Nel primo trimestre 2016 in Basilicata sono stati venduti 156.569 voucher per lavoro occasionale (78.598 in provincia di Matera e 77.971 in provincia di Potenza); a fine 2015 i voucher sono stati complessivamente 847.264 di cui 693.201 effettivamente riscossi (nel 2014 erano 530.942 quelli venduti e 490.592 quelli riscossi). E’ quanto riferisce la Uil Basilicata che ha rielaborato su scala regionale i dati del secondo Rapporto del Sevizio Politiche Attive Uil dedicato ai buoni lavoro. Anche se l’utilizzo dei voucher cresce significativamente nel III e IV trimestre (periodi caratterizzati da stagionalità in particolare nelle realtà territoriali a forte vocazione turistica) e, contemporaneamente, vi è il progressivo calo delle domande di disoccupazione (strumento di tutela per migliaia di lavoratori stagionali) – si legge nella nota – sembra arrestarsi quella crescita che aveva caratterizzato gli anni precedenti. Questo potrebbe essere dovuto anche a una maggiore cautela da parte di committenti “non virtuosi” nell’utilizzo dei voucher, a fronte del possibile rischio di controlli. Infatti, la denuncia da parte sindacale, e della UIL in particolare, di un rischio di abuso e uso distorto dello strumento, ha prodotto un’attenzione da parte del Governo e della politica a prendere atto dell’esistenza di una “questione voucher”.
Il compenso medio annuo del singolo lavoratore con voucher da noi è di circa 350 euro nette (equivalenti ad una quarantina di voucher). È chiaro che – evidenzia il Rapporto della Uil – è la media “del pollo” poiché c’è chi ne percepisce di più e chi di meno. Addirittura si potrebbe arrivare a percepirne anche 1 solo (non essendo datato), giusto per evitare il rischio controlli e non incorrere nella maxi-sanzione da lavoro nero.La domanda non è quindi se sia uno strumento che favorisca l’emersione (certamente valido in particolarissime e residuali attività), ma se esso, in moltissimi settori produttivi, alimenti o nasconda il sommerso, sia esso lavorativo che fiscale. Se queste considerazioni hanno fondamento, è del tutto evidente – a parere della Uil – che non sarà sufficiente intervenire esclusivamente sulla cosiddetta tracciabilità con una comunicazione esatta di inizio e fine attività lavorativa, ma diventa necessario rivedere, in senso restrittivo, settori d’impiego e tipologia di committente. Per quest’ultimo proponiamo, e lo riteniamo fondamentale, anche di prevedere un tetto annuo di compenso erogabile indipendentemente dal numero dei prestatori di lavoro.
Molti sostenitori della necessaria espansione del voucher sostengono che lo scopo principale di questa modalità di pagamento di una prestazione sia favorire l’emersione. Ma è realmente così o ha prodotto un peggioramento (normativo, salariale, contributivo) delle condizioni di lavoro? I dati Inps ci informano che il lavoro accessorio è sempre più utilizzato nel commercio, turismo e servizi (che vedono complessivamente un’incidenza del 43,6% di voucher venduti nel 2015).
Per La Uil c’è un’anomalia del sistema voucher: un forte gap tra voucher venduti e voucher riscossi (nel 2015 sono stati consegnati ai prestatori di lavoro/lavoratori un quantitativo pari al 76,5% rispetto a quanti ne sono stati acquistati dai committenti/datori di lavoro). Perché ogni anno si sta assistendo a questa anomalia? È il meccanismo con cui è stato congegnato questo istituto che lo permette, e pur in presenza di palesi criticità, il meccanismo – rileva la Uil – non è mai stato corretto fino ad oggi.
Mag 04