Sei arresti per traffico e smaltimento di rifiuti, 60 indagati sospensione della produzione di petrolio Eni in Val D’Agri e dimissioni di un ministro, Federica Guidi. Dalla Basilicata si espande un’inchiesta della procura di Potenza che tocca, colpisce e travolge interessi economici e politici in tutta Italia. Due filoni d’inchiesta, il primo sul Centro Olio in Val d’Agri a Viggiano dell’Eni, l’altro sull’impianto estrattivo della Total a Tempa Rossa.
Le conseguenze politiche vengono tutte dal filone Tempa Rossa, nel quale è indagato il compagno della ministra Guidi, costretta a rassegnare le dimissioni per una intercettazione finita agli atti in cui garantiva l’approvazione di un emendamento alla legge di Stabilità che favoriva gli interessi economici delle imprese del suo convivente Gianluca Gemelli. L’altro filone ha conseguenze più economiche, con l’Eni che ha deciso la sospensione delle attività estrattive. Per questa parte d’inchiesta sono finiti in sei ai domiciliari.
IL PRIMO FILONE D’INCHIESTA: L’IMPIANTO ENI
La prima parte dell’indagine riguarda presunti illeciti nella gestione dei reflui petroliferi al Centro Olio in Val d’Agri a Viggiano dell’Eni. L’inchiesta riguarda lo “sforamento” dei limiti delle emissioni in atmosfera del Cova.
I dirigenti dell’impianto Eni coinvolti, si legge nelle ordinanze, “erano consapevoli dei problemi emissivi” del Centro, ma “cercano di ridurre il numero di comunicazioni sugli sforamenti invece di incidere direttamente sulla causa del malfunzionamento o dell’evento” allo scopo di “non allarmare gli enti di controllo”.
A ancora: i vertici dell’impianto Eni “qualificavano in maniera del tutto arbitraria e illecita” rifiuti pericolosi – come “non pericolosi”, utilizzando quindi un “trattamento non adeguato” degli stessi scarti, e “notevolmente più economico”, e dati sulle emissioni in atmosfera “alterati”.
Arrestati e indagati. Nell’indagine sono state poste agli arresti domiciliari dai carabinieri per la tutela dell’ambiente sei persone, funzionari e dipendenti del centro oli di Viggiano (Potenza) dell’Eni e l’ex sindaca Pd di Corleto Perticara – dove viene trattato il petrolio estratto in Val d’Agri – perché ritenuti responsabili, a vario titolo, di “attività organizzate per il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti”.
I sei arrestati sono Rosaria Vicino, ex sindaca del Pd di Corleto Perticara, Vincenzo Lisandrelli (coordinatore ambiente del reparto sicurezza e salute all’Eni di Viggiano), Roberta Angelini (responsabile Sicurezza e salute dell’Eni a Viggiano). Nicola Allegro (responsabile operativo del Centro oli di Viggiano), Luca Bagatti (responsabile della produzione del distretto meridionale di Eni) e Antonio Cirelli (dipendente Eni nel comparto ambiente). Divieto di dimora deciso per l’ex vicesindaco, Giambattista Genovese, e per un dirigente della Regione Basilicata, Salvatore Lambiase. Le accuse: “plurime condotte di concussione e corruzione”.
Il comunicato dell’Eni. “Eni – si legge in un comunicato – prende atto dei provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria. E ha provveduto alla sospensione temporanea dei lavoratori oggetto dei provvedimenti cautelari e sta completando ulteriori verifiche interne”. Per quanto riguarda l’attività produttiva in Val d’Agri, che al momento è sospesa (75.000 barili al giorno), Eni conferma “sulla base di verifiche esterne commissionate dalla società stessa, il rispetto dei requisiti di legge e delle best practice internazionali”. In tal senso Eni richiederà la disponibilità dei beni posti oggi sotto sequestro e continuerà ad interloquire con la magistratura, così come avviene da tempo sul tema, assicurando la massima cooperazione.
Roberti: “Meccanismi per avvelenare la terra”. “Dispiace rilevare che per risparmiare denaro ci si riduca ad avvelenare un territorio con meccanismi truffaldini”. Commenta così l’inchiesta il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. “Non è giustizia a orologeria – ha aggiunto, riferendosi al voto per il referendum sulle trivellazioni previsto il 17 aprile e le comunali a giugno – le indagini sono iniziate nel 2013 e sono state complesse e delicate: le richieste di misura cautelare sono state presentate tra agosto e novembre del 2015. Quindi prima del referendum e in tempi non sospetti”.
IL SECONDO FILONE D’INCHIESTA: TEMPA ROSSA
Oggetto di indagine l’affidamento di appalti e lavori per l’infrastrutturazione del giacimento ‘Tempa Rossa’ della Total: secondo le indagini delegate alla Polizia, l’ex sindaca di Corleto Perticara si sarebbe adoperata a favore di alcuni imprenditori.
Coinvolto compagno ministra Guidi. Fra gli indagati, come detto, anche Gianluca Gemelli, imprenditore e compagno della ministra dello sviluppo economico Federica Guidi. Gemelli, imprenditore e commissario di Confindustria Siracusa, è accusato di traffico di influenze illecite perché “sfruttando la relazione di convivenza che aveva col ministro allo Sviluppo economico – si legge nella richiesta di misure cautelari – indebitamente si faceva promettere e otteneva da Giuseppe Cobianchi,
dirigente della Total” le qualifiche necessarie per entrare nella “bidder list delle società di ingegneria” della multinazionale francese, e “partecipare alle gare di progettazione ed esecuzione dei lavori per l’impianto estrattivo di Tempa Rossa”.
Fonte Repubblica.it
Gianni Perrino, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, interviene sull’inchiesta avviata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza nel centro Oli di Viggiano e dichiara: “La Basilicata al centro di un branco di pescecani”. Di seguito la nota integrale.
Sembrava un terremoto, ma si sta trasformando in un uno tsunami devastante l’inchiesta della Procura di Potenza relativa al “traffico e smaltimento illecito di rifiuti” del comparto petrolifero “Made in Lucania”.
I nomi che si stanno susseguendo fanno bene intendere che il marciume non è solamente nel territorio avvelenato della Basilicata, bensì pare esser penetrato fino ai più alti livelli del governo nazionale.
Oltre a imprenditori, politici e faccendieri lucani, spuntano nomi ben più altolocati come quello del fidanzato del Ministro delle Attività produttive, Federica Guidi, tale Gianluca Gemelli che, per la procura, avrebbe ottenuto una serie di “vantaggi patrimoniali”.
Altro che vittorie schiaccianti e linea di dialogo con questo governo, il governatore Pittella dovrà fare ammenda e prendere atto che la Basilicata è al centro di un branco di pescecani che hanno dilaniato la loro preda.
Come cittadini Lucani siamo stufi di tutto questo. L’inchiesta, che tocca quasi tutti i nodi della filiera petrolifera lucana, è solo l’ultimo atto di una serie di malefatte sulle quali il M5S Basilicata ha prodotto una serie di atti quasi sempre minimizzati o ignorati dalla Giunta Pittella e dalla sua maggioranza.
Si sgretola sempre più il castello sul quale si stanno arrampicando i sostenitori della trivella a tutti i costi e tutti coloro che predicano l’ottimismo razionale durante questi giorni di campagna referendaria.
Tra le tesi più ardite c’è quella delle enormi ricadute economiche che le estrazioni di idrocarburi avrebbero sui territori interessati. I personaggi e le aziende senza scrupolo coinvolte nell’inchiesta dimostrano che le ricadute economiche ci sono, ma sono limitate a pochi intimi. Per la collettività niente: solo inquinamento e disoccupazione.
Il 17 aprile andiamo tutti a mandare un messaggio a questa gente ed iniziamo ad accantonare questo marciume: votiamo Sì al referendum sulle trivelle in mare.
Gianni Leggieri, consigliere regionale Movimento Stelle: “Trivelle, referendum e scandali politico giudiziari”.
Dopo il terremoto politico e giudiziario di ieri non è possibile non fermarsi un attimo a riflettere per capire cosa sta realmente accadendo nel nostro Paese.
Nonostante infatti i tentativi degli esponenti del PD di anestetizzare le notizie e di minimizzare il tutto, arrivando addirittura a tessere un elogio (“sorse funebre”) del Ministro Guidi per le sue dimissioni lampo, è necessario capire cosa accade.
Accade che alla vigilia di un importantissimo referendum che ha in se un significato politico straordinario, ancor prima di quello pratico, scoppia il caso Basilicata in tutta la sua gravità.
Scoppia il caso Basilicata perché arriva a conclusione l’indagine portata avanti dalla direzione nazionale antimafia e, tutto quello che da anni il Movimento 5 Stelle andava denunciando pubblicamente, ora trova conferma.
Sarebbe troppo semplice dire “ve lo avevamo detto”, eppure è così. Lo avevamo detto a Pittella e a Berlinguer, lo avevamo scritto nelle nostre interrogazioni e sui giornali. Purtroppo siamo stati zittiti, non siamo stati ascoltati, anzi ci è stato risposto che il nostro era solo allarmismo.
Invece ecco che la magistratura scoperchia un giro di affari e un intreccio tra politica, compagnie petrolifere e dirigenti regionali che dimostra cosa si nasconde realmente dietro le estrazioni del greggio nella nostra Regione, ma non solo.
Affari troppo grandi per poter essere impensieriti dalle proteste dei “quattro comitatini” o del Movimento 5 Stelle. Intrecci troppo stretti per poter essere messi in crisi dalle richieste della popolazioni di una tutela della loro vita e della loro salute.
Quando girano troppi soldi e quando questi soldi vengono gestiti da persone così vicine a Ministri della Repubblica, come si può invocare il rispetto della legge ?
Quando chi dovrebbe controllare fa parte a pieno titolo del sistema criminale, come è possibile per i cittadini avere risposte serie ?
Questo è accaduto e continua ad accadere nella nostra Basilicata. Ecco perché il Presidente Pittella ha sempre respinto le nostre richieste di chiarezza, ecco perché il consiglio regionale non ha voluto istituire la commissione speciale richiesta a luglio dal Movimento 5 Stelle di Basilicata per verificare se vi fossero state attività illecite da parte delle compagnie petrolifere che operano sul nostro territorio.
E’ innegabile che tutto questo è strettamente collegato al Referendum del 17 aprile, come innegabili sono i legami che uniscono in maniera indissolubile il Partito Democratico, il Premier non eletto da nessuno – Mattero Renzi – il Governatore Pittella (ex gladiatore) e tutta quella schiera di parlamentari lucani che hanno votato a favore dello Sblocca Italia.
Dopo quello che abbiamo scoperto possiamo ancora meravigliarci della posizione del Partito Democratico rispetto al Referendum ? Certo che no. Una posizione dovuta, contro gli “amici” non è possibile andare, gli “amici” si rispettano, si aiutano, si favoriscono.
Questo sistema è marcio perché marce sono le persone che lo governano. Occorre fare pulizia partendo dal voto del 17 aprile, partendo dalla partecipazione. La croce sul SI rappresenta in questo momento la principale arma contro questo sistema mafioso a base imprenditoriale-politica.
Paolo Castelluccio (Forza Italia): su Tecnoparco iniziative dipartimento ambiente e arpab
Prima di esprimere giudizi affrettati, siamo in attesa degli sviluppi dell’inchiesta sul traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti del centro oli di Viggiano dell’Enia Tecnoparco, la cui direzione dal primo momento dell’indagine, avviata a febbraio 2014, ha espresso «piena fiducia nel lavoro dell’autorità inquirente», perché sia possibile accertare, specie tecnicamente, la correttezza e la legalità delle attività svolte da Tecnoparco e da Eni, tenuto conto della qualità tecnologica degli impianti in Valbasento, peraltro disciplinati da precise normative nazionali ed europee. Sul piano politico ed istituzionale, invece, la nostra iniziativa continuerà a svolgersi innanzitutto perché l’Arpab, sotto la nuova direzione, svolga fino in fondo la propria missione per accertare i problemi di inquinamento ambientale e nell’impatto sull’odore. Un’azione che mi vede impegnato dal 2004 dai banchi dell’allora consiglio provinciale di Matera, quando si verificarono i primi casi di morte di bestiame che si abbeverava nelle acque del Basento. Non si sottovaluti la complessità della situazione della Valbasento, area Sin sottoposta a bonifica sia pure con una tempistica che procede molto a rilento, e la presenza di numerosi scarichi industriali, oltre all’assenza di depurazione dei reflui dello stesso quartiere Ex Enichem. A livello regionale è indispensabile verificare il lavoro svolto dal Dipartimento Ambiente al quale nei numerosi tavoli tecnici che si sono tenuti a Potenza è stato affidato il compito, di intesa con il Dipartimento Infrastrutture e il Consorzio Asi di Matera (soggetto del tutto assente da iniziative) di elaborare un fittissimo cronoprogramma necessario a completare tempestivamente la copertura delle vasche ancora scoperte all’interno dell’impianto di trattamento di TecnoparcoValbasento, potenziare le attrezzature tecnologicamente avanzate per il monitoraggio di aria e suolo. In proposito l’assessore all’Ambiente Aldo Berlinguer farebbe bene a “battere un colpo”, non limitandosi a presiedere incontri in Regione e a dare a giorni alterni rassicurazioni formali”.
Rossana Florio, consigliere provinciale Matera e comunale Pisticci su inchiesta smaltimento rifiuti petrolio: si riapre la ferita Tecnoparco
La comunità pisticcese segue con grande attenzione lo sviluppo dell’ inchiesta sulle attività organizzate per il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti del centro oli di Viggiano dell’Eni, in particolare per il collegamento con le attività di trattamento da parte di TecnoparcoValBasento di reflui di provenienza dal Centro Oli e da altre attività industriali regionali ed extraregionali. Le indagini – che sono una prosecuzione di quelle già avviate da tempo – riaprono una ferita profonda che chiama in causa responsabilità di natura istituzionali, in attesa che si accertino responsabilità di altra natura. E’ da anni che sono impegnata a tenere alta l’attenzione e la vigilanza della comunità pisticcese (e non solo) sulla questione della tutela dell’ambiente, della salute dei cittadini e delle attività produttive (principalmente agricole) nell’area di Pisticci, questioneche resta una priorità da affrontare con misure straordinarie ed adeguate. Ricordo che dal novembre 2014, dopo le tracce di radioattività registrate dall’Arpab in alcuni campioni d’acqua di deiezione provenienti dalla Val d’Agri e la rottura nell’oleodotto in territorio di Pisticci, sostengo la necessità che si faccia chiarezza su quanto accade a Tecnoparco perché in Val Basento diventa sempre più difficile vivere la quotidianità: arrivano rifiuti un po’ da tutte le parti d’Italia, oltre che dall’area di estrazione e produzione del petrolio, si ripete periodicamente la “questione miasmi”. Qualcuno ricorderà la “trovata” del presidente della decima Commissione del Senato (Industria), sen. Massimo Mucchetti, esponente del Pd, di programmare la deportazione dei pisticcesi per superare i miasmi prodotti da Tecnoparco, quale prezzo da pagare per gli interessi delle lobby del petrolio. Un’idea semplicistica di spostare il quartiere residenziale, tanto – secondo le parole del suo sostenitore – per 6-700 persone non è un costo elevato, che è un esempio di politica che non ci appartiene come l’esempio di commistione con gli affari che emerge in queste ore dall’inchiesta giudiziaria. Per uscire da questa situazione c’è bisogno di tre azioni: bonifica, controllo e trasparenza.