A 100 anni dallo scoppio del conflitto, il Comando Militare Esercito “Basilicata” ha inaugurato nella chiesa del Cristo Flagellato all’interno dell’e ospedale San Rocco una mostra itinerante curata dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito intitolata “La Grande Guerra” Fede e Valore.
All’inaugurazione hanno partecipato rappresentanti istituzionali, numerose autorità civili e militari e studenti degli istituti scolastici.
La mostra è stata inaugurata dal Colonnello Donato Ninivaggi, Comandante Militare di Basilicata.
L’esposizione costituita da 18 pannelli esplicativi, cimeli, fotografie, uniformi ed illustrazioni dell’epoca che fanno rivivere i volti ed i luoghi della grande e tragica vicenda dell’Italia in armi, rimarrà in allestimento fino al 29 febbraio prossimo.
Di seguito la nota sulla mostra di Stefania De Toma Coordinatrice C.P. UNESCO Matera.
A Matera, nell’ex Ospedale di San Rocco, è stata allestita una mostra speciale a cura del Comando Militare Esercito “ Basilicata”. Resterà esposta solo due settimane ma sarebbe il caso di andare a darvi un’occhiata, con rispetto e umiltà vorrei dire, scoprendosi il capo e chinando la testa.
Dalla guerra del 15- 18 è trascorso un secolo e su pannelli, attraverso cimeli, giubbe e scritti originali quei quattro anni di storia tragica dell’Umanità sono raccontati, testimoniati, riportati all’attenzione di noi che troppo facilmente dimentichiamo, che troppo spesso sentiamo il peso della storia come lo strascico vago di un film, di un libro.
E la giubba con le spalline montate della Brigata Basilicata descritta da Hemingway nel suo “Addio alle armi” e custodita nella mostra c’è il rischio, appunto, che resti solo la pagina di un bel romanzo.
Giubbe, già , le giubbe dei fanti: uomini, ragazzi , quelli che poco più che adolescenti, nati nel ’99, furono chiamati a rinforzare le fila dei soldati perché troppi ne erano stati decimati. Come le foglie d’autunno dagli alberi. Lasciando cuori come paesi straziati , come brandelli delle case. Solo i poeti hanno saputo dar il suono giuste a queste tragedie; il resto è nel suono assordante del silenzio chiuso nelle teche di vetro con gli elmetti , le schegge delle granate, le gavette e le borracce di alluminio. C’è un fatto però. Che quelle stesse parole, quegli stessi oggetti, ci fanno comprendere quanto non siano i cent’anni di una guerra a essere commemorati, ma il perdurare di essa.
Adesso. oggi. in questo istante.
Mentre scrivo, mentre leggi.
Siamo in guerra, è così, inutile nasconderci. Aspettiamo tutti la devastante guerra atomica, quella temuta da Einstein e che riporterebbe l umanità ormai falciata in un sol colpo a dover ricominciare da zero, dalle pietre e dalle clave. Ma la guerra è adesso, con i bollettini che ogni giorno la rete ci riporta, affollati di vittime dall’africa all’ Afganistan, alla Siria, al Kossovo… E’ guerra quella che uccide i bimbi che lavorano nei campi di cacao, guerra quella che affoga le anime stipate nelle stive, guerra quella che mutila le bambine del loro corpo e delle loro anime.
La Direttrice Generale dell’ UNESCO Irina Bokova, insignita nei giorni scorsi della Laurea Honoris Causa a Perugia per il suo impegno internazionale per la Pace, ha dichiarato che
“la nostra cooperazione si basa sulla comune passione per la cultura e la ragione, in contrapposizione all’ignoranza e alla violenza”.
Perchè sotto assedio sono proprio la storia dell’uomo, la sua memoria, il suo patrimonio di memoria, la dignità , l ‘umanità che è in ciascuno di noi. Ce ne accorgiamo solo quando noi , noi “che viviamo nelle nostre tiepide case”, siamo colpiti nella nostra quotidianità che è fuori da quel film . E siamo subito pronti a diventare Charlie. O parigi. Non un nome o una città africana , o siriana, o turca. . Eppure la nostra umanità è uccisa ogni giorno , dovunque.
Innanzitutto in ognuno di quei bambini cui è tolto il diritto di vivere e crescere in modo dignitoso. Semplicementeumano.
La prima guerra mondiale visibile alla mostra è uguale alla seconda , alla terza, che è quella che stiamo vivendo adesso. Il giovane Giulio Regeni, torturato e ucciso, è lo stesso giovane che sentiva su di sé l odore della morte nascosto nelle trincee di San Martino, lo stesso del fronte afgano, lo stesso inseguito nelle mattanze del Rwanda.
Non abituiamoci alla tragedia. Cerchiamo, per quel che possiamo, di diffondere arte, bellezza, di allargare le menti nostre e di chi ci circonda, di spalancare i cuori davvero, perchè le invidie, le aggressioni, la sfiducia e il sospetto non possono che generare incomprensioni, malvagità. generare guerra.
Crescere i giovani non in quest’ottica significa renderli potenziali mercenari del male, ovunque esso sia, perchè la guerra è dovunque, dove si spara , dove si sfrutta, dove si specula, dove si approfitta e si mercanteggia sulla disperazione.
Lo sanno gli estremisti , losanno che la cultura unisce le persone, che la cultura illumina. E allora aggrediscono, attaccano le menti, il patrimonio,le nostre architetture , le nostre memorie perché , ancora chiedendo in prestito le parole di IrinaBokova,“ temono che il potere della storia delegittimi le loro pretese “.
E’ il patrimonio dell’umanità, dell’essere uomo, l’ obiettivo nei conflitti di questa ennesima guerra: e solo il“ potere della cultura di guarire e di unire dovrebbe essere in primo piano nella costruzione della pace “. Noi vogliamo continuare a provarci.