sulla professionalità degli addetti. Le ragioni che spingono ad entrare per la prima volta in un centro fitness sembrano essere molteplici. In parte la clientela mostra fin da subito il bisogno di recuperare una maggior sicurezza di sé, una maggior confidenza con il proprio corpo, che spesso viene considerato inadeguato alla propria persona nel suo complesso. Una caratteristica fondamentale del centro fitness è l’appiattimento della distanza sociale che si crea al suo interno: casalinghe, professionisti, impiegati e industriali possono faticare quasi a contatto di gomito. Questa commistione di ceti riesce a mantenersi anche a fronte di un eventuale impegno duraturo, e può protrarsi nel tempo fino a costituirsi in un modus vivendi specifico e riservato al contesto a cui si riferisce, una sorta di ricollocazione sociale strettamente funzionale all’obiettivo prefissatosi.
Un primo banco di prova del progetto sarà a breve a Melfi nella realizzazione del Villaggio Salute che sorgerà all’interno di un ex Centro Commerciale ristrutturato per diventare una struttura di attività dedicate al benessere tra cui una moderna palestra.
Gen 20