L’agricoltura metapontina, e più in generale quella meridionale, sta vivendo uno dei momenti più drammatici del dopoguerra, non solo per la mancata messa in sicurezza del territorio e per le conseguenze degli ultimi fenomeni alluvionali, ma anche e soprattutto per il crollo dei prezzi dell’ampia gamma dei prodotti ortofrutticoli, ivi comprese, delle carni ovi-caprine e del latte, nonché dei cereali . Il prezzo di quest’ultimi, nel giro di pochi anni, ha subito una flessione del 25%: ovvero, il grano di qualità prodotto nelle nostre aree, nel mese di agosto dello scorso anno, quotava circa 35€/qle, ad oggi non va oltre i 23-24.
La gravissima flessione che colpisce i cerealicoltori meridionali non è da imputare solo, come vorrebbero farci credere, alle massicce importazioni dall’estero (le navi che scaricano al porto di Bari ne sono un esempio), ma alla mancanza di programmazione e di un’equa gestione dell’intera filiera cerealicola nazionale.
È noto a tutti che, a fronte di un insostenibile prezzo di mercato del grano in azienda, quello dei derivati non flette, anzi tende ad aumentare.
In definitiva, il valore aggiunto viene a concentrarsi nelle mani dell’industria di trasformazione e commercializzazione del prodotto finito; quindi, anche il consumatore non trae alcun beneficio o risparmio da queste vicende che hanno carattere specificatamente speculativo.
Ancor più devastanti sono i riflessi delle politiche “ del lasciar fare e del lasciar passare” che governano la filiera del comparto ortofrutticolo; bastano alcuni semplici dati per definire il quadro della situazione nella sua diversa articolazione: nel 2002 il prezzo medio degli agrumi si attestava intorno alle 0.40 €/kg. Negli ultimi mesi il prezzo in azienda degli stessi non supera 0.15 €/kg. Nei mercati e nella grande distribuzione (G.D.) il prezzo è 5 volte maggiore.
Segnali a dir poco allarmanti connotano i prezzi delle produzioni orticole tipiche del metapontino, destinate sia al consumo fresco, che alla trasformazione e conservazione; la gamma finocchi, scarola, carciofi, cavoli, broccoli, ecc. al momento registra prezzi in azienda ridotti addirittura del 50% rispetto all’annata precedente; prezzi tutt’altro che remunerativi tanto che molti produttori, loro malgrado, abbandonano centinaia di ettari all’incuria facendo una scelta obbligata per nonsubire ulteriori perdite.
Cosa fare allora?
Tavolo Verde Puglia e Basilicata, dal canto suo, è impegnato a tutti i livelli nel denunciare lo stato di perdurante crisi che investe il settore agricolo e zootecnico e, al contempo, facendosi portavoce dello stato di disagio in cui vivono i produttori agricoli e gli allevatori, chiede un incontro in tempi stretti ai rispettivi Assessori Regionali all’Agricoltura di Basilicata e Puglia per definire i necessari interventi atti a rimuovere le cause che hanno portato all’attuale situazione divenuta oramai insostenibile.
Mar 03