In vista del referendum sulle estrazioni petrolifere del 17 aprile il materano Gianni Maragno ripercorre dal punto di vista storico le tappe che riguardano lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi in Basilicata e le aspettative della popolazione lucana rispetto ai benefici che l’oro nero avrebbe dovuto garantire al nostro territorio, aspettative puntualmente disattese.
Di seguito la nota integrale.
Il petrolio e la Basilicata sono saliti prepotentemente alla ribalta in questi giorni che hanno visto le dimissioni di un Ministro del Governo Renzi, evidenziando una serie di ripercussioni destinate a tenere vivo il dibattito anche oltre i limiti cronologici del Referendum del prossimo 17 Aprile, dedicato proprio alla questione delle concessioni per l’estrazione in mare di ‘oro nero’.
Già in precedenza ho pubblicato documenti relativi alla questione dei giacimenti petroliferi nella nostra Regione e ritengo opportuno riprenderla con questo contributo, utile per una conoscenza più circostanziata delle problematiche suscitate dagli interessi e dai vantaggi legati alla presenza del petrolio in Basilicata, forse oggi preda di interessi e di non trasparenti modalità di gestione; non secondaria è anche l’intenzione di questo intervento per fornire documentazione adeguata per sollecitare l’avvio di una storia dell’archeologia industriale, ancora trascurata per i nostri territori, potenzialmente predisposti.
Ma, riannodiamo le fila del discorso intrapreso qualche tempo fa e relativo alla ricostruzione dell’interesse più recente per il petrolio lucano.
Con una lettera del 27 marzo 1909, avente per oggetto “Voto per saggio nel bacino petrolifero di Tramutola”, il Sindaco di quel centro dell’Alta Val d’Agri affidava al Prefetto di Potenza le istanze avanzate dalla propria comunità e fatte proprie da una formale delibera del Consiglio Comunale:
S.V. Ill.ma, che nel dirigere il risveglio economico della nostra Provincia, dà prova d’intenderne e caldeggiarne con intelletto d’amore i bisogni, non vorrà negarsi di appoggiare con tutte le sue forze, il voto emesso da questa rappresentanza Comunale nella qui unita deliberazione. Da essa, comprenderà come l’aiuto che si chiede al Governo, rifletta cosa della più alta importanza per queste contrade, onde sono sicuro vorrà trasmetterla a S.E. il Ministro d’Agricoltura Ind. e Comm., con le migliori raccomandazioni.
Il Prefetto del Capoluogo fece la sua parte, trasmettendo il più rapidamente possibile la richiesta al Ministero di competenza:
Il Consiglio Comunale di Tramutola ha fatto voti perché a cura ed a spese dell’Amministrazioni governative vengano eseguiti assaggi in quel tenimento, che si asserisce centro di un bacino petrolifero di qualche importanza.
Nel trasmettere tale deliberazione a codesto onorevole ministero esprimo le più vive raccomandazioni perché, tenuto conto dei rilievi precedentemente eseguiti nonché del valore economico che per questa Provincia potrebbe assumere lo sfruttamento razionale di una simile miniera, quando fosse conveniente e redditizio, veda se non sia possibile aderirsi completamente alla richiesta del Comune od almeno facilitarne i tentativi. Sarò grato di una positiva risposta.
Celere fu anche la risposta del Ministro, che pervenne in data 29 aprile 1909, ma che, potremmo dire celiando, gettò acqua sul fuoco degli auspicati e probabili pozzi estrattivi:
L’esistenza di tracce di petrolio nel territorio di Tramutola venne già riconosciuta dagli Ingegneri Baldacci e Viola, allorché eseguirono il rilevamento della carta geologica della Basilicata. Più tardi, cioè nell’autunno del 1901, l’ingegnere Crema eseguì nella medesima località una sommaria ricognizione delle manifestazioni petrolifere che si osservano in vari punti del territorio predetto; egli poi, in base agli appunti presi nel luogo, fece una comunicazione alla Società geologica italiana nella sua adunanza tenuta in Roma il 2 febbraio del 1902. Da questa comunicazione, (…) risulta che l’estensione della zona petrolifera di Tramutola è assai limitata (4 a 5 chilometri quadrati) e che le manifestazioni alle quali dà luogo sono assai scarse.
Riguardo poi al voto espresso dal Consiglio Comunale di Tramutola, che cioè a spese e cura del Governo sieno eseguiti gli assaggi per riconoscere l’entità del giacimento petrolifero di cui si tratta, devo osservare che non spetta allo Stato di farsi ricercatore di miniere, queste ricerche devono essere compiute dall’industria privata, d’altronde se l’Amministrazione assecondasse il suaccennato voto, dovrebbe poi, per ragioni di equità accogliere con eguale favore qualunque altra consimile richiesta che Le venisse fatta da qualsiasi Comune del Regno.
Per altro, manca nel bilancio di questo Ministero qualsiasi stanziamento di fondi, dai quali possa prelevarsi la spesa occorrente per i saggi di cui trattasi.
In conseguenza di ciò, mi spiace di non poter assecondare il voto del Consiglio Comunale di Tramutola da Vossignoria raccomandato.
Il solerte Prefetto provvide a comunicare la demotivante risposta del Ministro al Sindaco Derosa, che, però, non si perse d’animo e, il 26 maggio 1909, indirizzò al Prefetto questa nuova nota:
La S.V. Ill.ma, nel comunicarmi l’esito sfavorevole del voto espresso da questo Comune, per saggi nel bacino petrolifero qui esistente, lascia aperto l’adito alla speranza che, malgrado l’insuccesso avutosi presso il Governo, possa riuscirsi per altra via nell’intento, promettendo di prendere in benevolo esame altre eventuali mie proposte. Di ciò vivamente La ringrazio ed approfitto del Suo illuminato interessamento che mi offre modo di non seppellire in Archivio il voto di questa rappresentanza comunale, che rispecchia un’antica e non disprezzabile aspirazione del nostro paese. In primo luogo mi permetto di far notare a V.S. Ill.ma che se il Ministero non può farsi ricercatore di miniere è anche giusto che non si disinteressi completamente di ciò che riflette la ricchezza nazionale e da cui molta prosperità potrebbe derivare a queste disagiate contrade; onde io credo sia il caso d’insistere perché il Governo conceda almeno quegli aiuti che è in grado di prestare e in quanto al resto la Provincia, il Comune, la Camera di Commercio e i proprietari interessati potrebbero forse provvedere.
Praticamente adunque si dovrebbe
1 Ottenere che il Governo dia incarico a un ingegnere del R. Corpo delle Miniere perché compili un piano dei lavori da eseguirsi con un preventivo della spesa necessaria per uno o più saggi, secondo il bisogno e conceda l’uso gratuito delle occorrenti trivellatrici, nonché la direzione tecnica dei lavori;
2 Interessare poscia l’Amministrazione Provinciale e la Camera di Commercio a concorrere nella spesa per la esecuzione del lavoro.
Al resto penserebbe di buon grado questo Comune e questa Cittadinanza.
Ancora una volta il Prefetto si fece interprete dei desiderata presso il Ministero, dal quale pervenne ancora una volta un irremovibile diniego, in data 28 giugno 1909:
In riferimento alla nuova richiesta fatta dal Sig. Sindaco di Tramutola ed appoggiata dalla S.V. devo anzitutto ricordare che la Regione dove si hanno traccie dell’esistenza del petrolio, fu già visitata da tre ingegneri del corpo Reale delle Miniere e che l’ultima visita, quella compiuta dall’Ing. Crema, fu eseguita appunto sulla domanda del prefato Signor Sindaco.
Ora questi vorrebbe che si inviasse nuovamente sul posto un ingegnere del Governo per compilare un piano dei lavori di ricerca, e redigere un preventivo della spesa necessaria per effettuarla.
Ora, a parte il rilevare che un simile compito è estraneo alle mansioni del R. Corpo delle Miniere, sta il fatto che dalle indagini già eseguite si è dovuto dedurre che nel sottosuolo di Tramutola il petrolio esiste in quantità così limitata, da rendere assai difficile la sua economica estrazione.
E però duolmi il non poter consentire alla nuova domanda, la quale altro risultato non avrebbe che un inutile spesa e il distrarre un funzionario superiore dalle sue occupazioni d’ufficio con danno del servizio governativo, che deve valersi per i suoi bisogni, di tutta l’opera dello scarso personale del Corpo delle Miniere.
Al Prefetto non rimase che prendere atto delle volontà ministeriali e comunicarle in data 6 luglio 1909 al Sindaco di Tramutola.
In seguito fu il Comune di Cersosimo a richiedere la mediazione del Prefetto di Potenza, come si evince dalla seguente lettera che il massimo Rappresentante del Governo inviò alla Commissione Civile in data 24 febbraio 1915:
Per gli eventuali provvedimenti di competenza di codesto ufficio, si trasmise qui di seguito la nota del Sottoprefetto di Lagonegro in data 18 Febbraio corrente n. 729, circa i voti dell’Amm.ne Comunale di Cersosimo l’acceleramento dei lavori di sistemazione della rete stradale, cui restano subordinati i saggi per l’accertamento di miniere di petrolio nel demanio comunale di Caprillo.
“Il Sindaco di Cersosimo mi comunica” che quell’Amm.ne Comunale, avendo preso visione della relazione dell’Ingegnere Galdi sulle emanazioni di petrolio riscontratesi nel demanio Caprillo non può pel momento prendere alcuna determinazione perché dalla stessa relazione è detto che non è consigliabile il tentativo di qualche saggio a causa della mancanza di strade necessarie pel trasporto del pesante macchinario.
Ciò stante, dato il grande vantaggio che potrebbe derivare al Comune qualora si rendesse possibile lo sfruttamento della miniera e la viva aspirazione di quei Comunisti, il predetto Sindaco prega per mio mezzo la S.V. Ill.ma di voler promuovere, l’acceleramento dei lavori necessarii alla sistemazione stradale di quel territorio e propriamente di quelli relativi al compimento della interprovinciale n. 29, assunti dalla Impresa Colletta, la quale, secondo viene riferito, li conduce molto a rilento.
La vicenda dello sfruttamento dei bacini petroliferi in Basilicata è, dunque questione avviata già da tempo e da allora (siamo ai primi del ‘900) ha costituito indubbiamente una forte e contrastante attrattiva per i comuni delle aree regionali interessate, sollecitati dalla speranza di potere trarre convenienti benefici da quella naturale risorsa per le loro popolazioni, povere allora come oggi. Una speranza che in questi giorni viene ancora più delusa e vilipesa da interessi e vantaggi di lucro disonesto, destinati a pochi, innescando, purtroppo, anche un rovinoso e drammatico sconvolgimento dell’equilibrio ambientale di terre per millenni rigogliose e fiorenti per la salubrità dell’aria e delle acque.
Gianni Maragno
Di seguito alcuni stralci della relazione sul petrolio in Basilicata
La grande scritta nera “No Petrolio” campeggia in questi giorni nel Sasso Caveoso di Matera, proprio sotto il set dove si stanno effettuando le riprese del Kolossal Ben Hur. Ma la conoscenza dell’esistenza di giacimenti di oro nero in Basilicata è documentata almeno a partire dal 1898, quando a Potenza si tenne la prima conferenza geologica nazionale. Il motivo della scelta proprio di Potenza per il meeting dei geologi era dovuto principalmente alla risonanza conseguente al disastro ferroviario del 20 ottobre 1888, che coinvolse un treno partito dalla stazione di Grassano e mai giunto nella stazione di Grottole a causa di una frana verificatasi nel territorio di Salandra che ostruì i binari sbarrando la corsa al treno che rimase immerso nel fango. Da quella circostanza gli scienziati della terra impararono a conoscere ogni angolo della Basilicata che per le sue particolarità topografiche e geologiche è divenuta un laboratorio di studi da parte dei geologi di tutto il pianeta.
A seguito dell’evento e delle risultanze di quel congresso, l’Ispettore Capo del Corpo reale delle miniere, conferì nel mese di settembre 1901, l’incarico all’Ing. Cataldo Crema di relazionare “Sull’esistenza del Petrolio nel territorio di Tramutola”. Lo scrupoloso funzionario eseguì il suo compito confezionando la relazione consegnata al Ministero di pertinenza nell’ottobre del 1901.
Munitosi di carta geologica, l’Ing. Crema ispezionò la Val di Cavolo, descrivendola in modo dettagliato.
Di questo lavoro, rinvenuto in Archivio di Stato di Potenza, Fondo Pedìo, carte Ciccotti, busta 31, per esigenza di sintesi si riportano i passaggi salienti:
Il mio soggiorno a Tramutola durò quattro giorni, durante i quali visitai dapprima tutte le località del territorio, dove con maggiore minor fondamento si riteneva esistessero detti indizii e, circoscrissi, così la regione petrolifera alla sola parte settentrionale della Val di Cavolo, impiegai il resto del tempo cercando di formarmi un criterio intorno alle condizioni del presunto giacimento, per quanto una tal cosa è possibile con osservazioni eseguite esclusivamente sul terreno. […]
Il Rio Cavolo è perenne e dotato di una discreta portata; le sue acque opportunamente convogliate sarebbero suscettibili di utile impiego per produzione di forza e sboccando nella piana dell’Agri, potrebbero ancora essere utilizzate per l’irrigazione.[…]
I terreni nei quali è scavata la Val di Cavolo sono, oltre al quaternario: il trias medio, il trias superiore, il cretaceo e l’eocene.[…]
Questo motivo tettonico così semplice viene però disturbato da raggrinzamenti e spuntoni triassici che elevandosi in forma di cupole attraversano l’eocene e vengono a giorno specialmente sul versante orientale. Queste cupole, almeno nelle parti visibili, costano esclusivamente dei calcari compatti del trias medio, i terreni soprastanti facilmente erodibili essendo interamente scomparsi. […]
Il principale indizio dell’esistenza del petrolio nel sottosuolo della regione considerata si trova in un valloncino situato nel versante sinistro della valle a circa tre chilometri dalle sorgenti del Cavolo, immediatamente dopo la costa Caranna. Esso viene comunemente chiamato Fossitello, ma non porta alcun nome sulla Carta topografica dell’Istituto geografico Militare.
Quest’indizio consiste in una piccola sorgente petrolifera la quale sgorga in questo valloncino a circa 200 metri dall’asse della valle. Durante il mio breve soggiorno a Tramutola mi fu naturalmente impossibile di raccogliere dati diretti sul regime di questa sorgente, ma mi fu dato di procurarmene degli indiretti; potei però accertare che essa è perenne.
L’acqua che spiccia da questa sorgente contiene delle tracce di cloruro di sodio non rilevabili però ad un semplice esame organolettico. Il petrolio viene emesso in piccole quantità ma in modo continuo sotto la forma di viscide filacciche di color bruno scuro, che sotto l’azione della corrente danno origine a mazzette filamentose, che si raccolgono dovunque un ostacolo diminuisce sensibilmente la velocità dell’acqua che resta allora più o meno ricoperta interamente da un sottile strato iridescente. […]
Tracce di petrolio si sono riscontrate nell’acqua di un pozzo scavato sulla sponda destra presso la Ramiera ed altre ma assai meno importanti scavando alcuni pozzi nel terreno quaternario del Vallone Pietragattara sulla sponda sinistra del rio. Per procurarmi un campione del petrolio della sorgente dovetti circondarla a valle con una piccola diga di pietrame; il petrolio meno denso si raccolse a formare un sottile strato alla parte superiore di questa specie di vasca, mentre l’acqua passava per le fessure lasciate dalla diga.
Questo stesso metodo è usato, dicesi, dai pastori del luogo per procurarsi piccole quantità di petrolio che poi adoperano per medicare le piaghe degli animali.
Questo petrolio, presenta un colore brunastro scuro, con iridescenze azzurrognole, il suo peso specifico si può ritenere poco diverso da 0,9 vale a dire relativamente elevato specialmente di fronte a quello degli altri petrolii italiani (salvo quello di Tocco); tuttavia un giudizio poco favorevole sulle sue proprietà non sarebbe, almeno per ora, pienamente giustificato. […]
Concludendo, parmi quindi possa ritenersi che il giacimento di petrolio di Val Cavolo è racchiuso nei terreni porosi eocenici protetto da strati impermeabili interstratificati o superiori della stessa età e sovrastante ad un’ampia conca triassica. Nei punti dove l’anticlinale protettrice è stata disturbata dagli spuntoni triassici avanti descritti, quivi, come ad esempio alla sorgente Fossitello ed alla Ramiera, si hanno le principali manifestazioni petrolifere in causa dei meati naturalmente prodottisi. In quanto alle debolissime fughe attraverso al quaternario, esse si spiegano facilmente come dovute a piccole soluzioni di continuità degli strati eocenici impermeabili. […]
Riguardo alle circostanze surricordate come necessarie alla esistenza di un giacimento petrolifero in condizioni teoricamente buone, nessuna eccezione sembrerebbe dunque presentarsi per il giacimento di Val Cavolo; potremo noi dire lo stesso da un punto di vista puramente industriale? In altre parole quale potenza e quale estensione si possono supporre per questi strati capaci di accogliere il petrolio in buone condizioni di conservazione?
Un giudizio a questo proposito, per ora di necessità basato soltanto sullo studio del terreno non può naturalmente essere molto preciso; dopo quanto è stato esposto, parmi, tuttavia, possa essere messo con un sufficiente grado di probabilità.
È certo, in fatto, che in Val Cavolo la potenza dell’eocene non è molto importante e quindi nemmeno quella del presunto giacimento, anche ammettendo che possa alquanto approfondirsi verso Nord sotto la piana d’Agri. La zona petrolifera non è certamente molto estesa, ne vi sono le ragioni per credere che estendendo gli studi ai territori finitimi possa venire notevolmente ingrandita. Se a tutto ciò si aggiunge la poca importanza degli indizii, la qualità probabilmente poco soddisfacente del petrolio, senza contare altre difficoltà d’indole puramente commerciale, delle quali non è qui il caso di fermarsi, risulta subito che sarebbe assolutamente fuori luogo il concepire grandi speranze su questo giacimento, come fonte di prosperità per la regione.
D’altra parte, però, nulla permette di escludere che detto giacimento, anche limitato, possa dar luogo ad una coltivazione che pure mantenendosi entro limiti modesti potrebbe dare dei risultati relativamente soddisfacenti pei proprietarii e per gl’imprenditori.
Non occorre però dimenticare che una risposta definitiva a tutti i quesiti che abbiamo toccato non potrà essere data che da un sistema razionale di ricerche le quali in questo caso sarebbero tuttuno con un cominciamento di coltivazione. […]
È noto infatti, che quanto più una perforazione si approfondisce, essa diviene tanto più difficile e lenta e quindi tanto più costosa. Così ad esempio, mentre si può ammettere che nei terreni eocenici della Val Cavolo un pozzo profondo 100 metri importi approssimativamente una spesa di 6.000 lire e 7.500 comprendendovi la tubazione, per una profondità doppia il solo lavoro di escavo già richiederebbe circa 18.000 lire e queste cifre salirebbero ancora più rapidamente per maggiori profondità.