Affollatissima la sala del Centro Sociale “P. Sacco “ di Rionero per il quinto appuntamento domenicale con la XXI Mostra CinEtica, promossa dal CineClub “Vittorio De Sica”, diretto da Armando Lostaglio. Misticismi corsari, Pasolini e Oltre, ha offerto ad un pubblico commosso il film “La ricotta” di Pier Paolo Pasolini, che fa parte di un collage di 4 cortometraggi: Ro.Go.Pa.G., ossia le iniziali dei registi che compongono l’opera: Roberto Rossellini, Jean-Luc Godard, Pier Paolo Pasolini ed Ugo Gregoretti. Il film è del 1963 e molto scalpore suscitò in particolare il film di Pasolini, ritenuto blasfemo, ma che col tempo anche ampi settori della Chiesa ha rivalutato ed approvato, in quanto il senso del sacro del regista viene letto mediante una propria visione arcaica ed il suo senso “corsaro” va oltre le comuni interpretazioni della fede. Ma l’intento di Pasolini è anche quello di realizzare, con La ricotta, un film dalla sacralità piuttosto nascosta e rivelata con sarcasmo e con dolore. Lo ha sottolineato al pubblico del “De Dica” il prof. Giampaolo D’Andrea, intellettuale cattolico, che ha approfondito il film anche sotto gli aspetti puramente storici. D’Andrea è docente universitario ed è stato Sottosegretario in diversi governi, attualmente è Capo di Gabinetto del Ministro Dario Franceschini presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Un uomo di cultura di ampio respiro che ha saputo incantare la platea partendo proprio dalla genesi del film e dal dibattito, collocato oltre cinquant’anni or sono, che ne scaturì, sia nel mondo cattolico che in quello laico. Proprio Moravia infatti, amico di Pasolini, fu fra quelli che non amarono questo capolavoro. E proprio la scarsa flessibilità degli spettatori a “leggere” correttamente il contesto, provocò all’epoca interpretazioni distorte e fuorvianti, che costarono all’autore la censura e addirittura un processo per “vilipendio alla religione cattolica”. Di certo oggi non sarebbe ammissibile o concreta una simile accusa.
Nel film di Pasolini, un arrogante regista interpretato dal mitico Orson Welles (cui CinEtica ha ricordato i 30 anni dalla scomparsa) si autodefinisce marxista ortodosso; gira un film sulla Passione di Cristo nelle periferie degradate di Roma in un clima caotico e surreale. La scena è un carosello di decine di operatori della troupe e di comparse, che in mezzo alla scenografia “sacra”, alcuni ancora in costume da santo, talvolta ballano un twist scatenato. il gruppo assisterà alle riprese della scena della crocefissione della morte di Cristo, nella quale il protagonista Stracci, il buon Ladrone, ha addirittura una battuta: “Quando sarai nel regno dei cieli, ricordati di me”. Al grido di “azione!” del regista, però, la scena non parte: Stracci, infatti, è morto di indigestione sulla croce. Il regista, senza ombra di commozione, commenta: “Povero Stracci. Crepare… non aveva altro modo di ricordarci che anche lui era vivo…”.
La ricotta è, dunque, una moderna Passione, non solo per il suo contenuto, ma soprattutto per gli squarci di miseria dei suoi personaggi, sottoproletariato in contrasto con la borghesia imperante.
Altro aspetto non secondario del film è la figura di Orson Welles (doppiato dal poeta e scrittore Giorgio Bassani) che mentre dirige le scene della crocifissione, viene intervistato da un giornalista. Le risposte alle domande riportano il pensiero di Pasolini, e si concludono con la recita di una sua poesia.
Al giornalista che lo interpella, il regista accetta di rispondere a quattro domande. La prima domanda: che cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?
Il mio intimo profondo arcaico cattolicesimo.
E che cosa ne pensa della società italiana?
Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa.
E che ne pensa della morte?
Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione.
Qual è la sua opinione sul nostro grande regista Federico Fellini?
Egli danza.
Segue la recitazione della poesia pasoliniana “Io sono una forza del passato”.
Mar 01